Definita da alcuni new wave letteraria e science fiction (sf) di “nuova generazione”, la fantascienza cinese contemporanea presenta una varietà di forme, stili e contenuti che rendono difficile fornirne una categorizzazione univoca. Tuttavia, nonostante gli elementi eterogenei, essa tende a essere accomunata dalla rappresentazione di sogni e incubi prodotti dalla turbinosa modernizzazione che ha radicalmente cambiato la società cinese negli ultimi decenni, da una marginalità che la contraddistingue anche dopo i recenti riconoscimenti internazionali conquistati da alcuni suoi autori di spicco, nonché da una forte carica sovversiva evidenziata dal giovane scrittore e studioso di fantascienza cinese Fei Dao 飞氘, che in un’occasione ha definito gli esponenti della fantascienza cinese attuale come un’“armata solitaria e nascosta”.
Lungi dall’essere un’irrealistica letteratura di evasione, la sf cinese, come dice la studiosa e scrittrice di fantascienza Wang Yao 王瑶, si presenta come una raffigurazione allegorica del reale, che è al contempo un riflesso del mondo e una riflessione sul mondo. Secondo Darko Suvin, infatti, la fantascienza non sarebbe né una fuga dal reale, né una semplice descrizione del presente, bensì una “realistica irrealtà”: proprio questa forma ossimorica, che porta gli autori a combinare elementi apparentemente incompatibili come razionalità e magia, utopia e realismo, sembra particolarmente adatta a dar voce al presente futuristico di questo paese, a mostrare limiti e possibilità del “socialismo di mercato”.
Come ha evidenziato il critico cinese Song Mingwei 宋明伟 la fantascienza, in Cina, ha alle spalle una storia di alterne fortune, nella quale le sono state affidate, come sostiene il teorico cinese Wu Yan 吴岩, principalmente due finalità: da un lato la promozione del sapere scientifico attraverso l’utilizzo della forma narrativa, dall’altro una riflessione critica sulla realtà sociale nazionale. Nonostante la letteratura cinese classica fosse già ricca di contenuti fantastici, sarebbe stato l’incontro con il pensiero e la tecnologia occidentale a favorire la genesi dei primi esempi di sf autoctona intesa in senso moderno, sviluppatasi anche grazie alla traduzione di opere straniere. Non a caso, intellettuali del calibro di Liang Qichao 梁启超 e Lu Xun 鲁迅 furono anche, nei primissimi anni del Novecento, traduttori di opere della fantascienza occidentale: un genere, quest’ultimo, che essi vedevano come un valido strumento per modernizzare il pensiero dei cinesi arricchendone l’immaginazione e trasmettendo loro una mentalità scientifica. Le prime creazioni della fantascienza cinese di quel periodo, inoltre, secondo Nathaniel Isaacson avrebbero convogliato sul piano narrativo ansie e aspirazioni prodotte dall’incontro-scontro con l’imperialismo occidentale. La prima fase della produzione fantascientifica, iniziata negli ultimi anni della dinastia Qing a cavallo fra Ottocento e Novecento, si sarebbe presto conclusa, tuttavia, con l’avvento nella prima metà degli anni Dieci del movimento per la Nuova Cultura, quando si formò e alla fine prevalse una nuova visione della letteratura dominata da concezioni realiste.
In seguito il genere ha goduto di una certa considerazione dopo la fondazione della Repubblica Popolare Cinese (1949), affermandosi negli anni Cinquanta come forma di letteratura per bambini, ispirata alle esperienze narrative dell’Unione Sovietica, finalizzata a diffondere nozioni scientifiche e ideologiche. È però soltanto con l’inizio dell’Era Riformista, a partire dal 1978, che l’apertura verso il mondo occidentale e le nuove traduzioni di opere straniere hanno fatto sì che la sf cinese entrasse in una seconda fase di sviluppo, caratterizzata dalla rinnovata volontà, da parte del governo cinese, di utilizzare la sf come uno strumento di “popolarizzazione” scientifica. Alla visione promossa dal governo, tuttavia, se ne affianca rapidamente un’altra, di segno contrario, esplicitata per la prima volta dallo scrittore Tong Enzheng 童恩正 nel 1978: fantascienza come letteratura volta a stimolare una “visione scientifica del mondo”, fantascienza come specchio del presente. Il genere, però, sarebbe stato presto accusato dal Partito Comunista di essere “pseudoscientifico” e “anticomunista”: per questa ragione sarebbe stato attaccato nel corso della campagna contro “l’inquinamento spirituale” del 1983 e conseguentemente bandito per un breve periodo.
È stato solo negli anni Novanta che la fantascienza cinese è riuscita finalmente a trovare una posizione autonoma nel panorama letterario cinese. Fra i vari fattori che ne hanno favorito l’emergere troviamo l’intensa attività della rivista Science Fiction World 科幻世界, ripubblicata a partire dal 1991, l’istituzione nello stesso anno di un corso sulla letteratura fantascientifica presso un’importante università di Pechino, e il conferimento, sempre nello stesso anno, di un prestigioso premio letterario taiwanese a Han Song 韩松, uno degli scrittori più rappresentativi del panorama fantascientifico cinese. Anche grazie a questi eventi, negli anni Novanta ha iniziato a farsi strada una “nuova generazione” (新生代) di autori che hanno gradualmente ridefinito convenzioni, stili e standard.
Oggi la fantascienza cinese è rappresentata prima di tutto da Liu Cixin, Han Song e Wang Jinkang 王晋康, tre autori nati nell’epoca maoista che la critica cinese ha magnificato con il titolo di “tre generali”. A questi si affianca un gruppo di scrittori molto più giovani, tutti nati negli anni Ottanta, fra i quali i più significativi sono Chen Qiufan 陈楸帆 , Xia Jia 夏笳, Zhang Ran 张冉, Bao Shu 宝树 e Fei Dao飞氘. Ciò che accomuna questi autori, al di là delle differenze generazionali, è l’immaginazione tecnologica proiettata nel futuro, con la quale essi tentano di riflettere, con una visione di volta in volta pessimista o ottimista, realista o fantastica, la realtà tanto della Cina del futuro, quanto di quella presente e del passato.
A proposito di questi autori, Song Mingwei ha coniato l’appellativo di “Chinese new wave” (中国科幻新浪潮), ravvisando in essi lo stesso sperimentalismo e la stessa carica sovversiva tipica della new wave fantascientifica occidentale. Dotata di una “sofisticazione artistica e di un’ambivalenza politica” senza precedenti nella storia della sf cinese, la cosiddetta Chinese New Wave secondo lo studioso avrebbe avuto inizio nel 1989 con la pubblicazione del romanzo Cina 2185 (中国2185) di Liu Cixin, e sarebbe caratterizzata da uno “spirito avanguardistico” che spingerebbe gli autori a rifiutare le visioni ottimiste della società cinese promosse dalla politica ufficiale per rappresentare invece gli aspetti rimossi e “invisibili” della stessa società.
Dal 2015, in ogni caso, questa new wave ha guadagnato moltissimi lettori, cosicché l’“armata solitaria” descritta da Fei Dao sembra essere sempre meno isolata e sempre meno nascosta: la vittoria del premio Hugo, da parte di Liu Cixin, ha infatti “elevato la fantascienza cinese a uno status globale”, facendo aumentare sensibilmente il numero di opere di sf cinese tradotte in inglese, e con esso il numero dei lettori non cinesi. Ciò non sarebbe stato possibile senza Ken Liu 刘宇昆, autore e traduttore americano di origini cinesi, che con le sue traduzioni ha contribuito a creare un vero e proprio ponte letterario tra Cina e Occidente.
Prima degli anni Novanta, la fantascienza prodotta nella Repubblica Popolare raccontava generalmente sogni utopici collocati in un futuro migliore, presentando racconti pedagogici rivolti ai bambini che raffiguravano spesso avventure di scienziati-eroi, i quali erano immancabilmente volti a promuovere la cosiddetta “popolarizzazione” scientifica. Oggi più che mai questo genere, che per definizione funge da luogo d’incontro tra tecnologia e immaginazione, spinge il lettore a comparare una situazione immaginata ma scientificamente plausibile alla realtà esistente e a interrogarsi su quest’ultima, grazie a una cornice immaginativa alternativa o a uno strumento tecnologico – ciò che Darko Suvin chiama novum – la cui presenza devia dalla norma. Per la letteratura cinese di oggi, spesso soggetta a limitazioni quando si tratta di pubblicare contenuti “sensibili”, questo genere ora osteggiato ora promosso dalla politica – che lo limita e al tempo stesso lo supporta per promuovere scienza, tecnologia e innovazione – è uno strumento tanto di riflessione critica sul reale quanto di espressione personale. Per il lettore occidentale, in particolare, esso rappresenta un’importante lente per osservare le trasformazioni della Cina odierna: gli autori descrivono spesso una politica che fa coincidere disegni sociali utopici (il cosiddetto “sogno cinese”) a metodi distopici, e una società che, per la forte presenza di applicazioni telefoniche innovative, avveniristici servizi online, e strumentazioni futuristiche, tecnologicamente è già collocata nel futuro; come sostiene Han Song, “a differenza di buona parte della letteratura mainstream, oggi generalmente rivolta al passato, la fantascienza guarda al futuro. E in Cina il futuro è già presente”.
La fantascienza made in China persegue questi obiettivi inglobando voci diverse, tutte mosse da uno spirito sperimentale e creativo ben rappresentato dall’appellativo new wave. A modo proprio gli autori recuperano il passato, raccontano il presente conosciuto e quello “invisibile”, e lo proiettano nel futuro, che è al tempo stesso un luogo immaginato che massimizza la libertà espressiva e una condizione di “aspettativa” che guarda all’avvenire come a una materia plasmabile e in costruzione.
Nella (ri)scoperta nazionale e internazionale della sf cinese s’inserisce Nebula 星云, antologia di fantascienza cinese in doppia lingua cinese-italiano, pubblicata nel maggio 2017 dalla collana Future Fiction di Mincione Edizioni e curata da Francesco Verso. Grazie a una prefazione di Wu Yan, uno fra i più attivi studiosi e teorici di fantascienza oggi in Cina, a una postfazione della giapponese Tōya Tachihara, e alla collaborazione di Ken Liu, questa raccolta bilingue di racconti cinesi corredati da illustrazioni di giovani artisti italiani si propone come un ponte artistico-letterario tra Cina e Italia.
La raccolta presenta i racconti di quattro autori (Liu Cixin, Chen Qiufan, Xia Jia e Wu Yan), i quali sono tutti legati, pur differendo per stile e per una diversa visione del presente futuristico, dall’ambientazione cinese delle loro storie, dalla trattazione simultanea di passato, presente e futuro, e da alcune tematiche comuni. Liu Cixin, il cui romanzo Il problema dei Tre Corpi 三体, recentemente pubblicato anche in italiano, ha venduto più di un milione di copie in Cina e più di centomila nella versione in lingua inglese, con il suo racconto “Le Bolle di Yuanyuan” 圆圆的肥皂泡 (2008) si distacca dalla complessità della produzione precedente, raccontando una favola “semplice” in grado di raggiungere anche un pubblico di lettori giovani. Il racconto qui pubblicato, utilizzato anche come materiale didattico nelle scuole cinesi, si allontana dai temi tipici della space opera e della hard science fiction che caratterizzano Il problema dei tre corpi, per raccontare una favola universale, sentimentale e al tempo stesso incredibilmente tecnologica. Di Chen Qiufan, invece, definito il “William Gibson” cinese per il realismo fantascientifico della sua produzione, è stata pubblicato il racconto “Buddhagram” 开光 (2017), in cui s’intrecciano la componente esistenziale, tecnologica e socio-culturale. Xia Jia, conosciuta per la sua produzione “leggera” a metà tra fantascienza e fantasy, che lei stessa ha definito “porridge science fiction”, è presente in questa raccolta con il racconto “L’estate di Tongtong” 童童的夏天 (2014), che usa la tecnologia come tema per riflettere sui valori della società cinese. L’antologia contiene infine un racconto di Wu Yan, autore oltre che esperto studioso di fantascienza cinese: nel racconto “Stampare un mondo nuovo” 打印一个新地球” (2013) l’autore rielabora le sue esperienze di professore universitario utilizzando una cornice fantascientifica per riflettere su limiti e possibilità del sistema educativo cinese.
Con i loro racconti gli autori qui rappresentati portano avanti una riflessione complessa sulla natura della società cinese contemporanea così come sui valori cinesi tradizionali, sul presente del “sogno cinese” così come su possibili scenari futuri da incubo. Tali racconti potranno produrre un effetto straniante e forse incuriosire il lettore non cinese che legga di benedizioni buddiste presso il distretto tecnologico di Zhongguanncun o di amore filiale di matrice confuciana per anziani ex-rivoluzionari; oppure di educazione ai tempi del socialismo di mercato così come di città-esperimento costruite per porre rimedio all’aridità della Cina del Nord. La stessa narrativa, però, potrà avvicinarlo a una realtà che non è poi così distante dalla propria per quanto concerne la trattazione dei valori familiari e delle problematiche legate all’invecchiamento della popolazione; dell’importanza di creatività e immaginazione come chiavi del processo educativo e della formazione dell’individuo; della solitudine e dell’alienazione dell’uomo contemporaneo in una società consumistica e superficiale.
I racconti
1. Buddhagram
“Lao Xu mi fissa; io fisso la lavagna; la lavagna fissa tutti quanti, tutti fissano il loro telefono. Siamo come uno stormo di uccelli persi nella nebbia, costantemente attratti da schermi luminosi, finché non dimentichiamo la direzione verso cui stavamo volando.”
In “Buddhagram” – il cui titolo si riferisce a un’app telefonica che applica alle foto e al soggetto immortalato benedizioni buddiste – Chen Qiufan recupera la tradizione filosofica in chiave tecnologica, suscitando riflessioni sul presente cinese, sull’economia consumistica, e sul senso più profondo dell’esistenza. Il protagonista, che all’inizio della storia riesce a risolvere una difficile situazione aziendale, comprende di essere una mera pedina senza potere decisionale, una marionetta inconsapevole in una società che crea falsi bisogni e induce a un consumo sfrenato per soddisfarli. Oltre a portare alla luce importanti aspetti della realtà (visibile e invisibile) cinese, questo racconto (come gli altri presenti in questa antologia) dà espressione a un’idea di futuro comune a tanta fantascienza cinese contemporanea: si tratta di un domani popolato da persone comuni, che si mettono in gioco con successo o falliscono nel reale, agendo su un presente in divenire che li porta a investire su creatività e immaginazione, a vivere il momento con emotività, a porre e a porsi domande, a costruire futuri possibili e alternativi.
2. Stampare un mondo nuovo
“Senz’altro saprà che, se un’università che poggia su basi fragili come la nostra continua a sopravvivere, è solo grazie alla nostra fede nell’educazione, tuttavia sembra che il paese stia impazzendo: non si serve di un approccio progressivo per guidare il paese e raggiungere l’equità, bensì di un sistema invasato e volto a primeggiare, che non tiene in alcuna considerazione la scomparsa o la sopravvivenza di istituti come il nostro, che portano avanti in modo onesto un lavoro educativo continuo e dal basso”.
La fantascienza contemporanea offre il ritratto di una Cina problematica, che al tempo stesso è creativa e vitale nel raccontare le proprie difficoltà e nell’affrontarle, senza necessariamente ricorrere a futuri utopici che sono meglio e altro rispetto al presente. Propone invece una ricetta di cambiamento attuabile qui e ora: immaginare tecnologie del futuro diventa un pretesto per evidenziare problemi del presente e progettare futuri ipotetici, attuabili pragmaticamente, anche senza l’intervento di tecnologie fantascientifiche.
È il caso di “Stampare un mondo nuovo” di Wu Yan: il professor Wu – alter ego dell’autore – è un docente universitario di management educativo, testimone del salvataggio di un istituto cinese che rischia di essere “cancellato” da una riforma governativa volta a finanziare solo istituti d’eccellenza. Nel tentativo di sfuggire alla preannunciata chiusura, l’università mette in pratica una serie di strategie d’avanguardia per migliorarsi e garantirsi la sopravvivenza: la promozione di creatività in ogni ambito e delle capacità individuali, l’integrazione dei saperi, e al tempo stesso l’importanza della cooperazione. L’autore sembra voler suggerire misure concrete per un cambiamento reale, per “stampare un mondo nuovo” anche prima dell’introduzione di una tecnologica stampante 3D: la “rivoluzione” universitaria e tanti altri cambiamenti sostanziali, tra cui la risoluzione delle problematiche interpersonali e la capacità di creare valore autonomamente, vengono attuate già prima della realizzazione dell’avveniristica stampante, che non è che il prodotto delle competenze acquisite dall’istituto attraverso la promozione di creatività ad ogni ambito.
3. L’estate di Tongtong
Se il piano fosse riuscito, avrebbero potuto dare il via all’era d’oro sognata da Confucio millenni prima: “E allora gli uomini si prenderanno cura di tutti gli anziani come se fossero i loro stessi parenti, ameranno tutti i bambini come se fossero i propri figli. L’adulto invecchierà e morirà sentendosi sicuro; il giovane avrà l’opportunità di contribuire e prosperare; e i bimbi cresceranno sotto la guida e la protezione di tutti. Vedove, orfani, disabili, malati: tutti saranno accuditi e amati.
Più sentimentale è la scrittura di Xia Jia, la cui “porridge science fiction” affronta questioni legate all’etica tradizionale e alla società, mescolandole a problematiche di natura sentimentale e tecnologica.
“L’estate di Tongtong” si colloca in un futuro indefinito, che parla al tempo stesso di presente e di passato: è la storia del legame tra una ragazzina, il vecchio nonno malato e un “badante” robotico, grazie al quale l’anziano parente può giocare a scacchi, dialogare nel suo dialetto nativo, ed estendere le sue limitate capacità fisiche. Il robot di famiglia offre l’occasione per raccontare il sempre più attuale problema dell’invecchiamento della popolazione e l’importanza dell’amore filiale teorizzato nei classici confuciani. Il passaggio sopra citato, infatti, riecheggia indirettamente l’antico ideale della “grande unità” confuciana: la visione utopica di una società in cui regnano aiuto reciproco, concordia e armonia. Ripresentando questo concetto, profondamente radicato nella tradizione filosofico-letteraria cinese e oggi spesso invocato anche dalla politica ufficiale, Xia Jia combina Confucio e tecnologia, affronta il legame nonno-nipote e tocca corde universali.
4. Le bolle di Yuanyuan
“Non crede che la bambina sia un po’… come dire, un po’ esuberante?” Chiese Baba, soppesando la pistola a bolle.
“Senta, tutti i bambini sono così oggi. Detto francamente, in questa nuova era, essere lievi e fantasiosi non è necessariamente un difetto.”
Il piano sentimentale, sociale e tecnologico sembrano intersecarsi anche nell’ultimo racconto, “Le bolle di Yuanyuan” di Liu Cixin: l’autore si allontana dalla hard science fiction e dalla space opera del Problema dei tre corpi per dare vita a una favola fantascientifica ambientata in una futuristica Cina settentrionale. L’aridità del Nord della Cina e il tentativo di rendere produttivi terreni incoltivabili rappresentano una sfida raccolta di generazione in generazione dai protagonisti femminili della storia. Fa da sfondo la vicenda umana della giovane Yuanyuan, raccontata attraverso il suo rapporto con i genitori e la sua passione per le bolle di sapone. Queste, che dapprima rappresentano solo un inutile gioco infantile, finiscono per simboleggiare l’innovazione tecnologica e l’estro fantasioso della protagonista: la creatività, tematica presente in misura diversa nelle quattro storie, collega come un filo rosso l’intera raccolta.
L’antologia di Mincione Edizioni presenta storie accomunate dalla riproposizione di elementi tratti dalla tradizione cinese, da una narrazione del presente più quotidiano e problematico, e da un’ambientazione futuristica che massimizza le possibilità espressive da un lato, e stimola un atteggiamento di riflessione-azione dall’altro. Nebula raccoglie autori significativi dell’odierno e diversificato scenario fantascientifico di un paese che, inseguendo il “sogno cinese” promosso da Xi Jinping, corre a tutta velocità verso uno sviluppo più o meno controllato; questa letteratura, sogno (o incubo) narrativo che s’inserisce o si oppone al sogno politico, ne racconta i limiti e le potenzialità.
Parlando di sf, Ken Liu ha affermato che “la fantascienza è la letteratura dei sogni, e i testi che parlano di sogni dicono sempre qualcosa del sognatore, dell’interprete del sogno, e di chi lo legge”.15) In questo senso, è auspicabile che attraverso i sogni e gli incubi che descrive, la sf cinese avvicini realtà distanti, e stimoli importanti riflessioni sui presenti futuristici che racconta.
Di Chiara Cigarini per Sinosfere*
**Sinosfere è una rivista che si occupa di cultura cinese, intesa come l’universo molteplice e mutevole delle rappresentazioni che, viaggiando storicamente nel tempo e nello spazio, hanno variamente influenzato i particolari modi di vedere, di parlare e di sentire che informano la vita delle società cinese odierne. Creata da un gruppo di studi di storia e cultura cinese, Sinosfere vuole essere – come meglio si chiarisce in altro luogo – una piattaforma volta a esplorare e una discussione sulle dinamiche socio-culturali cinesi indagando su una logica peculiare che il governano.