Speciale Tian’anmen – Ricordo 2G

In by Simone

Tian’anmen da un’altra angolazione. Cosa ne sanno e cosa ne pensano i cinesi che vivono in Italia. Intervista a Marco Wong, presidente onorario di Associna, l’associazione che riunisce le seconde generazioni di cinesi. Quelli nati in Italia.
Dov’eri nell’89?

Appena tornato in Italia. Ma proprio nei mesi precedenti il 4 giugno ero a Pechino per un corso che è terminato prima del capodanno lunare. Avevo conosciuto persone che ne hanno fatto parte, ero coinvolto emotivamente.

Come ne hai avuto notizia?

L’ho saputo dalla stampa italiana e ho seguito l’evoluzione con molto interesse, dalla primavera di Pechino ai primi raduni in piazza Tian’anmen fino all’erezione della statua della libertà. Conservo ancora oggi in un bauletto tutti i ritagli dei giornali di quei giorni.

Quali sono state le tue reazioni?

È stato un trauma. Ero anch’io uno studente universitario all’epoca. È qualcosa che ti colpisce veramente in fondo: ti identifichi con quei ragazzi, alcuni li conoscevo di persona. L’epilogo è stato inaspettato. Quando è scattata la repressione tutto il movimento stava già cominciando a perdere la spinta propulsiva. Anche per questo è stato un atto crudele da parte di chi ha preso quelle decisioni. E forse anche inutile perché avrebbero potuto trovare soluzioni pacifiche alla situazione che si era venuta a creare.

La repressione è stata una decisione interna oppure può essere collegata a equilibri mondiali che potevano cambiare se la Cina avesse percorso una via democratica?

Secondo me è stata una reazione automatica alla sfida al potere che si era concretizzata in quel movimento. Un istinto di sopravvivenza del potere, quindi legata a fattori sicuramente interni.

I cinesi che oggi vivono in Italia ricordano quei fatti?

È passato tantissimo tempo. Inoltre in Cina il cambiamento è così rapido che parlare di 23 anni fa equivale a parlare di un’altra epoca storica.

Nei cinesi che risiedono all’estero può sopravvivere un ricordo più forte. Prima di tutto perché l’informazione in Cina su questi fatti si basa più che altro sul passaparola, e poi perché viene ricordato.

In Italia ti è mai capitato di raccogliere la testimonianza di persone direttamente coinvolte in quegli eventi?

Ne ho parlato con alcuni. Ricordo in particolare un ex studente che aveva avuto la possibilità di migrare in Australia perché classificato come rifugiato politico. Poi molti laureati che, viste le restrizioni interne del periodo successivo, hanno ritenuto più opportuno andare all’estero. Anche l’ambiente lavorativo si era fatto pesante.

C’è una visione di Tian’anmen diversa tra le seconde generazioni nate in Italia e chi li ha preceduti?

Chi stava in Cina sicuramente ha vissuto questi fatti con una partecipazione diversa. Il fermento non era solamente cinese, c’era la grande novità della perestrojka. C’era la speranza di un cambiamento che non si è mai avverato nelle forme sperate.

Tra i cinesi che vivono in Italia si commemora Tian’anmen? Se ne parla?

All’epoca abitavo a Milano. Lì la comunità cinese aveva organizzato delle manifestazioni. Poi è diventato qualcosa da vivere privatamente. Molti hanno pensato che forse le aspirazioni studentesche fossero sogni.

La crescita economica ha avuto come risultato l’approvazione complessiva dell’operato del governo. Poi, siccome il governo è suscettibile sull’argomento e poiché la comunità cinese coltiva stretti rapporti con la propria ambasciata, si è frenati nel fare qualcosa che possa essere giudicato negativamente.

Inoltre, Tian’anmen sembra molto lontana. Molto spesso, si dice che se le cose avessero preso una piega diversa la Cina non sarebbe quello che è adesso. Magari sarebbe come la Russia. Si pensa che sia stata una reazione spropositata, ma che se fosse andata diversamente sarebbe stato ancora peggio per la Cina.

[Foto credit: retenear.it]