La svalutazione della moneta cinese di metà agosto è positiva perché mette fine al tormentone della rivalutazione dello yuan. Tuttavia, spiega Carlo Filippini, professore emerito di Economia politica all’università Bocconi ed esperto di Asia orientale, occorre tenere a mente che si tratta di intervento a comando sull’economia.
Siamo all’inizio di una guerra valutaria?
È difficile parlare di guerra valutaria. La Banca centrale cinese, ma sarebbe meglio chiamarla Banca cinese, aveva parlato di provvedimento una tantum, volto a riallineare il cambio al livello di mercato. Strano che la People’s Bank of China vi faccia riferimento, sebbene sia un organo istituzionale che obbedisce alle direttive del Partito comunista. L’ammontare della svalutazione è stato inoltre piccolo, considerato che lo yuan si era apprezzato. Non credo si possa parlare di una guerra di valute, almeno nei confronti del dollaro, dell’euro e dello yen. Certamente la mossa della banca cinese ha colto tuttidi sorpresa. C’è da dire che tutti questi avvenimenti, sia il crollo della borsa che la svalutazione, mostrano che il Paese sta diventando più complesso. Fino a quando tutto era semplice era facile controllare l’economia e questo spiega la crescita al 10%. Ora tutto è più complicato, sul piano finanziario, economico, della tutela dei consumatori e dei risparmiatori. In altri termini, la Cina sta diventando più simile a un’economia di mercato.
È stata la sorpresa a deprimere le borse di tutto il mondo?
Bisognerà attendere alcuni giorni per capirlo e per vedere se la Cina manterrà la promessa di un deprezzamento una tantum. Le borse spesso si basano più sull’istinto che sulla razionalità. A caldo si ritiene che le imprese che producono beni di lusso saranno le più colpite. Non credo. I cinesi ci tengono a far vedere quanto sono ricchi e non saranno gli aumenti di prezzo a frenare
le vendite. Quello che ha colpito è stata la politica anticorruzione, che ha inciso sui consumi di alcune categorie.
Allora Pechino ha ragione quando dice che sta facendo quanto richiesto circa la flessibilità dello yuan?
L’ intervento è stato fatto in un’economia pianificata. Non parliamo di cambi decisi in base alla domanda e all’offerta. Se la banca centrale fosse indipendente gli statuti indicherebbero gli obiettivi, come accade per la Bce. Ma non è questo il caso.
[Foto credit: businessinsider.com. Scritto per MF-Milano Finanza]