La tesi Strategie del potere: analisi del concetto di shi nelle fonti cinesi pre-Han si pone l’obiettivo di indagare gli usi del carattere shi nella letteratura militare preimperiale, per poi chiarire il suo significato in ambito politico-filosofico volto a garantire ordine e supremazia militare sin dagli albori della civiltà cinese.
La tesi si incentra sull’analisi del carattere shi 勢 in una selezione di fonti letterarie di epoca preimperiale, ovvero il periodo storico che precede l’unificazione della Cina nel 221 a.C. e la fondazione del primo impero sotto la dinastia Qin.
Shi è un carattere polisemico impiegato in ambito militare per descrivere una serie di circostanze vantaggiose in relazione alle armate nemiche. In virtù della sua ricchezza semantica, non è possibile offrire una traduzione fedele senza ricorrere a una perifrasi. Alla luce di ciò, sono state fornite traduzioni diverse a seconda del contesto, così che la resa nella lingua di arrivo sia fedele al significato originale.
In ambito militare, shi indica lo sfruttamento dei vantaggi per mantenere salda la supremazia bellica, facendosi foriero di una logica della guerra che privilegia i benefici di una corretta strategia piuttosto che lo scontro diretto.
Al fine di comprendere la complessità di questo carattere sono state analizzate cinque fonti militari: Il Sunzi bingfa, il Sun Bin bingfa , il Wuzi, il Weiliaozi e il Liutao.
Attraverso l’analisi si avrà modo di vedere che solo i primi due testi magnificano le qualità intrinseche di shi, mentre nei restanti è trattato alla stregua di un concetto marginale. Il Sunzi bingfa e il Sun Bin bingfa si rivelano quindi indispensabili poiché fanno di shi una delle chiavi di volta del proprio pensiero strategico e filosofico.
Con l’approfondirsi del dibattito sul potere durante il periodo degli Stati Combattenti (453-221 a.C.), shi subisce una trasposizione in ambito politico-filosofico e acquisisce un valore del tutto nuovo, traducendo il vantaggio che un soggetto può esercitare in virtù della propria posizione sociale.
I primi pensatori che esaltano shi fanno parte del novero della cosiddetta scuola legista fajia. A questo proposito sono stati analizzate le ricorrenze nello Shangjunshu e i frammenti delle opere di Shen Buhai e Shen Dao.
Proprio Shen Dao sarà ricordato come l’antesignano di una teoria politica fondata su shi, dove il potere del sovrano in relazione ai propri sudditi è esso stesso una condizione necessaria e sufficiente per governare.
Il dibattito sul potere non restò certamente confinato ai legisti, ma si rivelò un tema ampiamente trattato anche dai confuciani. A questo proposito sono state analizzate le ricorrenze di shi nel Mengzi e nello Xunzi.
L’analisi di questi due testi permette di comprendere le divergenze all’interno della medesima tradizione filosofica, evidenziando l’importanza attribuita a shi all’interno dei dibattiti su potere e moralità.
Come si avrà modo di vedere, questo carattere si prestò bene come punto di mediazione di correnti filosofiche tanto avverse quali il confucianesimo e il legismo.
Shi ricorre raramente nel Mengzi e spesso con un’accezione negativa, mettendo in luce l’incompatibilità di questo concetto con l’ideale di governo confuciano perorato da Mencio: se il sovrano si fosse dedicato alla coltivazione morale, far prosperare il proprio stato sarebbe stato facile quanto girare il palmo della mano e il popolo avrebbe accettato di buon grado il suo governo. Va da sé che in una prospettiva di governo così idilliaca, shi non ha alcuna valenza, proprio perché esprime lo sfruttamento di un vantaggio a detrimento di altri.
Al contrario, Xunzi ammise che shi in quanto “posizione di forza” era una condizione necessaria ma non sufficiente per governare. La sua posizione non era in contrasto con quella di Shen Dao a causa di shi in sé, quanto per il ruolo della moralità all’interno dei rapporti di potere.
In Xunzi, shi è asservito ad un’etica normativa di stampo confuciano. Sfruttare il vantaggio concesso dalla propria posizione è legittimo, purché a servirsene sia un junzi, un uomo esemplare che cerca di ottenere una posizione migliore per estendere la sua influenza.
Se la moralità non fosse anteposta a shi, ne conseguirebbe che i rapporti di potere sarebbero lasciati in balia di sé stessi. Inoltre, complice la natura umana, gli inetti sono sempre la grande maggioranza delle persone mentre i meritevoli sono scarsi; ne consegue che, senza un vincolo morale, i regni dei saggi sovrani saranno sempre un breve intermezzo tra una moltitudine di tirannidi.
Infine, la tesi si conclude con l’analisi delle ricorrenze del carattere shi nello Hanfeizi. Quest’opera, che rappresenta l’apogeo del pensiero legista, si rivela una fonte imprescindibile per l’analisi, poiché tratta shi in maniera estensiva e minuziosa, inserendolo in un dibattito più ampio e coerente sull’arte del governo.
Dal punto di vista di Hanfeizi, nel valurare shi sia i precursori legisti sia i confuciani avevano preso un abbaglio. Le teorie di Shang Yang, Shen Dao e Shen Buhai si rivelarono distinti esempi di amministrazione statale ma erano pur sempre incomplete. Hanfeizi ebbe il merito di sintetizzare le idee dei suoi predecessori e di unirle in una teoria di governo omogenea e coerente.
Shi trae la sua forza dalle istituzioni create dall’uomo, perciò non può essere considerato qualcosa di avulso da fa (“leggi” o “modelli”, fondamento della teoria amministrativa dello Shangjunshu) e da shu (“tecniche di controllo”, teorizzate da Shen Buhai per regolamentare la burocrazia). Perciò nello Hanfeizi, shi ha perso la sua autonomia di cui godeva con Shen Dao, ma la sua posizione resta comunque lontana da quella di Xunzi.
Hanfeizi infatti si trovò a difendere la propria posizione, messa a rischio dai confuciani, dimostrando come moralità e potere si escludono a vicenda. I due non possono coesistere perché, a detta di Hanfeizi, imporre alla popolazione due codici normativi distinti avrebbe solo creato confusione nell’amministrazione della giustizia.
Inoltre, dal suo punto di vista, tutto il dibattito aveva sempre oscillavato tra due posizioni estreme, ovvero i regni di sovrani della levatura di Yao o Shun e i regni di dittatori spietati come Jie e Zhou, senza mai tenere conto delle meccaniche che interessano l’ascesa al potere di figure mediocri.
Una corretta valutazione di shi e delle dinamiche del potere avrebbe permesso quindi una maggiore comprensione dell’arte del governo, volta a garantire ordine e supremazia militare.
*Niccolò Claudini nickclaud88[@]gmail.com è nato ad Arezzo nel 1988. Si è laureato nel 2013 in Lingue e Culture dell’Asia Orientale presso l’Università Ca’ Foscari di Venezia, con una valutazione di 110 e lode. Il suo campo di ricerca riguarda la traduzione delle fonti in lingua cinese classica, la filosofia cinese e la letteratura militare.
**Questa tesi è stata discussa presso l’Università Ca’ Foscari di Venezia. Relatore: prof. Riccardo Fracasso; correlatore: prof. Attilio Andreini.