Baotou, Mongolia Interna: una città nel mezzo delle prime grandi steppe mongoliche che si incontrano arrivando da Pechino, una finestra sulla grande provincia incontaminata e poco abitata ai confini di Mongolia e Russia. Ma Baotou, come altri grandi capoluoghi di provincia, è cresciuta in fretta, con la sua foresta di grattacieli in costante costruzione. Il segreto dietro a tanta prosperità proviene da una delle fonti di ricchezza più abbondanti della Cina, un fattore che sta determinandone il futuro nella corsa alla leadership tecnologica mondiale: le terre rare. Si tratta di 17 elementi chimici presenti nella produzione dei dispositivi tecnologici avanzati e fondamentali per il loro magnetismo resistente alle alte temperature. L’impiego delle terre rare è molto ampio, dagli smartphone fino ai dispositivi per i settori energetico e sanitario.
Senza le terre rare non potremmo produrre i magneti che permettono alle auto elettriche e alle pale eoliche di funzionare, non ci sarebbero schermi a colori e nemmeno le attuali carte di credito. In pratica, l’intera industria elettronica si basa sulla disponibilità delle terre rare. Con le terre rare si producono anche le “armi a energia diretta”, un tipo di armamenti capaci di lanciare contro l’obbiettivo onde elettromagnetiche, radiazioni o raggi laser. Il tutto fa delle terre rare un’industria molto redditizia, ma che richiede investimenti significativi. Estrarre e raffinare le terre rare è infatti un processo costoso con impatti importanti sull’ambiente.
Solo 8-8.5 tonnellate di terre rare vengono estratte ogni 100 tonnellate di terra e fango. Per isolarle nella loro purezza è necessario trattarle con acidi tossici che vengono rilasciati nel terreno, mentre il nucleo stesso di terra da cui vengono estratte è quasi sempre legato ad altri materiali radioattivi: queste sostanze tossiche arrivano alle falde acquifere, che possono raggiungere coltivazioni e abitazioni anche molto distanti dalla fonte inquinante. Impattante è anche il lavoro che occorre per processare il prodotto finito – il rifiuto elettronico, che richiede l’impiego di acidi per separare i componenti.
Un lavoro che in Cina ancora può avvenire in laboratori improvvisati e intaccare la salute dei lavoratori, oltre che dell’ambiente in cui vengono riversati i liquidi utilizzati. Le conseguenze dell’inquinamento dei terreni hanno iniziato a creare ampie fasce di insoddisfazione nella società. Questo avviene in quelle comunità che vivono vicino alle zone minerarie, che subiscono l’impatto ambientale delle scorie radioattive o vengono costrette a lasciare abitazioni e campi per trasferirsi altrove. Ma anche i lavoratori del settore sono esposti a grandi rischi, tanto per la propria salute a causa dell’esposizione alle scorie radioattive, quanto per il posto di lavoro che termina spesso con l’esaurimento delle riserve in loco.
Secondo le stime della US Geological Survey, quasi la metà delle riserve mondiali si trova in Cina, seguita da Stati Uniti, Russia e Brasile. Sommando alla produzione nazionale gli investimenti esteri delle compagnie cinesi, risulta che oggi la Cina detiene oltre il 95% del mercato delle terre rare globale. In realtà l’industria intensiva delle terre rare è abbastanza recente e ha iniziato a crescere a ritmi significativi solo a partire dai primi anni 2000. Con gli anni, le terre rare sono state ufficialmente elencate nelle policy governative come settore strategico per il paese e così facendo il settore è stato ufficialmente chiuso agli investimenti esteri, permettendo solo delle partnership o joint venture con le imprese cinesi.
Le terre rare e la politica economica della Cina
E qui entra in scena Baotou. Sebbene parte delle miniere e degli impianti di lavorazione delle terre rare sia localizzata nel sud della Cina nelle provincie del Jianxi e Fujian, è la Mongolia Interna ad avere il primato assoluto. Il distretto di Bayan Obo, a 120 km dalla città, non solo ospita oltre la metà della produzione nazionale, ma possiede anche la concentrazione più elevata di terre rare stimata oggi sull’intero pianeta.
Nel capoluogo sono fioriti numerosi progetti di innovazione, ricerca e sviluppo dell’industria delle terre rare nella Baotou Rare Earth High-tech Zone. A luglio, per esempio, è stato inaugurato un nuovo round di finanziamenti presso l’ente creato ad hoc per le imprese del settore. L’associazione, a condotta governativa, promette una serie di servizi integrati per il supporto alla tutela della proprietà intellettuale e fornisce alle aziende gli strumenti per sviluppare, controllare e regolamentare i propri processi produttivi conformemente agli standard del mercato globale. L’introduzione di questi nuovi organi a supporto delle aziende sono una delle conseguenze prodotte dagli ultimi incentivi governativi e dall’apertura di nuove zone economiche speciali: questi sono solo alcuni dei fenomeni che caratterizzano una nuova tendenza nel settore economico-giuridico sull’agenda di Pechino.
In quanto settore strategico, le imprese cinesi coinvolte nella lavorazione delle terre rare sono tutte (China Rare Earth Co., Minmetals Rare Earth Group Co., China North Rare Earth High-tech Co. e molte altre) aziende a partecipazione statale o miste e, di conseguenza, hanno sempre goduto del sostegno del governo centrale. Questo trend ha garantito alle imprese un alto vantaggio competitivo, complici del fatto che ancora oggi esistono ampie zone grigie nelle normative ambientali, del lavoro e dei diritti di proprietà.
Oggi, il governo centrale inizia a riconoscere la necessità di rivedere il sistema dei diritti di proprietà che ha contribuito allo sgravo di responsabilità per i danni ambientali delle miniere. Il rapporto annuale del Ministero delle Risorse Naturali in collaborazione con il Ministero dell’Industria e dell’Information Technology (MIIT) è nato proprio per rispondere all’esigenza di misurare e comprendere la performance aziendale nel settore delle terre rare. I due ministeri sono stati in grado col tempo di dare una serie di indicatori che possano facilitare l’analisi e la gestione dell’industria delle terre rare, ma mancano ancora le basi legislative e strutturali per rendere effettive le politiche economiche e ambientali promosse da Pechino.
Il futuro delle miniere cinesi
Comune al settore dell’estrazione mineraria anche quello delle terre rare si trova ad affrontare problemi legati al post-produzione. Una volta esaurite le riserve, le aziende tendono ad abbandonare le cave e a cercare nuove zone. Quello che rimane è un’area contaminata, inadatta all’insediamento umano e a nuove attività produttive. Negli ultimi anni, il processo di rivitalizzazione delle aree depresse e marginali nella campagna cinese sta iniziando a interessare anche queste aree con progetti di bonificazione delle aree minerarie.
Il villaggio di Xinhua, vicino a Ganzhou nella provincia dello Jiangxi, ad esempio fa parte di questo progetto che prometteva già nel 2014 di ripristinare l’ambiente naturale e offrire nuove opportunità alla popolazione locale. Anche accanto a Xinhua era stata aperta una miniera di terre rare e, quando l’impresa mineraria ha lasciato la zona, era diventata una terra arida, con montagne desertiche e cave. Questo genere di progetti ha iniziato a prendere piede con la nuova ondata di iniziative per la promozione della “civiltà ecologica” dell’ultimo decennio e mirano alla valorizzazione delle aree rurali sia per il recupero dell’ambiente naturale che per la conservazione del patrimonio storico, artistico e culturale.
I progetti di bonifica degli ambienti inquinati in Cina si aggiungono agli altri fattori che stanno spingendo il governo a rivedere il sistema dei diritti di proprietà e la responsabilità degli attori economici e politici coinvolti livello locale. Come sta accadendo per le politiche economiche di responsabilità aziendale e politica nell’industria delle terre rare, anche il recupero delle aree inquinate necessiterà di un lungo processo di riforme strutturali: saranno necessari anni prima di poter vedere come queste iniziative si concretizzeranno in nuovi processi economici e nuovi sistemi di governance rurale.
Città, campagne e il mondo: dove porta il primato cinese sulle terre rare?
“Il monopolio delle terre rare è la chiave per il controllo dei processi produttivi e economici mondiali”: questo uno dei leitmotiv che accompagna la teoria della supremazia cinese negli affari internazionali. In effetti, la schiacciante presenza cinese sul mercato delle terre rare diventa motivo di interesse e preoccupazione se viene preso in considerazione il ruolo essenziale che questi elementi hanno nell’industria moderna. La Cina non ha mancato di far sentire la propria leva commerciale nel corso degli anni, riducendo l’esportazione verso quei paesi che avevano delle questioni politiche aperte con Pechino. Il dibattito rimane, in realtà, aperto: se le terre rare sono presenti per 3 kg in una Toyota Prius, per un valore di soli 100 dollari sul prodotto finito, diventa possibile elencare altri fattori di maggior interesse strategico, tra cui la dipendenza dalle catene del valore internazionali e le delocalizzazioni.
Inoltre, nell’ultimo decennio anche altri paesi hanno iniziato a incentivare l’industria delle terre rare, con un aumento dal 3% al 29% delle esportazioni. La Cina continua a rimanere il primo paese per la vendita di terre rare soprattutto perché le processa in loco a prezzo competitivo, ma nel futuro questo trend potrebbe iniziare a decrescere se Pechino troverà altre vie di crescita economica, come promette negli ultimi ambiziosi piani quinquennali.
In ogni caso, all’estero i governi continuano a cercare soluzioni alternative: è di pochi giorni fa la proposta di un rare act, un disegno di legge Statunitense che fa emergere quelle che sono le preoccupazioni dall’altro lato del Pacifico. Questa nuova legge sulle terre rare dovrebbe infatti incentivare l’industria mineraria locale per “Ridurre la nostra dipendenza dalla Cina […], rafforzare la nostra sicurezza nazionale, promuovere l’innovazione made in US, far crescere l’economia e assicurarci la completa indipendenza al fine di rafforzare la nostra leadership nel campo delle tecnologie che stanno definendo il 21esimo secolo”. Parole forti, che rispecchiano la narrazione dell’ascesa cinese anche sotto il profilo del monopolio di mercato: quanto vale la carta delle terre rare nel contrasto tra USA e Cina, lo si vedrà nei prossimi mesi.
Formazione in Lingua e letteratura cinese e specializzazione in scienze internazionali, scrive di temi ambientali per China Files con la rubrica “Sustainalytics”. Collabora con diverse testate ed emittenti radio, occupandosi soprattutto di energia e sostenibilità ambientale.