Microblogs are called “Weibo (微博)” in Chinese; “wei” means “micro” and “bo” means “blog”.
E’ l’incipit del Libro Bianco- Report sui microblog cinesi, pubblicato da Incitez. Il mondo del microblogging cinese è in forte crescita, come testimoniano i consueti numeri strabilianti, ed è ormai una delle piattaforme on line più usate dai netizens locali. In attesa di avere le risposte alle domande inviate a Rocky Fu, direttore del dipartimento Digital Strategy della Incitez, ecco alcuni punti salienti del Libro Bianco (qui potete trovare il pdf da scaricare, altrimenti potete arrivarci via Facebook).
Innanzitutto, quello del microblogging in Cina è stato uno sviluppo rapido, seguito con attenzione dalle aziende, fin da subito concentrate sulla possibilità di fare uscire guadagni veri, dai milioni di messaggi scambiati ogni giorno sui social network cinesi, come già scritto su questo blog.
In secondo luogo, è opportuna una precisazione: spesso i microblog cinesi sono etichettati come la versione cinese di Twitter: non è esattamente così. O meglio: i microblog cinesi sopperiscono al fatto che Twitter sia bannato in Cina, ma sussistono alcune differenze che hanno reso il microblog uno strumento particolarmente adatto alle comunicazioni on line tra cinesi. Sina.com, ad esempio, quando ha lanciato il suo servizio ha puntato molto su testimonial noti, cui ha dato spazio (personaggi noti del mondo economico, dello spettacolo, dello sport).
Inoltre, ci sono accorgimenti tecnici che differenziano i “tweet” cinesi (li chiamiamo così per semplicità) da quelli nostrani, dando così la possibilità a molti operatori di scorgere potenziale business: ci sono i commenti ai tweet nonché una sorta di history dei dialoghi all’interno del microblog, per custodire traccia dei retweet o di risposte a tweet precedenti. Alcune caratteristiche tecniche e la specificità del linguaggio cinese, un carattere al posto di diverse parole, avrebbero così garantito il successo a questo fenomeno, contribuendo alla diffusione di notizie altrimenti ignorate dai media (a questo indirizzo, invece, trovate una spiegazione in inglese più tecnica, con esempi e immagini, di Cedric Sam su China media Project).
Quello di internet in Cina, è un mondo – e un punto di osservazione – che racchiude tutta la complessità del continente cinese, raccogliendo da un lato i tentativi del governo di controllare tutto quanto viene espresso in rete, dall’altro la straordinaria vitalità degli users cinesi, impegnati in una strenua lotta per garantirsi spazi di libertà, mettendo i bastoni tra le ruote, laddove possibile e spesso con ironia o sottili riferimenti, ai solerti controllori governativi.
Il consueto confronto del web cinese: il tentativo di controllare la rete, contrapposto all’esigenza di uno spazio, concepito come pubblico e altrimenti non esistente nella realtà, in cui potersi esprimere liberamente con risultati importanti (che spesso, al contrarie delle censure, non bucano i processi informativi occidentali).
Secondo il report della Incitez, i microblog nel 2010 sarebbero 65milioni, con la possibilità di diventare oltre 100 milioni durante il 2011. La maggioranza dei microblogger cinesi, il 46% esprime il proprio punto di vista sulle cose, solo un 21% sarebbe formato da novelli lurker, ovvero user che utilizzano il proprio account soprattutto per leggere quello che altri scrivono.
Tencent e Sina.com si dividono il grosso del mercato, anche perché i due microblogger più seguiti sono Liu Xiang, l’atleta già medaglia d’oro alle Olimpiadi di Atene nel 2004 e ai mondiali di Osaka del 2007 nei 110 metri ad ostacoli, con oltre 9 milioni di followers, su Tencent e Yao Chen, attrice locale, con oltre 4 milioni di followers, su Sina.com
Sina.com, ad esempio, ha lanciato il suo servizio nell’agosto del 2009, raggiungendo i 50 milioni di utenti registrati in soli 14 mesi. Sarebbero circa 5mila e quasi 3mila le aziende e i media presenti sul microblog di Sina.com, di cui vengono segnalati alcuni record inerenti a messaggi postati da personaggi piuttosto famosi, ripostati o commentati milioni di volte.
[Anche su Wired]