Rispettare i termini dell’accordo di Parigi sul clima e lavorare per raggiungere i target definiti dai 17 Obiettivi di sviluppo sostenibile (SDGs) – cuore dell’Agenda 2030 delle Nazioni Unite ed ad oggi la principale cornice di riferimento per governi e imprese sulla sostenibilità – richiede una mobilitazione di fondi pubblici e privati enorme, da destinarsi in primis ad azioni urgenti quali la mitigazione e l’adattamento ai cambianti climatici, la sicurezza alimentare e decarbonizzazione, solo per dirne alcune.
La finanza globale, convogliata ad Addis Abeba all’indomani del lancio dell’Agenda 2030, per decidere quale ruolo giocare nel suo finanziamento, ha cercato si svolgere il proprio ruolo in vari modi. Indirizzando capitali verso investimenti sostenibili; creando nuovi prodotti finanziari ed assicurativi; integrando criteri ESG (Ambientali, Sociali e di governance) nelle scelte di investimento e nei criteri di risk management, in breve facendosi finanza più sostenibile o verde, come molti la definiscono.
La strada da fare rimane ancora tanta e l’ultimo punto sollevato dall’Agenda uscita dal forum di Addis Abeba, resta in sospeso e riguarda principalmente l’innovazione. Ci si chiede infatti come far leva sulle nuove tecnologie in ambito finanziario per la sostenibilità, un tema di cui nel 2015 si intravedevano solo le potenzialità che oggi sono molto più chiare. L’innovazione travolgente che da qualche anno a questa parte sta interessando i servizi finanziari globali digitalizzandoli, crea nuovi servizi e prodotti e innova i modelli di business. Queste evoluzioni possono essere strumentali al raggiungimento di obiettivi di sostenibilità sul medio e lungo termine, questo è sempre più chiaro.
Dalla Cina arriva un’idea, quantomeno nella sfera ambientale, che è poi l’unico aspetto della sostenibilità che gode di una certa libertà e sdoganamento nel paese. Quanto a sperimentazione e avanzamento nel campo del FinTech, la Cina si sà non ha eguali. E proprio a uno dei protagonisti della scena finanziaria digitale d’oltre muraglia, Alipay – il braccio finanziario di Alibaba – si deve un innovativo connubio tra nuove tecnologie quali digitalizzazione dei servizi finanziari, big data analysis e social media/gaming. Il risultato é qualcosa come 122 milioni di alberi piantati ad agosto 2019, in una regione a rischio desertificazione – il deserto di Alashan in Inner Mongolia – e in alcune zone di regioni a rischio quali Gansu, Qinghai e Shanxi.
Stiamo parlando di Ant Forest, la funzione/gioco di Alipay, nata nel 2016 e presto diventata popolarissima tra i netizen cinesi. La sua crescita è stata infatti rapida ed esponenziale. Solo nei primi sei mesi sono stati 200 milioni gli utenti registrati, specialmente tra un pubblico più giovane, e più attento ai problemi ambientali. Oggi Ant Forest coinvolge 450 milioni di utenti nel proprio proposito verde: piantare più alberi possibili.
In un sistema a tre fasi, gli utenti ricevono informazioni relative alla propria impronta di CO2. Gli utenti hanno quindi la possibilità di accumulare “buone azioni verdi” in base ai comportamenti virtuosi tracciati dai loro pagamenti. Usare mezzi pubblici, pagare le utenze online e senza stampare carta o recarsi di persona, permette di piantare i semi di alberi virtuali che, accumulando azioni green, diventano reali e vengono piantati da Ant forest con la collaborazione di partner locali. Il gioco diventa social nel momento in cui si condividono le proprie azioni con la propria rete, e si possono ricevere crediti verdi in regalo dai nostri contatti.
Se pensiamo che secondo il recente rapporto dell’Ipcc (Intergovernmental panel on climate change) per ridurre di 1,5°C il riscaldamento globale entro il 2050, servirebbero un miliardo di ettari in più di foreste, quello cinese é un passo importante, che, stando ai dati rilasciati e verificati dal programma ambientale delle Nazioni Unite (UNEP), a gennaio 2017, ha evitato l’ immissione in atmosfera di 150.000 tonnellate di CO2.
L’esempio di Ant Forest sta facendo scuola oltre la Cina e ha gettando i semi di una collaborazione tra FinTech e sostenibilità dai risvolti ancora tutti da scoprire e che si è concretizzata nella Green Digital Finance Alliance, un’iniziativa nata in seno al Summit di Davos del 2017, su iniziativa dell’UNEP e di Abt Digital. Nelle intenzioni l’iniziativa intende promuovere la digitalizzazione dei servizi finanziari per finalità di sostenibilità ambientale, coinvolgendo un gran numero di stakeholder da vari ambiti.
Sperimentazioni sono in atto in altri paesi asiatici come ad esempio le Filippine. Certo la Cina possiede condizioni come al solito uniche. La formula proposta da AntForest rappresenta infatti la sintesi di attivismo corporate che avviene sotto gli occhi attenti del governo (dietro ad Alibaba e ai ministeri coinvolti) su temi considerati leciti e su viene incoraggiato una certa partecipazione dal basso.
Il FinTech addomesticato per la costruzione di una civiltà ecologica sempre più digitale.
Esperta di sostenibilità sociale e ambientale. Si è formata nel mondo della ricerca accademica (prima alla Fondazione Eni e in seguito all’Università Bocconi) ed é arrivata in Cina nel 2007. Negli anni cinesi ha lavorato come consulente e collaborato con diverse testate italiane online quali AgiChina e China Files per le quali ha tenuto il blog La linea rossa e la rubrica Sustanalytics oltre a curare il volume “Cina e sviluppo sostenibile, le sfide sociali e ambientali del XXI secolo, L’Asino d’oro (2015). Dopo una parentesi nel settore privato come Communications & Corporate Affairs Manager in Svizzera, é rientrata in Italia e ora vive a Milano.