Non solo panda e cibo piccante. Chengdu conserva un legame indissolubile con la musica che, dal passato, arriva ai giorni nostri con una fertile scena musicale indipendente: hip-hop sichuanese, reso celebre dal boost di Rap of China, musica elettronica e clubbing, musica indie. Ce ne parla Stefano Capolongo nell’ultima puntata di Spartiti rossi.
Chengdu, il capoluogo della regione del Sichuan, è comunemente famosa per due cose: i panda e il cibo piccante. Oltre a questo però la città offre molto di più. La posizione di crocevia tra Tibet e Yunnan, il caos ordinato e il ritmo di vita umano la rendono una delle città più belle e inaspettate di tutto il Paese. Anche gli appassionati di musica potranno trovare a Chengdu pane per i loro denti. Qui infatti sopravvivono le vestigia di quello che negli anni Novanta è stato uno dei più floridi mercati di elettrodomestici e dell’audiovisivo di tutta la Cina. Impianti stereo, amplificatori, registratori portatili, strumenti, vinili, cassette e cd impolverati sono ancora visibili e acquistabili nei negozi di usato e memorabilia, accanto ad una tessera del Partito comunista degli anni Sessanta o a una pila di vecchi fumetti.
La città conserva un legame indissolubile con la musica che, dal passato, arriva ai giorni nostri con una fertile scena musicale indipendente: hip-hop sichuanese, reso celebre dal boost di Rap of China (massiccia nelle stagioni 2017 e 2018 la presenza di rapper locali), musica elettronica e clubbing (la scena underground è esplosa dopo il Covid), musica indie. Molti i locali che offrono musica dal vivo praticamente ogni sera (Mao, Nuts, CH8, Hao) e, seppur in numero minore, i negozi di dischi che, nonostante la volatilizzazione della musica, resistono con offerte molto diversificate. Tra chi vende solo musica classica e tradizionale a chi tratta (quasi) solo dischi esteri, passando per formule intermedie e innovative, Chengdu non annoia i musicofili. Nascosto all’interno di una corte interna al civico 40 di Hua Pai Fang Street (花牌坊街), si trova un negozio di dischi dal nome cinese insolito: bu kuai jin (不快进). Il nome ufficiale richiama invece uno scontro tra presente e passato: Streaming Records, gestito dal 36enne Chen Qi, rocker convinto e con un’idea definita sul mercato musicale contemporaneo.
Quando hai aperto Streaming Records e cosa significa precisamente il suo nome cinese?
Ho aperto l’attività nel 2017 e ho pensato a quel nome per dargli un’impronta precisa. In cinese il tasto dell’avanzamento veloce della riproduzione [il fast forward] si chiama kuaijin 快进, quindi dichiarando bu kuaijin [in cinese bu, è una negazione] volevo rendere l’idea di un posto in cui la musica va ascoltata in maniera seria [renzhen, 认真]. Skippando continuamente si perde la buona musica. Ho aperto a Chengdu perché sono nato nello Xinjiang (新疆) quindi la mia vita, tra lavoro e musica, si è svolta sempre principalmente qui.
In passato hai vissuto la scena indie locale
Prima di aprire il negozio di dischi, ho lavorato per la China National Petroleum Corporation (中国石油公司), ma oltre al lavoro suonavo in diverse band. A dire il vero non credo di poter essere considerato uno che ha vissuto appieno la scena musicale indipendente in Cina. È più corretto dire che sono un grande appassionato di musica. Ho vissuto nella provincia di Hubei dal 2005 al 2009 per frequentare l’università e andavo spesso al Vox Livehouse di Wuhan ad ascoltare gruppi rock cinesi e stranieri. Ho anche assistito al Midi Music Festival del 2006 e ad altri festival musicali nazionali. Quell’anno al Midi c’erano molte grandi band che all’epoca erano ancora piuttosto underground o rock, come New Pants (新裤子), Brain Failure (脑浊), Re-tros, Subs, Smzb (生命之饼).
Cosa pensi dello stato di salute attuale dei festival musicali in Cina?
Oggi la maggior parte dei festival musicali cinesi è diventata un po’ troppo commerciale, non c’è più quella purezza di prima. E anche i fan sono molto cambiati.
Ovvero?
Innanzitutto, a causa delle sempre crescenti implicazioni commerciali delle band cinesi, noto che in molti dei loro lavori non c’è più molta motivazione. L’intenzione originale di molte band che scrivono canzoni è quella di ottenere più traffico sul web, quindi molta musica non riesce a impressionare davvero i fan. Alcuni festival musicali, tra cui lo Strawberry Music Festival, tendono a ospitare molte di queste band. L’organizzazione tenderà a spendere molti soldi per accaparrarsi quelle band che sul web hanno una visibilità relativamente elevata con il risultato di un aumento dei prezzi al pubblico dei biglietti. Inoltre, i fan che vengono ai festival musicali sono in realtà fan portati a seguire le tendenze di internet, molti di loro non sono veri fan del rock.
A proposito di musica rock, pensi che il rock in Cina rivesta ancora qualche importanza o che sia un fenomeno ormai appartenente al passato?
In Cina non esiste più la musica rock [ride]. E comunque non è un fenomeno cinese ma un fenomeno globale. Oltre al rock anche la musica classica, il jazz o la musica indipendente hanno avuto una grande importanza in tutto il mondo. Se parliamo solo del suo significato in Cina, proprio a causa della particolare struttura sociale del Paese, la musica rock cinese è una finestra che ha fatto conoscere meglio questa società a generazioni di fan del rock in tutto il mondo. Proprio come avvenuto con il Monsters of Rock tenutosi nel 1991 nella piazza rossa di Mosca. Esistono però delle eccezioni, come i chitarristi folk dello Xinjiang, che sembrano portare musica sperimentale ma si rifanno al rock in quanto musica di opposizione. Su questa linea consiglio Bayandala (巴彦达莱), chitarrista folk del Xinjiang, e Mamur&IZ, (马木尔), band del chitarrista del Xinjiang di origini kazake. Anche i Toungue (舌头乐队) sono fantastici.
L’apertura di questa finestra ha poi dato il la a delle ottime band che hanno creato qualcosa di davvero originale, penso a Cui Jian, Dou Wei, Omnipotent Youth Society, Muma
Dagli anni Novanta fino agli anni Dieci ci sono state grandi band rock cinesi. Come dici tu, Cui Jian e Omnipotent sono fantastici ma anche i primi Muma. Posso citare i Cold Blooded Animal (冷血动物) di Xie Tianxiao, i 69, i Wuliao Jundui (无聊军队). E comunque ci sicuramente ancora molte cose originali, dopotutto la Cina ha molti posti e culture diverse, tanto regionali quanto nazionali, e ci sono band molto brave nell’integrare questi aspetti.
Tornando ad internet, dalle tue risposte precedenti sembra chiaro che il tuo punto di vista sulle piattaforme streaming e i social non sia dei migliori. In Cina le piattaforme di streaming aiutano a vendere CD e vinili fisici?
Lo streaming musicale ha dei vantaggi. Offre comodità agli appassionati di musica e consente alle persone di avere accesso a un numero crescente di risorse musicali. L’aspetto negativo è che l’eccesso di informazioni crea una sovra-stimolazione che fa perdere alle persone la capacità di discernimento e che restituisce a molti un orientamento musicale sbagliato (perché, in un’ottica capitalistica, qualcuno spenderà un sacco di soldi per la musica che desidera promuovere e userà questa musica per fare soldi, indipendentemente dal fatto che sia buona o scadente). Quindi ci sono pro e contro. Le piattaforme streaming possono aiutare i musicisti a vendere dischi fisici, ma sai bene che i soldi guadagnati dal traffico Internet sono molti di più di quelli provenienti dalla vendita di supporti fisici. In sostanza il supporto fisico ora è, per molti fan che non hanno grande conoscenza della musica, solo un aspetto secondario della band al pari del merchandising. Inoltre, Douyin [fratello maggiore della versione internazionaleTikTok] ha ampiamente distorto l’estetica musicale dei cinesi, oggi c’è molta musica creata appositamente per essere pubblicata su quella piattaforma.
Pensi che la parabola discendente del supporto fisico sia inarrestabile o si tratta solo di un momento?
I clienti sono principalmente persone che ascoltano la musica seriamente e la amano davvero. Comprano per lo più rock classico e jazz. In Cina, i dischi in vinile sono considerati come una cultura di nicchia e non sono quindi un business redditizio. Ma i negozi di dischi fisici sono sempre stati con me fin da quando ero bambino. Ho iniziato ad ascoltare musica rock alle scuole medie e la musica rock con cui sono venuto in contatto per la prima volta come Extreme, Metallica, Rancid, Smashing Pumpkins, Nirvana, Pixies, mi era stata consigliata proprio dai proprietari di negozi di dischi. Il negozio di dischi fisico ha avuto grande significato per me, quindi ho deciso di mantenerlo tale anche in quest’epoca.
Quale è stata la tua formazione musicale?
Sono nato nel 1987. Ti cito in ordine sparso le prime band cinesi che ho ascoltato: Cold blooded animal冷血动物, BrainFailure脑浊, Aiyou哎呦, 69, New Pants新裤子, Flower band花儿乐队,Reflector反光镜, Cui Jian崔健, Black Panther黑豹, Tang Dinasty唐朝, Beyond, Angry jerkc, A-boys, Overload超载, Miankong面孔, Iron kite铁风 e ce ne sarebbero anche altre!
Ho cominciato prestissimo ad ascoltare musica rock, molti dei miei compagni di classe alle medie l’ascoltavano e l’atmosfera era decisamente migliore rispetto a oggi, potevamo scambiarci un CD ed ascoltarlo insieme. Era l’epoca delle cassette e dei CD dakou 打口[1] e deoi VCD. Si poteva andare al negozio dove dietro al bancone qualcuno ci dava sempre qualche consiglio. Accanto al negozio di dischi c’era una libreria, dove compravamo le migliori riviste musicali indipendenti della Cina dell’epoca: Popular Music, Not only music, Extreme Metal, Heavy music, I love rock, Musica leggera, Music heaven. Inoltre avevamo la nostra band e facevamo concerti. Ora continuo con il negozio, tenerlo aperto è dura, ma la passione ci tiene vivi.
Tre dischi essenziali per te e tre nomi emergenti da tenere sott’occhio.
Senza dubbio l’album d’esordio omonimo dei New Pants 新裤子 del 1998. Poi I want you to say you love me in my arms我想你会在我的怀抱中说声你爱我 dei Lure诱导社 uscito nel 2002 e l’ominimo dei Wuliao Contingent 无聊军队 del 1999. Sono tre album che alle medie ho subito amato al primo ascolto. Noterete una vena di punk in tutto ciò. Venendo al presente ti direi di seguire i Ducktrick 鸭听天, i Dolphy Kick Bebop 海豚踢 e gli Sleeping dogs.
Di Stefano Capolongo*
[1] Dischi provenienti da occidente e destinati al macero perché invenduti. La loro caratteristica era appunto un taglio laterale (appunto il dakou) che ne marcava la custodia e spesso anche parte del nastro.