225 statue commemorative in 122 città, distretti e contee. In piena Rivoluzione Culturale l’Università Tsinghua decise di far costruire una statua di Mao. Fu l’inizio di un fenomeno che interessò tutto il paese. Poi nel 1977 la Rivoluzione Culturale terminò e molte di quelle statue furono gradualmente rimosse. Oggi è ancora possibile ammirarne alcune. A vent’anni di distanza, nel 1997, il fotografo Cheng Wenjun comincia un viaggio alla ricerca delle statue sopravvissute. [L’intera gallery è consultabile qui] Ho sempre amato viaggiare. Quando frequentavo il liceo e non ero libero di fuggire via spesso prendevo in mano una mappa per viaggiare con la mente. Dopo aver cominciato a lavorare, raggiunta l’indipendenza economica, le occasioni di viaggiare divennero molte. Ma, durante queste peregrinazioni, a contare non era tanto la destinazione, quanto piuttosto i meravigliosi paesaggi e i costumi locali che incrociavo sul mio cammino. Fino a quando, dopo due viaggi compiuti vent’anni fa, decisi di mettermi alla ricerca delle statue di Mao Zedong.
225 statue commemorative in 122 città, distretti e contee
Era l’estate del 1989. Il treno da Pechino impiegò quattro giorni e tre notti per raggiungere Turpan. A seguire, altri tre giorni di macchina fino a Kashgar. Era la prima volta che mi spingevo così lontano. Kashgar era nella mia mente un luogo remoto e quest’esperienza nuova mi elettrizzava, tanto che ancora ne conservo ogni ricordo. Nella Piazza del Popolo della città un’enorme statua di Mao mi colpì al cuore. Alta 20 metri, svettava verso l’alto in quel luogo di frontiera, distante ed esotico. Tutto ciò in un primo momento mi lasciò spaesato, poi capii che non importava la distanza o la differenza dei costumi. Anche se relegata al confine del paese, si trattava pur sempre di una città cinese.
Quando nel 1992 mi recai nella remota Sanya, trovai anche lì una statua di Mao. Per raggiungere le isole Xisha (conosciute anche come Paracel, ndt) dovetti alloggiare in una caserma che a sua volta aveva una statua di Mao alta oltre dieci metri. Lo stile con cui era stata realizzata possedeva la classica impronta dell’epoca per via del cappotto e della mano destra sollevata. Ma, mentre guardavo quella statua rivolta verso il Mar Cinese Meridionale, all’improvviso mi resi conto che quel Mao Zedong non aveva tanto l’aspetto di un leader, quanto piuttosto quello di una sentinella di frontiera.
Da quel momento in poi, che mi trovassi a Pechino o in qualsiasi altro posto, ogni volta che mi imbattevo in una statua di Mao pensavo inevitabilmente a quelle viste a Kashgar e a Sanya. Alla fine tutto questo mi fece sorgere diverse curiosità, e così nel 1997 mi misi in viaggio alla ricerca delle statue di Mao: camminavo, cercavo, guardavo, fotografavo, domandavo…
Fino a oggi sono già stato in 122 città, distretti e contee, e ho fotografato 225 statue. Tra queste più di 180 sono state erette prima del 1970, le restanti risalgono al periodo delle riforme e dell’apertura. Alcune delle statue da me immortalate sono state poi smantellate; alcune di quelle conservate oggi sono considerate un pezzo di storia. Altre sono state prima buttate giù e in seguito ricostruite. Ma tra tutte quelle sparse per il paese c’è ne è una che possiede più di ogni altra una storia veramente indimenticabile.
La Rivoluzione Culturale e la statua della Tsinghua che affascinò tutta la Cina
Negli anni Sessanta del Ventesimo secolo, quello delle statue del presidente Mao divenne un fenomeno di portata nazionale. In piedi con le mani dietro alla schiena o il braccio destro sollevato; con il berretto militare o con il cappello; con il cappotto o con la giacca a vento. Ognuna conservava tratti distintivi di quel periodo.
La prima statua di Mao è quella che fu eretta presso la Tsinghua dal Comitato Rivoluzionario, per volere dei docenti e degli studenti appartenenti alle Guardie Rosse. Il 24 giugno del 1966, per abbattere "i quattro vecchi" [i vecchi pensieri, la vecchia cultura, le vecchie consuetudini e le vecchie abitudini, ndt] le Guardie Rosse smantellarono la struttura che simboleggiava più di tutte l’Università, un’istituzione ormai ritenuta "feudale": il secondo cancello (Er Xiao Men).
Dopo aver buttato giù il cancello, Cheng Guoying, professore della facoltà di Architettura, propose di erigere una statua di Mao nell’area rimasta sgombera dopo le demolizioni. Il Comitato Rivoluzionario accettò. Il 15 settembre 1967 fu completata una statua ritraente Mao con il berretto militare e la mano destra alzata. La sua costruzione era stata filmata e fotografata dal gruppo responsabile che mostrò tutto il materiale alle unità di lavoro e a quanti erano venuti in visita da ogni parte della Cina. A partire da quel momento, in molte città e università, si cominciò a costruire statue del Grande Timoniere. Persino i villaggi rurali ne fecero alcune in piccolo.
Nell’Heilongjiang la storia delle statue di Mao realizzate sotto la Rivoluzione Culturale è imprescindibile da quella dell’industria pesante locale. Nello stabilimento della China First Heavy Industry di Fula’erji è ancora possibile vedere una statua in acciaio inossidabile che è stata realizzata fondendo 55 tonnellate di acciaio, e il cui peso finale è di 35. Un pezzo che non ha eguali nel resto del paese. A Jiamusi invece vi è una statua in lega di alluminio. Se alla base non ci fosse stata una solida industria e una tecnica matura, tutto questo non sarebbe potuto essere realizzato soltanto grazie all’entusiasmo rivoluzionario e alla grande devozione.
Nel 1977 la Rivoluzione Culturale giunse alla sua conclusione, lasciando il posto a un periodo di "riordino" dopo lo stato di caos degli anni precedenti. Il culto di Mao subì una battuta d’arresto con l’inizio di uno smantellamento sistematico delle statue, che risparmiò solo poche aree. A quel tempo la maggior parte degli studenti e dei professori della Tsinghua chiedeva la rimozione della statua di Mao e la ricostruzione del secondo cancello. Il 29 agosto 1987 le autorità scolastiche la abbatterono e iniziarono la ricostruzione dello storico Er Xiao Men.
Quelli delle statue di Mao sono numeri da record per la storia della scultura cinese. Le statue risalenti alla Rivoluzione Culturale, ancora in piedi, sono per la maggior parte opera degli scultori delle varie Accademie d’arte cinesi.
Le statue di Mao spariscono dal Guangdong
Ancora oggi è possibile ammirare le statue di Mao in molte città del paese. Lo Henan è una di quelle province in cui ne sono rimaste di più: Zhengzhou, Luoyang, Kaifeng, Xinxiang, Hebi e Shangqiu ne hanno tutte una. Anche nello Hubei ve ne sono molte. Tra quelle da me fotografate tre sono di Wuhan e altre tre di Huangshi. Eppure nella provincia del Guangdong sembra quasi non esserne sopravvissuta nessuna. Un costruttore di statue di Mao una volta scherzando disse: "Nel Guangdong le persone sono più realistiche, per questo lo sviluppo della provincia è il più rapido del paese. Tutto avviene prima".
Dato che molte delle statue da esterno erano state costruite in cemento, il principale modo per smantellarle fu semplicemente buttarle giù. Altre, invece, dopo essere state completamente rimosse sono state seppellite sotto terra. Con l’inarrestabile sviluppo del real estate, alcune di quelle statue sono poi state riportate alla luce; come nel caso di quella ritrovata il 15 luglio 2003 in un cantiere di Aijianbinjiang, a Harbin. Era rimasta sepolta 25 anni, fino a quando gli sviluppatori immobiliari non hanno cominciato a scavare nella vecchia area industriale riportandola in superficie. Poi la ripararono e dorarono. La statua fu disposta assieme ad alcuni materiali, antichi centinaia di anni, che erano stati conservati nel tempo: un’officina, comignoli, un serbatoio idrico a torre ecc… Ne è nata così una piazza cittadina che racchiude in sé elementi paesaggistici, della storia politica moderna e della civiltà industriale.
Tra le molte statue di Mao fotografate quella di cui conservo il ricordo più vivo è una che vidi a Lianzhushan, nella contea di Jiangmishan, provincia dello Heilongjiang. In realtà si trattava soltanto di un piedistallo ormai vuoto da vent’anni, ma che per altrettanti vent’anni aveva sorretto una statua di Mao Zedong. Il cemento scrostato lasciava intravedere sotto dei mattoni rossi sbeccati. Esposto per un quarantennio al vento e alla pioggia, quel piedistallo non è mai stato demolito dagli abitanti del posto, e tutt’oggi si trova ad un incrocio stradale, davanti all’ex fabbrica di armi 475. La gente del posto più attempata è solita riferirsi a quell’incrocio chiamandolo ancora "la statua di Mao Zedong".