L’imperatrice Wu è stata una delle figure politiche di più grande rilevanza del periodo di regno della dinastia Tang, ed era una donna. La tesi Le galline non dovrebbero annunciare l’alba esamina la figura dell’unica imperatrice cinese capostipite di una dinastia alla luce della società fortemente patriarcale dell’epoca.
Wu è stata una delle figure politiche di più grande rilevanza del periodo di regno della dinastia Tang, ed era una donna. Le implicazioni che si nascondono dietro questo semplice dato di fatto hanno, per un paese quale la Cina durante l’età imperiale, radici e conseguenze profonde. La società cinese dell’epoca, infatti, era una società patriarcale, fortemente caratterizzata dalla subordinazione della figura femminile a quella maschile; nel corso della loro vita le donne dovevano obbedienza inizialmente al padre, in seguito al marito ed infine ai figli maschi, se ne avevano.
Per una società così improntata risultava quindi impossibile anche solamente immaginare che una donna potesse governare l’impero, inoltre gli stessi classici confuciani esprimevano chiaramente che gli effetti di tale sovvertimento dei ruoli sarebbero stati disastrosi; nel Classico dei Documenti è scritto “le donne al governo sono la radice del caos” (furen yu zheng, luan zhi ben ye 婦人與政 , 亂之本也), ad avvalorare senza mezzi termini la tesi per cui donne e governo rappresentavano due ambiti ben distinti che per nessuna ragione sarebbero mai dovuti venire a contatto.
Da qui l’interesse per la figura di Wu Zhao e il desiderio di comprendere come questa donna fosse riuscita a rendere possibile l’impossibile, indagando a fondo su quali tratti della sua personalità e quali fattori esterni l’avessero contraddistinta nella sua scalata al potere, e sui mezzi che le avessero consentito di sfidare e abbattere l’ordine costituito, permettendole così di creare una sua dinastia e di diventare l’unica imperatrice nella storia della Cina.
Conseguentemente ad un primo lavoro di ricerca e di scrematura delle fonti, si è ritenuto opportuno estendere il focus del lavoro a quelli che potrebbero definirsi come dei precedenti al suo regno e dei tentativi successivi di ripercorrere i suoi stessi passi, cercando inoltre tra di essi un’ulteriore figura di spicco che si potesse prestare ad un confronto, con lo scopo di ancorare il caso dell’imperatrice Wu ad un contesto più ampio e allo stesso tempo di farne risaltare la singolarità.
Di conseguenza, nell’organizzazione della tesi, un primo capitolo è dedicato all’inquadramento del periodo storico, fondamentale per comprendere le condizioni che favorirono l’ascesa di un personaggio come quello di Wu Zhao. Particolare attenzione è prestata all’ambito socio-economico, all’organizzazione della struttura che contraddistingueva i vertici del governo nonché all‘uso politico delle tre dottrine principali, confucianesimo, taoismo e buddhismo, e all’intensa fioritura culturale che caratterizzò quegli anni.
Il secondo capitolo è invece interamente incentrato sulla figura dell’imperatrice Wu secondo un’analisi sviluppata cronologicamente degli eventi che caratterizzarono la sua vita. Dopo una breve introduzione sulla sua infanzia e sul periodo della prima adolescenza, volta soprattutto a contestualizzare le sue origini e le condizioni sociali della sua famiglia, vengono descritti gli anni che trattano degli avvenimenti dal suo ingresso a corte come concubina dell’imperatore Taizong nel 638 sino all’ascesa a consorte dell’imperatore Gaozong nel 654.
Vengono poi approfonditamente analizzati gli anni in cui regnò come imperatrice a fianco di Gaozong, mostrando come aumentò la sua influenza negli affari di stato a partire dal peggioramento della malattia dell’imperatore nel 660 sino ad arrivare all’anno della sua morte nel 683. Ampio spazio è dedicato alla trattazione delle politiche da lei adottate che le consentirono di legittimare la sua pretesa al trono trasformandola da imperatrice reggente in vece del principe ereditario a fondatrice di una nuova dinastia e Figlia del Cielo, ovvero sovrana riconosciuta per Mandato Celeste.
Vengono infine trattate le innovazioni e gli interventi nella politica dell’impero che determinarono gli anni di vita della dinastia Zhou, dal 690 fino al 705, anno della sua morte. Il terzo capitolo punta ad inserire la figura dell’imperatrice Wu in un più ampio discorso di relazione tra donne e potere, dimostrando che non fosse tanto impossibile per una donna governare, quanto governare come un imperatore. Tale scopo viene raggiunto tramite una dettagliata analisi di esempi di donne che come lei furono in grado di raggiungere i vertici del potere, rientrando però a differenza sua in quella categoria di casi limite, ovvero le reggenze, per cui il loro regno veniva considerato accettabile in quanto determinato da una implicita subordinazione ad una figura maschile.
In questo vasto panorama, viene prestata particolare attenzione alla figura dell‘imperatrice Cixi che regnò durante la dinastia Qing secondo un’ottica in grado di favorire un confronto con la figura dell’imperatrice Wu. Si è ritenuto così possibile dar vita ad una riflessione, che di certo potrebbe essere ulteriormente approfondita, sulla pesante critica storiografica che figure del calibro dell’imperatrice Wu hanno subito, e che è in gran parte dovuta al fatto di aver osato ciò che una donna non avrebbe mai dovuto osare, ovvero insidiarsi con l’astuzia e con l’ingegno in un ambito caratterizzato dal monopolio della figura maschile, quello dell’amministrazione dell’impero.
“Le galline non dovrebbero annunciare l’alba” è infatti un espressione tratta dal Classico dei Documenti che ricorda che sono i galli ad annunciare l’alba al mattino, non le galline, affermando implicitamente che un sovvertimento dei ruoli “naturali” può generare solo il caos. Questo pregiudizio è stato alla base di molte delle biografie scritte sulla vita dell’imperatrice Wu, che contribuirono ad identificarla come una donna dalle sconfinate ambizioni.
Wu Zhao è stata accusata di orrori indicibili, di aver torturato e fatto a pezzi le sue rivali, l’imperatrice Wang e la consorte Xiao, di aver ucciso un numero considerevole di ministri che le si opponevano nonché i suoi stessi figli, ed il tutto per assicurarsi che il controllo dell’impero cadesse esclusivamente nelle sue mani. Una volta a capo della sua dinastia, gli eventi per cui fu poi maggiormente ricordata furono l’istituzione di un regno del terrore e di una polizia segreta.
Figure del calibro dell’imperatrice Lü e dell’imperatrice Deng Sui della dinastia Han, dell’imperatrice Feng e dell’imperatrice Ling della dinastia dei Wei del nord o dell’imperatrice Cixi sono poi solo alcuni ulteriori esempi di donne che vennero accusate di essere assetate di potere e dannose per la stabilità dell’impero. Spiegare come sia possibile che queste imperatrici siano state così vituperate, significa in parte riconoscere il doppio criterio di giudizio che esisteva in Cina per valutare gli imperatori e le imperatrici, cosa che rende ancora tutt’oggi difficile discernere se molte delle accuse che furono loro mosse, tra cui quelle di essersi macchiate di innumerevoli delitti, di aver favorito azioni di nepotismo e di essere state spesso coinvolte in relazioni illecite con più uomini, siano state realmente fondate o dovute solo alla soggettività di chi le scrisse.
L’unica certezza è che nessuna di queste azioni sarebbe stata così criticata se ne fosse stato responsabile un uomo. Ogni imperatore aveva infatti delle concubine e lo stesso Taizong, il cui regno viene ricordato come fiorente e pacifico, ottenne il potere solo dopo aver costretto il padre ad abdicare e tramite l’uccisione di due suoi fratelli. Di conseguenza, se anche si fossero realmente verificati degli episodi di estrema violenza da parte di queste donne, essa potrebbe in qualche modo essere resa plausibile, anche se di certo non giustificata, tenendo conto di fattori quali un forte desiderio di rivalsa nei confronti di una società come quella cinese ed una maggiore determinazione a distinguersi.
In ogni caso è un dato di fatto che diversi degli studi più recenti sono puntati in gran parte alla riabilitazione di queste indiscutibilmente grandi personalità. Nel caso specifico dell’imperatrice Wu, un’analisi approfondita ha dimostrato quanto il periodo del suo regno non sia stato poi così diverso da quello di tanti imperatori che hanno regnato prima e dopo di lei, permettendo di argomentare che se venisse loro concessa la possibilità le galline potrebbero benissimo anche annunciare l’alba.
*Giulia Proia giulia.proia7[@]gmail.com è nata a Roma nel 1992, dopo il diploma di maturità classica ha conseguito in novembre 2014 la Laurea Triennale presso l’Università degli Studi Roma Tre in Lingue e Mediazione Linguistico Culturale. Nutre un profondo interesse per la storia e la letteratura della Cina.
**Questa tesi è stata discussa presso l’Università degli Studi Roma Tre. Relatore: prof. Mauro Crocenzi