Cosa significano le ambizioni indiane per la sua compagnia di bandiera per l’ambiente? Poi il report sulle conseguenze dei test nucleari nord coreani e quello sul boom solare cinese. La nuova puntata con la rubrica dedicata ad ambiente, energia ed emergenza climatica in Asia
L’India prende il volo. È del 15 febbraio l’annuncio dell’acquisto record di 470 nuovi aerei da parte di Air India, una trattativa da 100 miliardi di dollari. Per la precisione, si tratta di 220 Boeing (che potrebbero salire a 290 e comprendono, per ora, i modelli 737 MAX, 787 e 777X) e 250 Airbus (quaranta A350 e duecentodieci A320neo). La notizia è partita dalla Casa Bianca, che in una nota ha accolto con entusiasmo l’accordo che “sosterrà oltre un milione di posti di lavoro, molti dei quali non necessitano qualifiche superiori”. Le ambizioni di Nuova Delhi sono sintomatiche di un settore che sembra tutt’altro in recessione, e che sta contribuendo in larga parte alla crisi climatica.
Prendendo la cifra stimata dalle principali agenzie internazionali, le emissioni prodotte dagli aerei costituiscono il 2% della CO2 globale. Posto in questi termini, il dato appare infinitesimale. Ma l’aumento dell’accessibilità economica ai viaggi in aereo e gli investimenti di paesi (un tempo) in via di sviluppo sulle proprie rotte nazionali e internazionali sta portando alla crescita esponenziale del settore. Una corsa pari al +146% tra il 1990 e il 2019, stando ai dati diffusi dalla Commissione Europea. In un settore che, contrariamente a quello che si sta cercando di fare in altri ambiti dell’economia, la conversione a fonti energetiche più sostenibili è ancora acerba. I costi di questa transizione sono ancora tanto alti da rimandare l’orizzonte “emissioni zero” a una data imprecisa nel futuro. Ci sono stati dei miglioramenti in termini di efficienza nel consumo del carburante, ma il tasso di avanzamento in questo senso sta già diminuendo (+1,9% tra 2000 e 2010 contro i 2,4% tra 2010 e 2019).
Per quanto riguarda l’India, i driver di questi investimenti sono sostanzialmente due: una crescente classe media e l’ambizione ad attirare nuovi capitali sul territorio. Secondo le stime di People Research on India’s Consumer Economy (Price) la classe media indiana potrebbe costituire il 63% della popolazione totale entro il 2047, e ciò porterebbe a un aumento dei consumi interni e all’utilizzo dell’aereo che, nel frattempo, ha costi sempre più competitivi. I voli low-cost, per esempio, sono aumentati del 65% dal 2015, e ora occupano il 70% del mercato domestico. Di questo passo il mercato dell’aviazione indiana, sottolinea un report di McKinsey, è destinato a diventare il terzo più grande al mondo entro il 2025.
Dall’altro lato dello spettro ci sono le ambizioni commerciali, affiancate dall’aumento degli scambi tra i talenti dei paesi partner (si pensi alla popolarità dell’export nel settore farmaceutico). Infine, il boom dell’e-commerce ha già influito sulla rapida crescita dei voli cargo all’interno del paese. Tutto questo a discapito delle promesse per il raggiungimento della neutralità carbonica entro il 2070, soli dieci anni il già ambizioso target cinese.
A questo scenario si aggiunge, pochi giorni dopo l’annuncio dell’acquisto di Air India, l’indiscrezione per cui l’Ue sarebbe pronta a includere il trasporto aereo tra gli investimenti sostenibili previsti dalla tassonomia europea per la finanza sostenibile. Notizia che non è stata accolta positivamente dagli attivisti per il clima, già critici verso la decisione di includere nucleare e gas nello stesso schema. La tassonomia europea è oggi considerata una delle iniziative più significative per orientare gli investimenti sostenibili di aziende e governi, e sta ispirando l’instaurazione di linee-guida analoghe in altri paesi del mondo.
La stessa India sta lavorando, negli ultimi mesi, a un proprio sistema di classificazione dei progetti sulla base del loro impatto ambientale. Ne consegue che le scelte di Bruxelles hanno il potere di dettare i limiti, ma anche le scappatoie, di un investimento etichettato come “sostenibile”. In un documento di consultazione pubblicato lo scorso 20 febbraio la Securities and Exchange Board of India propone, tra le varie misure, la pubblicazione degli investimenti e pratiche Esg da parte delle principali compagnie indiane. Queste misure coinvolgerebbero inevitabilmente un gigante come Air India, facilitando il processo di analisi dell’impatto ambientale (e sociale) delle sue attività.
Come già accennato, però, la strada verso un’effettiva sostenibilità del settore aviazione è ancora una prerogativa della ricerca e della speculazione finanziaria, mentre nei cieli indiani continuano a decollare sempre più jet privati – una delle pratiche più impattanti dal punto di vista dell’impronta carbonica personale. Alla barriera tecnologica si aggiunge una complessa serie di fattori, gli stessi che influiscono sulla bontà delle azioni climatiche dei governi: trasparenza, rapporto tra stato e privati, interessi economici. Per Nuova Delhi avanzare nello sviluppo sostenibile rimane una sfida: dopo anni di lenti, ma costanti miglioramenti nei 17 Obiettivi di sviluppo sostenibile Onu, anche qui è stato raggiunto un plateau. Oggi l’India si posiziona al 121° posto della classifica che ne stima lo sviluppo sostenibile secondo i parametri delle Nazioni Unite, registrando un calo della performance dall’inizio della pandemia.
L’impatto ambientale dei test nucleari della Corea del Nord
Il gruppo per la difesa dei diritti umani sudcoreano Transitional Justice Working Group (Tjwg) ha prodotto un report sull’impatto ambientale dei test nucleari di Pyongyang nel sito di Punggye-ri, nello Hamgyŏng Settentrionale. Il poligono ha ospitato almeno sei test tra il 2006 e il 2017, attirando l’attenzione internazionale sulle attività condotte nell’area. Poco si sapeva, per ora, degli effetti di queste attività sulla popolazione locale. Le stime di Tjwg parlano di almeno un milione di persone localizzate nelle aree circostanti ed esposte all’inquinamento delle falde acquifere dovuto ai test. Il documento estende gli effetti delle radiazioni oltre gli immediati confini fisici della Corea del Nord, affermando che l’impatto sull’ambiente arriva fino ai consumatori finali delle esportazioni agricole nordcoreane – nonostante le sanzioni. Tra questi: Corea del Sud, Cina e Giappone.
I test nucleari influiscono pesantemente sull’ambiente circostante perché vengono effettuati, nella maggior parte dei casi, sottoterra. Le radiazioni contenute nell’ordigno penetrano rapidamente nel suolo, contaminando il terreno e le acque sotterranee che proseguono ben oltre il sito dell’esplosione. Quello dei test di armi nucleari in Asia non è qualcosa di nuovo. A trent’anni dal crollo dell’Unione Sovietica, per esempio, gli abitanti delle repubbliche centroasiatiche continuano a fare i conti con le conseguenze di centinaia di test svolti dal secondo Dopoguerra: l’emergere di malattie e deformazioni gravi tra gli eredi delle persone che vivevano vicino a questi siti prosegue, stimano gli esperti, per almeno due generazioni.
Il 2022 è stato l’anno del boom solare in Cina
Lo raccontano gli ultimi dati della National Energy Administration (Nea) della Repubblica popolare cinese. Secondo quanto rilevato dall’ente cinese, la nuova capacità energetica prodotta dalla Cina nell’ultimo anno è costituita al 76,2% da fonti rinnovabili. In termini di produzione effettiva, gli impianti cinesi hanno prodotto 2,7 trilioni di kWh, pari al 31,6% del consumo domestico totale. In termini di abbattimento delle emissioni climalteranti, afferma la Nea, la produzione del 2022 ha evitato l’immissione di 2,26 miliardi di tonnellate di CO2 nell’atmosfera. Infine, i pannelli fotovoltaici, le turbine eoliche, i riduttori e altri componenti chiave sono arrivati a occupare oltre il 70% del mercato delle tecnologie energetiche della Repubblica popolare.
Anche le stime per il 2023 sembrano andare in questa direzione. Le previsioni della China Photovoltaic Industry Association parlano di 95-120 gigawatt di nuova energia solare prevista entro la fine dell’anno. Se tengono in considerazione i dati del 2022 (un aumento di capacità pari a 84 gigawatt) e le valutazioni a livello globale della Iea per il 2023 (+280-330 gigawatt in tutto il mondo), la proporzione risulta ancora più impressionante. Il report parla, inoltre, di un aumento dell’80% delle esportazioni di componenti per la produzione di energie rinnovabili e di una crescita nella produzione di polisilicio del 63,4%, pari a 827 mila tonnellate.
A cura di Sabrina Moles
Formazione in Lingua e letteratura cinese e specializzazione in scienze internazionali, scrive di temi ambientali per China Files con la rubrica “Sustainalytics”. Collabora con diverse testate ed emittenti radio, occupandosi soprattutto di energia e sostenibilità ambientale.