Un’altra tigre finisce in gabbia. Ji Jianye, sindaco di Nanchino è ora sotto inchiesta della commissione disciplinare del partito per corruzione. Avrebbe intascato circa 2,4 milioni di euro quando era sindaco di Yangzhou, la città natale del vecchio Jiang Zemin. Intanto le autorità forniscono i primi numeri della lotta alla corruzione: 129 i funzionari finora finiti sotto inchiesta. L’ultima “tigre” in ordine di tempo a finire in gabbia nella campagna del governo centrale cinese contro la corruzione tra gli alti funzionari e i politici di primo piano è stato il sindaco di Nanchino, Ji Jianye.
Con l’accusa di “reati economici”, spesso sinonimo dei corruzione, il primo cittadino di quella che fu la capitale della Repubblica cinese durante l’epoca nazionalista è ora sotto shuanggui, il sistema disciplinare extra-giurisdizionale interno al partito cui sono sottoposti i quadri corrotti coinvolti in indagini che possono durare mesi prima di essere affidati alla magistratura.
Secondo quanto rivela la versione online del Quotidiano del Popolo, voce ufficiale del potere cinese, Ji, che in quanto sindaco del capoluogo della provincia del Jiangsu ha una carica equivalente a quella di viceministro, è stato preso in custodia dagli uomini dell’ufficio disciplinare.
Ironia del calendario, l’arresto è arrivato a ridosso dell’anniversario del crollo dell’impero, il 10 ottobre, da cui poi sarebbe nata la Repubblica. L’ultima volta che il sindaco è stato visto in pubblico risale a martedì, quando ha partecipato alla riunione di un comitato governativo per discutere della gestione dei liquami e del sistema fognario.
La cifra contestata a Ji è di 20 milioni di yuan, pari a circa 2,4 milioni di milioni di euro. Il caso, scrive la stampa cinese, è collegato alla vicenda di Zhu Xingliang, imprenditore nell’edilizia a Suzhou e uomo più ricco del Jiangsu, sotto inchiesta da luglio e al quale furono assegnati gli appalti per i lavori di rinnovamento urbano ai tempi in cui Ji era alla guida di Yangzhou.
Ma soprattutto la carriera politica del sindaco tocca da vicino un pezzo da novanta della nomenclatura cinese, l’ex presidente Jiang Zemin, originario proprio di Yangzhou, città di cui Ji fu primo cittadino e al vertice del partito per otto anni fino al 2008. Un dettaglio passato sotto silenzio dalla stampa ufficiale, ma non dai giornali esteri. D’altra parte l’ex capo di Stato continua a essere considerato una sorta di eminenza grigia della politica cinese, dato più volte sul punto di essere messo da parte, ma capace durante il congresso dello scorso novembre, in cui fu deciso il passaggio dalla quarta alla quinta generazione di leader del Partito, di far valere la propria influenza.
Martedì il numero uno dell’agenzia governativa per la lotta contro la corruzione, Wang Qishan, aveva sottolineato la necessità di colpire alla radice il malaffare nel Paese per evitare che il problema diventi più serio di quanto già non sia. Nei primi otto mesi dell’anno, secondo i dati della Procura suprema del popolo, i funzionari a livello di prefettura o più in alto messi sotto inchiesta per corruzione e tangenti sono stati almeno 129. I casi sospetti oltre 22mila e hanno coinvolto almeno 30mila persone.
La vittima più importante della campagna contro “le tigri e le mosche”, ossia i politici che agiscono per loro interesse, è stato Bo Xilai. L’ex carismatico leader del Pcc nella megalopoli di Chongqing, è stato condannato all’ergastolo lo scorso 22 settembre ed ora è in attesa di appello, sebbene il processo presentato come un fiore all’occhiello nel percorso della Repubblica popolare sulla via dello stato di diritto, sia stato in realtà un regolamento di conti interno tra le varie anime del partito e di visioni sulla gestione del Paese.
L’altro caso di primo piano è l’inchiesta che ha travolto i vertici della PetroChina, principale compagnia petrolifera del Paese. Tra i funzionari agli arresti negli ultimi mesi c’è anche l’ex presidente del colosso statale China National Petroleum Corporation (CNPC), Jiang Jiemin. Tutta la vicenda, secondo quanto rivelato dal South China Morning Post ad agosto, potrebbe avere come bersaglio finale l’ex zar della sicurezza nazionale, nonché l’uomo forte del settore estrattivo, Zhou Yongkang.
[Scritto per Lettera43; foto credits: chinadaily.com]