E’ successo a Wuhan nella regione dello Hubei, una squadra di una decina di lavoratori edili ha ballato i passi del fenomeno del K-pop davanti al locale notturno che aveva appena finito di costruire. Nell’ultimo decennio le proteste dei lavoratori sono esponenzialmente aumentate anche grazie ai nuovi media Pare proprio che la disobbedienza civile cinese abbia un nuovo inno. Gangnam Style, il brano che ha reso il cantante Psy il sudcoreano più famoso al mondo – su stessa ammissione del capo delle Nazioni Unite, Ban Ki- Moon – è ora diventato motivetto e soprattutto danza di denuncia dell’ingiustizia sociale. Ci avevano già pensato alcuni attivisti tibetani alla vigilia del XVIII congresso del Partito comunista cinese, negli stessi giorni delle autoimmolazioni; ci aveva pensato anche il dissidente Ai Weiwei con il suo personalissimo “Caonima Style”, a prendersi gioco dell’establishment politico di Pechino.
Superando le barriere della censura online, in pochi minuti le loro performance erano diventate virali sui social network dell’ex Impero di mezzo. Il 21 gennaio scorso, a Wuhan nella regione dello Hubei, una squadra di una decina di lavoratori edili ha ballato i passi del fenomeno del K-pop davanti al locale notturno che aveva appena finito di costruire. “Era l’unico modo per attirare l’attenzione generale sul nostro problema,” ha spiegato ad un giornale locale il signor Lu, il leader della protesta. Un problema non da poco. I lavoratori infatti hanno lavorato alla costruzione del locale da giugno a settembre del 2012 e ancora non hanno percepito ancora il proprio stipendio.
In totale, ha spiegato Lu, i 40 lavoratori del progetto hanno un credito di 233 mila yuan (circa ventimila euro) nei confronti dei loro committenti. Inoltre mancano poco meno di tre settimane al Capodanno cinese, il periodo in cui la maggior parte dei lavoratori migranti fa ritorno al proprio paese d’origine. Molti temono che quest’anno non ce la faranno. “La committenza mi deve 9 mila yuan (circa mille euro)”, spiega il signor Luo un altro dei lavoratori protagonisti della protesta al quotidiano ufficiale China Daily. “Senza quei soldi non potrò tornare a casa per il Capodanno e i miei tre figli dovranno lasciare la scuola”.
Il problema dei salari non pagati colpisce duramente i lavoratori di settori come edilizia e infrastrutture, uomini reclutati da ogni regione della Cina spesso per essere impiegati in regioni estreme rispetto ai loro luoghi natii. Il signor Lu ha dovuto attingere ai propri risparmi per pagare i suoi uomini. “Sono al verde adesso. Ma il problema rimane irrisolto.”Per questo ha deciso di armarsi di occhiali scuri e inscenare la protesta stile Gangnam. Quella dei lavoratori di Wuhan è solo l’ultima di una serie di proteste “creative” inscenate negli ultimi anni, spiega Geoff Crothall del China Labour Bulletin, organizzazione di Hong Kong che si occupa dei diritti dei lavoratori cinesi, al Guardian. “Soprattutto i lavoratori più giovani sono molto abili a sfruttare i nuovi media. Hanno weibo (il twitter cinese ndr) e possono assicurarsi che le persone vengano a sapere che stanno per esibirsi e attirare i media locali. Bisogna riconoscere che se riesci a farti pubblicità, hai più possibilità di successo”.
Nell’ultimo decennio le proteste dei lavoratori sono esponenzialmente aumentate, segnala lo stesso China Labour Bulletin a segnalarlo, sottolineando che fattori demografici combinati alla crescita economica e a un generale mutamento della società hanno dato ai lavoratori cinesi un maggiore potere di contrattazione. E le nuove tecnologie non fanno che stimolare ulteriormente la tendenza. I lavoratori cinesi vogliono essere ascoltati, e soprattutto visibili, finalmente. Negli scorsi giorni, per le stesse ragioni del gruppo di Wuhan, si è tenuta una protesta davanti a un’agenzia di sviluppo immobiliare a Nanguo City.
Una manifestazione organizzata in nome di 500 lavoratori a cui l’agenzia deve circa 800 mila euro di stipendi arretrati. In questo caso però nessuna esibizione danzereccia. Solo la protesta silenziosa di 13 bambini dai 5 ai 20 anni con in mano cartelli che richiedevano il pagamento degli stipendi dei propri genitori. Anche in questo caso è stata l’opinione pubblica, attraverso la Rete, a far arrivare la vicenda nei palazzi di Pechino, dove i funzionari del Pcc sono sempre più preoccupati dalla forbice della disuguaglianza che si sta aprendo nella società cinese.
[Scritto per Il FattoQuotidiano.it foto da China.org]