Speciale Fukushima – Esigete!

In by Gabriele Battaglia

Il trattato di non proliferazione è che un inganno. Un trattato che ha costretto diversi paesi ad accettare i dettami di poche grandi potenze nucleari e a sviluppare il settore del nucleare civile. Stéphane Hessel (Indignatevi!) e Albert Jacquard ci spiegano come funziona. China Files vi regala un estratto dell’ultimo libro di Hessel, Esigete! in uscita il prossimo 26 marzo. Per gentile concessione di Ediesse. Il Trattato di non-proliferazione (Tnp): un inganno!

Avrete senza dubbio sentito dire e ripetere che il Trattato di non-proliferazione (Tnp) ha avuto un grande successo poiché tutti i paesi l’hanno firmato, eccettuati India, Pakistan e Israele (che d’altronde ora non possono più farlo, a meno di smantellare completamente i loro arsenali nucleari). Inoltre la Corea del Nord è uscita dal Tnp nel 2003.

Questo trattato precisa che (articolo VI) "ciascuna delle Parti del trattato si impegna a portare avanti, in buona fede, dei negoziati su delle misure efficaci relative alla cessazione della corsa agli armamenti nucleari a una data ravvicinata e al disarmo nucleare". I paesi non detentori delle armi nucleari hanno quindi interpretato questo trattato come un processo di eliminazione delle armi nucleari.

Ora, al di là dell’"entusiasmo" iniziale, il Tnp si è rapidamente rivelato inefficace: in effetti, il numero di Stati detentori dell’arma nucleare, dal momento della sua adozione, nel 1968 – i cinque membri permanenti del Consiglio di sicurezza dell’Onu con diritto di veto: Usa, Urss, Gran Bretagna, Francia e Cina – è pressoché raddoppiato, poiché diversi altri Stati (India, Pakistan, Israele e Corea del Nord) si sono dotati di essa.

Come menzionato più sopra, la Corea del Nord, che aveva firmato il Tnp, ne è uscita nel 2003, affermando che la sua "sicurezza" era minacciata. Questa possibilità è prevista nello statuto stesso del Tnp, cosicché questo ritiro potrebbe provocarne altri, a cominciare dall’Iran, per esempio. In effetti l’Iran ha adottato la strategia di porsi "giusto alla soglia" in modo da usufruire di uno statuto nucleare civile e, nello stesso tempo, pretendere di non essere in infrazione rispetto ai suoi impegni internazionali (Tnp).

D’altra parte, il Trattato di interdizione completa dei test nucleari, adottato dall’Onu nel 1996, prende atto del fatto che vi sono altri 44 paesi in grado di dotarsi di armi nucleari.

L’Iran, ponendosi "giusto alla soglia", potrebbe stimolare una nuova corsa nucleare da parte di altri Stati, in particolare nel Medio Oriente, che volessero adottare un atteggiamento simile.

Perché un bilancio così negativo del Tnp? In realtà non c’è da stupirsi: il Tnp è fondato su di una base che è, da un lato, ingiusta e, dall’altro, perversa.

L’ingiustizia: in virtù di quale diritto i cinque Stati iniziali, già ampiamente in possesso di armi nucleari, potevano chiedere agli altri paesi di rinunciare definitivamente a qualsiasi arma nucleare se essi stessi non erano disposti a rinunciarvi realmente? È vero che il Trattato di non proliferazione includeva un impegno da parte delle cinque potenze nucleari ad eliminare le proprie armi (come si è visto, attraverso l’articolo VI), ma questa promessa, a carattere non veramente costrittivo, non era altro che un inganno, come l’esperienza successiva ha provato.

La perversità: il Tnp prevede un aiuto ai paesi firmatari che lo richiedono per sviluppare sul loro territorio il "nucleare civile", condizione, questa, per l’appunto perversa, poiché il nucleare civile può costituire una via privilegiata verso il nucleare militare.

In effetti, l’aiuto allo sviluppo del nucleare civile ha, da un lato, rappresentato un’apertura di mercati a forte rendimento economico per i cinque paesi già nuclearizzati: si veda l’esempio degli Stati Uniti verso il Giappone, per di più con i risultati che si cominciano a vedere (Fukushima). D’altro lato, le infrastrutture fornite dal Canada sono servite all’India per dotarsi dell’arma nucleare; la Francia ha collaborato, tra gli altri, con Israele su diversi aspetti…

E attualmente, un paese che si procurasse delle installazioni per l’arricchimento dell’uranio (centrifughe), oppure per la separazione del plutonio (sul modello, ad esempio, del centro di La Hague), disporrebbe di mezzi importanti per sviluppare un programma militare.

Inoltre la malafede degli Stati dotati dell’arma nucleare è evidente soprattutto nelle attività per la modernizzazione delle loro armi. Mentre il Tnp prevede l’apertura di negoziati "in buona fede" in vista dell’eliminazione delle armi nucleari, la decisione di modernizzarle esprime invece chiaramente la volontà di non abbandonarle.

La Francia, che ha chiuso alcune installazioni obsolete (la base terrestre di lancio di missili nucleari al Plateau d’Albion, il centro per i test delle bombe a Mururoa, in Polinesia, ecc.) mentre modernizza le sue attrezzature (soprattutto i missili e i sottomarini) e i suoi mezzi per la ricerca, come il laser Mé-gajoule (vicino a Bordeaux), il sistema Epure (ex Airix) a Valduc (Côte-d’Or), agisce in violazione flagrante dello spirito, se non della lettera, del Tnp.

Il grosso difetto del Tnp consiste nel non prevedere un calendario comportante tappe precise e scadenze per l’eliminazione delle armi nucleari.
La conclusione evidente di tutto ciò è che la vera soluzione al problema delle armi nucleari non è semplicemente quella della «non proli-ferazione», ma quella dell’abolizione programmata di tutte le armi nucleari.

Si tratta quindi di arrivare a stabilire una "Convenzione internazionale per l’abolizione di tutte le armi nucleari". Ora, questo progetto di convenzione è già stato proposto alla fine degli anni novanta ed è stato votato con una larga maggioranza all’Assemblea generale dell’Onu nel 2010. Alla fine del 2011 questo progetto di convenzione ha ottenuto l’adesione di 146 paesi, sui 194 che conta l’Onu, e, tra questi, 4 Stati dotati di armi nucleari: la Cina, l’India, il Pakistan e la Corea del Nord!

Il ruolo politico delle armi nucleari

A questo punto forse voi troverete abbastanza strano che, tenuto conto di tutte le ragioni valide per eliminare le armi nucleari, i dirigenti politici non abbiano già preso, e da molto tempo, la decisione di abolirle. Il fatto è che esistono anche delle "buone ragioni", più o meno confessabili, per mantenerle.

"L’arma nucleare appare come il segno estremo del potere, che relega tutti coloro che non la possiedono in una categoria indifferenziata e subalterna, mentre conferisce ai suoi detentori una superiorità inedita nella distribuzione del potere": questa affermazione è contenuta in una notevole pubblicazione del ricercatore Pierre Buhler, dal titolo La puissance au XXI siècle.

Occorre inoltre sapere che queste armi fanno vivere parecchi laboratori e diverse industrie che maneggiano capitali considerevoli. Ad esempio, il prestigioso movimento "Global Zero" stima a 1000 miliardi di dollari il montante delle spese per le armi nucleari nei prossimi dieci anni. Ora, coloro che sono implicati in questo settore non possono che vedere di cattivo occhio l’abbandono della sorgente dei loro enormi proventi.

D’altra parte, la possibilità di sviluppare una tecnologia di punta legata alla modernizzazione continua di queste armi consente ai loro detentori di scavare un gap tecnologico specifico rispetto agli Stati non detentori.

Inoltre, per gli Stati detentori, le armi nucleari presentano un interesse come "vetrina" tecnologica facilitando la "vendita" del nucleare civile, tanto più che il Tnp incoraggia gli Stati nuclearizzati ad aiutare gli altri ad acquisire queste tecnologie. L’arma "politica" diviene così anche un’arma "commerciale", permettendo una certa dominazione economica.

Un’altra ragione, più nascosta, è quella del prestigio (sinistro!) che queste armi mostruose sembrano conferire agli Stati che le possiedono, e che, associato allo statuto di membro permanente del Consiglio di sicurezza con diritto di veto, permette a questi Stati di avere un maggior peso sulla scena internazionale.

Ora questo argomento è sempre meno valido, poiché nell’evoluzione del mondo attuale il ruolo dell’economia e della finanza è sempre più preponderante nel rapporto di forza tra gli Stati: un esempio per tutti è quello della Germania, che senza possedere in proprio alcuna bomba nucleare, domina, grazie alla sua potenza economica, la scena internazionale in Europa.

Vi è anche un effetto detto "equalizzatore" dell’arma nucleare: uno Stato che possiede qualche bomba nucleare può minacciare un altro che ne possiede molte di più. Ciò non può che incoraggiare la proliferazione.

Globalmente, tutto ciò implica dunque un ruolo di arma "politica", che si aggiunge a quello di "arma di dissuasione", e che contribuisce a bloccare i rapporti di forza tra gli Stati al punto in cui si trovavano, alla fine della seconda guerra mondiale in seno all’Onu e al Consiglio di sicurezza, dove certi Stati sono "più uguali degli altri" (secondo la famosa formula di George Orwell).

L’unica soluzione: l’abolizione TOTALE delle armi nucleari

Se ora vi siete convinti del carattere insufficiente e inadeguato del Tnp e dei rischi che le armi nucleari fanno correre alla sopravvivenza stessa sul nostro pianeta, sarete allora d’accordo sul fatto che l’unica vera soluzione consiste nell’abolizione totale di queste armi mostruose. "Abolizione" a livello della legislazione internazionale e non soltanto "eliminazione", in modo da garantire la loro sparizione definitiva.

Questo naturalmente non sarà facile da ottenere. Ciononostante l’esperienza ci mostra già che l’interdizione di un determinato tipo di armi è possibile (mine anti persona, armi chimiche, bombe a frammentazione, ecc.).

Noi sappiamo che la legislazione internazionale può evolvere anche se degli Stati potenti come gli Stati Uniti si oppongono: si veda l’esempio della Corte penale internazionale (Cpi).

Inoltre, l’attuale situazione di grave crisi economica e finanziaria mondiale mette ancora più in evidenza il carattere totalmente assurdo delle enormi spese per le armi nucleari.

*Stéphane Hessel (1917-2013) è stato un diplomatico, politico e scrittore tedesco naturalizzato francese, combattente nella Resistenza e deportato a Buchenwald. Albert Jacquard (1925-2013) è stato un ricercatore e saggista francese, specialista di genetica delle popolazioni, direttore delle ricerche all’Istituto di studi demografici di Francia.

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