Si è svolto in formato virtuale il vertice annuale dei leader della Shanghai Cooperation Organization. Una scelta del paese ospitante, l’India, per evitare imbarazzi nel ricevere Vladimir Putin al primo intervento internazionale dopo la rivolta del Gruppo Wagner. Sotto traccia le frizioni tra Nuova Delhi e Pechino. L’Iran entra nel gruppo. Prosegue intanto la chip war con le restrizioni cinesi su gallio e germanio
Né troppo vicini, né troppo lontani. L’India tiene a giusta distanza i partner della Shanghai Cooperation Organization. Dopo il grande evento del 2022 a Samarcanda, col primo viaggio all’estero di Xi Jinping dall’inizio del Covid, stavolta il summit Sco si è svolto in formato virtuale. Un modo per Nuova Delhi di evitare di dover accogliere rivali strategici e figure scomode in grado di creare imbarazzo nel rapporto con Stati uniti e occidente. Una scelta di cautela per Narendra Modi, reduce da una reclamizzata visita alla Casa bianca e sempre più in difficoltà nel tenersi in equilibrio tra Sco, Brics e Quad, che Russia e Cina considerano una sorta di Nato asiatica.
Il vertice online ha dato comunque la possibilità a Vladimir Putin di parlare per la prima volta a un grande evento internazionale dopo la rivolta del Gruppo Wagner. “Il popolo russo è più unito che mai”, ha garantito, ringraziando i partner Sco per il “sostegno alle azioni della leadership russa per proteggere l’ordine costituzionale e la vita e la sicurezza dei cittadini”. Putin ha esaltato il ruolo potenziale del gruppo, sia sul fronte economico sia su quello politico. “Oltre l’80% degli scambi commerciali tra Cina e Russia avviene in rubli e yuan”, ha detto, esortando gli altri membri a seguire l’esempio e abbandonare il dollaro. Per poi chiedere che la Sco diventi una struttura versatile “per contrastare non solo il terrorismo ma tutte le minacce regionali”. Col pensiero alle “rivoluzioni colorate”. Il presidente russo si è poi scagliato contro “sanzioni, pressioni e provocazioni esterne” che, garantisce, non bastano a schiacciare Mosca che anzi “continua a svilupparsi come mai prima”.
Se Putin ha provato a trasmettere stabilità, Xi Jinping gli ha fatto eco sulle “sanzioni unilaterali”, opponendosi ai venti di “disaccoppiamento”. Il tema è prepotentemente all’ordine del giorno soprattutto sul fronte dei chip. Nei giorni scorsi, il colosso olandese Asml ha imposto nuove restrizioni alle spedizioni verso la Cina di macchinari per la litografia ultravioletta, passaggio fondamentale nella produzione di semiconduttori. La decisione arriva dopo l’asfissiante pressing degli Stati uniti, che vorrebbero un’ulteriore stretta. Pechino ha risposto introducendo limitazioni all’esportazione di gallio e germanio, due metalli critici per la fabbricazione di chip ad alte performance ma anche per tecnologia 5G, costruzione di veicoli elettrici e pannelli solari. A partire dal 1° agosto, gli esportatori dei due metalli dovranno richiedere licenze specifiche al ministero del Commercio e dovranno comunicare i dettagli degli acquirenti esteri e delle loro richieste. Un “regalo” di benvenuto per Janet Yellen, la segretaria al Tesoro americana che arriverà a Pechino domani per provare a rilanciare i rapporti commerciali. Il governo cinese sostiene che la mossa tuteli la “sicurezza nazionale” e non sia rivolta contro nessun paese specifico, a differenza delle manovre di Washington.
Al summit, Xi ha cercato di proiettare come sempre un’immagine da grande stabilizzatore politico ed economico, promuovendo la sua Via della Seta come una “strada di felicità” e invitando i leader del gruppo al terzo forum sulla Belt and Road in autunno. “Sicurezza” è stata la parola più citata da Xi, che dopo la rivolta di Prigozhin si propone sempre più come garante per i governi dell’Asia centrale. Più i rapporti con gli Usa peggiorano e più il ruolo di Sco e Brics aumenta per la Cina, che ha fatto intendere di non aver accolto con piacere la scelta indiana di evitare un summit fisico. “Se l’India è fredda nei confronti della Sco o agisce come un ostacolo su alcune questioni, la Cina e gli altri membri possono semplicemente escludere l’India dalla cooperazione”, ha scritto il nazionalista Global Times a proposito. Qualche scintilla anche tra Nuova Delhi e Pakistan, quando Modi ha dichiarato che “alcuni paesi usano il terrorismo transfrontaliero come strumento delle loro politiche e danno rifugio ai terroristi”. Il risultato più concreto del summit è l’adesione dell’Iran. In tal modo, la Sco arriva a raggruppare circa il 40% della popolazione mondiale, più del 20% del Pil globale e circa il 20% delle riserve petrolifere.
Di Lorenzo Lamperti
[Pubblicato su il Manifesto]
Classe 1984, giornalista. Direttore editoriale di China Files, cura la produzione dei mini e-book mensili tematici e la rassegna periodica “Go East” sulle relazioni Italia-Cina-Asia orientale. Responsabile del coordinamento editoriale di Associazione Italia-ASEAN. Scrive di Cina e Asia per diverse testate, tra cui La Stampa, Il Manifesto, Affaritaliani, Eastwest. Collabora anche con ISPI. Cura la rassegna “Pillole asiatiche” sulla geopolitica asiatica.