La tesi indaga l’evoluzione del concetto di sicurezza all’interno della disciplina delle Relazioni Internazionali, prendendo in considerazione nello specifico gli aspetti legati alla sicurezza non-tradizionale applicato al caso studio del conflitto tra Cina e India lungo il confine himalayano. Lo scopo della ricerca è quello di misurare la validità di questo approccio applicato ad un contesto conflittuale dominato tipicamente dalla dimensione strategico-militare (detta “tradizionale”)
Partendo dalla presentazione del contesto politico asiatico, la ricerca si focalizza sui cambiamenti della concezione della sicurezza nazionale partendo dalla fine della Guerra Fredda. La caduta del Muro di Berlino e l’intensificarsi di processi globalizzati transnazionali hanno generato infatti minacce non solo multidirezionali ma anche multidimensionali, ovvero, non solo di natura militare. Di conseguenza, la dimensione della sicurezza nazionale si è ampliata affiancando la sicurezza militare con la sicurezza economica, ambientale, energetica, tecnologica e sociale, includendo nuovi attori internazionali non-statali in grado di generare minacce all’integrità dello Stato e concependo nuove tipologie di guerra.
L’analisi del conflitto sino-indiano mostra la validità di questo approccio. I risultati della ricerca mostrano che oltre agli aspetti puramente strategici esistono alcune dinamiche locali e regionali in grado di influenzare l’andamento del conflitto. Due sono le questioni principali: il ruolo delle risorse idriche e dei ghiacciai alpini come barriere e confini naturali colpiti dagli effetti dei cambiamenti climatici e il ruolo del terrorismo islamico e dei movimenti indipendentisti per la loro capacità di generare instabilità in entrambi i Paesi. Nel primo caso, lo scioglimento dei ghiacciai himalayani e la variazione della portata dei fiumi cambiano i confini naturali lungo i quali ha luogo il conflitto (in assenza di confini ufficialmente riconosciuti da entrambi i Paesi) e facilitano il passaggio attraverso passi alpini prima meno accessibili. La correlazione con il conflitto armato è visibile in quanto gli scontri più recenti tra i due eserciti sono localizzati a ridosso di fiumi (ad esempio quello nella valle del fiume Galwan) o a ridosso di valichi (come nel caso del Passo del Karakoram). Nel secondo caso, invece, il terrorismo islamico e i movimenti indipendentisti come quello tibetano rappresentano una fonte di instabilità sia per la Cina sia per l’India. La difesa dei corridoi alpini che permettono il passaggio tra i due Paesi, soprattutto tra la regione dello Xinjiang e del Kashmir, più sensibili al tema del fondamentalismo islamico, e tra l’Arunachal Pradesh e il Tibet, più interessate invece dalla questione tibetana, diventa fondamentale per la protezione della stabilità interna. Anche in questo caso, la localizzazione dei conflitti conferma la connessione con l’aspetto militare.
In conclusione, l’ampliamento del concetto di sicurezza nazionale trova riscontro nella realtà. Permette infatti di allargare lo spettro dell’analisi rendendo più completo lo studio di uno scenario bellico come quello tra Cina e India individuando i collegamenti tra minacce non-tradizionali ed azione militare. In questo modo diventa possibile individuare le possibili evoluzioni future del conflitto e, quindi, delle relazioni tra India e Cina.
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Stefano Pochettino, laureato magistrale in Scienze Internazionali presso l’Università degli Studi di Torino. Recentemente laureato in China Studies presso la Zhejiang University. Attualmente, tirocinante presso la ESIC Business&Marketing School di Valencia.