Sogno cinese e riforme

In by Simone

Il modello cinese è in crisi, seppellito dai debiti delle regioni e dagli scarsi ordini che arrivano dall’occidente. E la tensione sciale sale. Il sogno cinese lanciato da Xi Jinping è un concetto vago, ma quello che è certo è che è in arrivo un’ondata di riforme di carattere economico e finanziario.
Xi Jinping, il nuovo Presidente cinese, si è ormai installato e ha deciso tutte le nomine governative, concludendo il passaggio politico dalla quarta alla quinta generazione dei leader; ha lanciato “il sogno cinese”, un concetto ancora vago ma che segnala la volontà di cominciare una nuova era, promettendo le riforme di cui il paese ha bisogno.

La crisi dell’economia occidentale, gli scandali interni relativi alla sicurezza alimentare, l’inquinamento, le profonde ineguaglianze e la necessità di modificare il proprio modello produttivo, pongono Xi Jinping di fronte ad un passo obbligato. La tensione sociale è aumentata, a causa di una sempre più profonda distanza tra il Partito e la popolazione, come dimostra il fatto che i cosiddetti incidenti di massa, come vengono chiamati in Cina scioperi, proteste e rivolte sono cresciuti. Secondo alcuni sociologi cinesi gli incidenti di massa sarebbero ormai 180mila all’anno – il numero non è preciso perché la Cina ha posto su esso il segreto di stato – e ormai vedono le istanze legate all’ambiente e all’inquinamento superare quelle relative al lavoro e agli espropri di terra.

Le ultime di queste rivolte, ad esempio a Ningbo, Shifang o Kunming della settimana scorsa, hanno portato alla chiusura di fabbriche di grandi aziende di stato, accusate di inquinare. Come segnalato anche sulle pagine di Foreign Affairs, la dirigenza cinese è dunque costretta alle riforme per colmare un vuoto di legittimità, con un doppio rischio: nel caso in cui le riforme si spingessero troppo in là, le proteste potrebbero aumentare a causa di nuove aperture, specie nel campo della libertà di espressione. Se le riforme invece venissero concepite in modo limitato, lascerebbero invariati i motivi di tensione sociale.

Quello che appare certo è l’arrivo nel prossimo futuro di un’ondata di riforme di carattere innanzitutto economico finanziario. Il modello cinese è in crisi, seppellito dai debiti delle regioni e dagli scarsi ordini che arrivano dall’occidente, che minano alle basi la capacità di un sistema basato sulle esportazioni e sul basso costo del lavoro (mentre aumentano gli stipendi dei lavoratori). La Cina ha già deciso di delocalizzare alcune produzioni in altre zone dell’Asia e – come espresso più volte dal nuovo premier Li Keqiang – punterà tutto sulla crescita del mercato interno. Per fare questo sono previste nuove privatizzazioni delle grande aziende di stato, poco competitive e ricettacolo di sacche di corruzione che concorrono alla scarsa fiducia popolare nelle istituzioni e liberalizzazioni economiche di interi settori economici.

[Scritto per Panorama; foto credits: News Sina]