Il lavoro si focalizza sul mondo delle relazioni tra la Cina e i Paesi coinvolti, concentrandosi in particolar modo sugli accordi col Pakistan per la creazione del Corridoio Economico Cina-Pakistan e su quelli con i Paesi dell’Europa centrale e orientale per la creazione di una piattaforma di cooperazione “16+1”, divenuta recentemente “17+1” in seguito all’ingresso della Grecia. Questa iniziativa ha suscitato molto interesse ma ha anche destato non pochi sospetti. Un progetto politico-economico di tale portata non può essere esente da problematicità: l’instabilità politica e le difficoltà economiche di alcuni Paesi interessati alla Belt and Road Initiative giocano un ruolo fondamentale, così come la percezione dei vantaggi connessi all’adesione all’iniziativa stessa: il livello di cooperazione dei partecipanti tenderebbe a scendere se il beneficio percepito fosse solo a vantaggio di Pechino. Altro elemento di problematicità potrebbe essere rappresentato dall’invasività del progetto. Per questo motivo, il presente lavoro tratterà anche delle reazioni internazionali all’ambiziosa iniziativa cinese.
Nuova Via della Seta: tra Hard Power e Soft Power
1.1 Origini e caratteristiche della Nuova Via della Seta
L’iniziativa One Belt One Road (Yi dai yi lu,一带一路), è un progetto promosso nel 2013 dall’attuale Presidente della Repubblica Popolare Cinese Xi Jinping (习近平), quando questi, trovandosi in Kazakistan per una visita di Stato, lo lanciò sotto il nome di Belt and Road Initiative (da ora in poi abbreviata in BRI). Tale iniziativa è suddivisa in due distinte vie: la Silk Road Economic Belt (sichou zhi lu jingji dai, 丝绸之路经济带) e la Maritime Silk Road Initiative of the 21st Century (21 shiji haishang sichou zi lu, 21 世纪海上丝绸之路 ), rese in italiano come “rotta economica della via della seta” e “via della seta marittima del XXI secolo”. Il nome dell’intero progetto è stato tradotto in Italia come “Nuova Via della Seta”; proprio dalla traduzione si può notare l’esplicito e volontario riferimento a
quell’antica via, anch’essa chiamata “della seta”, che collegava la città di Chang’an (l’attuale Xi’an, 西 安 ) a Istanbul, passando per il deserto del Taklamakan fino alla regione centroasiatica di Samarcanda. A tal proposito, nel
2017 il presidente Xi Jinping ha dichiarato:
Oltre 2000 anni fa i nostri antenati percorsero vaste steppe e deserti aprendo il passaggio transcontinentale che collega Asia, Europa ed Africa, conosciuto oggi come la via della Seta. I nostri antenati, navigando in acque difficili, crearono rotte marittime per collegare l’Oriente con l’Occidente, la Via della seta marittima. Queste antiche rotte della seta aprirono rapporti amichevoli tra le nazioni, aggiungendo un capitolo splendido alla storia del progresso umano.
Prima di trattare le motivazioni di questo progetto, bisogna comprendere che la Cina sta caricando sulle proprie spalle una responsabilità che, senza esagerare, potremmo definire “globale” in quanto l’iniziativa BRI coinvolge più di sessanta Paesi distribuiti in Asia, Medio Oriente, Africa ed Europa; dunque cosa ha spinto il governo cinese a pianificare la BRI? La risposta va ricercata nel passato, infatti così come l’antica via della seta collegava le aree sopracitate per motivazioni principalmente commerciali, la proposta odierna è quella di costruire una serie di collegamenti infrastrutturali al fine di favorire degli scambi import-export tra la Cina e i Paesi coinvolti, attuando così una politica “win-win” , in cui tutti i partecipanti guadagneranno qualcosa. È ovvio che, per intraprendere un’iniziativa di tale portata, è necessario stanziare un capitale talmente vasto da far sbigottire gran parte della popolazione mondiale; quindi, dove vengono trovate le finanze per far sì che la pianificazione di questo progetto abbia successo? Sono stati creati diversi fondi affinché la costruzione di infrastrutture nella BRI venga messa in atto e, qui di seguito, saranno elencati i due principali. Da una parte abbiamo la Asian Infrastructure Investment Bank (Yazhou jichu sheshi touzi yinhang, 亚洲基础设施投资银行) da ora in poi abbreviata in AIIB, operativa dal 16 gennaio 2016. La AIIB è composta da 56 Paesi membri, divisi in 37 membri regionali (tra cui Cina, India e Singapore) e 19 membri non regionali (tra cui Francia, Germania e Regno Unito), i quali hanno depositato al suo interno una cifra vicino ai 100 miliardi di dollari americani. Nella figura 1 possiamo osservare l’ammontare di capitale versato nel fondo dai vari Paesi partecipanti.
D’altra parte abbiamo il Silk Road Fund (Silu jijin 丝路基金), detenuto dal governo cinese, che ha stanziato per questo fondo una cifra di 40 miliardi di dollari americani e, così come per la AIIB, la sua funzione principale è quella di assicurare la costruzione di infrastrutture che collegheranno i Paesi lungo la Nuova Via della Seta, garantendo inoltre uno sviluppo di risorse e una cooperazione finanziaria.7
1.2 Il Soft Power nella Nuova Via della Seta
Gli accordi politici ed economici della Nuova Via della Seta sono fondamentali, tuttavia, per la sua riuscita, è necessario che i vari Paesi a essa collegata abbiano un rapporto di fiducia e di conoscenza reciproca, altrimenti il processo materiale (con cui si intende la vera e propria costruzione infrastrutturale) fallirà miseramente. Possiamo quindi affermare che questo processo materiale deve essere necessariamente a stretto contatto con un processo che, a questo punto, potremmo definire “spirituale”: l’uno non può fare a meno dell’altro. A tal proposito la BRI implica delle azioni di soft power, termine coniato dal politologo Joseph S. Nye, il quale asserisce: Il soft power è l’abilità di ottenere ciò che si vuole attraverso la persuasione e non la coercizione. Esso deriva dall’attrazione della cultura di un paese, dai suoi ideali politici e dalle sue regole. Collegando la definizione sopracitata all’iniziativa BRI, si vuol far capire che uno degli obbiettivi principali della Cina, è quello di promuovere la cultura e l’immagine cinese attraverso la lingua, le conferenze o altri eventi culturali; usare questi strumenti sarà il modo più efficace per avvicinare i Paesi, con la speranza che le loro popolazioni possano stringere sinceri legami d’amicizia, aumentando gli scambi interculturali e soprattutto lo scambio di idee al fine di migliorare o, per meglio dire, creare una stabilità mondiale che possa durare nel lungo termine.
1.3 Hard Power: investimenti infrastrutturali
Eraclito sosteneva che il mondo si basava sull’interdipendenza di due concetti opposti: amore e odio, bianco e nero e via dicendo… seguendo la sua linea di pensiero, si comprenderà facilmente che, se esistono degli elementi di soft power, allora ne troveremo anche di hard power11. Nel paragrafo precedente, si è voluto sottolineare l’aspetto più “spirituale” e più astratto della BRI; queste righe invece, saranno dedicate all’aspetto più materiale dell’iniziativa. Bisogna dire infatti, che gli elementi di hard power si concentrano sulla costruzione e sulla difesa delle infrastrutture transnazionali, sullo sviluppo e sulla cooperazione nel commercio.12 Come già anticipato all’inizio del capitolo, il progetto BRI è stato suddiviso in due diverse vie: la Silk Road Economic Belt e la Maritime Silk Road Initiative of the 21st Century. La prima riguarda la costruzione di infrastrutture via terra. A tal proposito, sono stati creati una serie di “corridoi economici” terrestri che permettono la cooperazione economica tra la Cina e gli altri Paesi partecipanti. Uno dei più importanti è il China-Pakistan Economic Corridor, che verrà approfondito più specificatamente nel capitolo successivo. Altri esempi invece sono il China-Mongolia-Russia Economic Corridor, il China-Central Asia-West Asia Economic Corridor, il China-Indochina Peninsula Economic Corridor, il Bangladesh-China-India-Myanmar Economic Corridor e infine il The New Eurasia Land Bridge Economic Corridor. Quest’ultimo è una ferrovia che parte da Lianyungang (连云港), nel Jiangsu (江苏), e dopo aver attraversato Kazakistan, Russia, Polonia e Germania, si ferma a Rotterdam, in Olanda.
La via della seta marittima del XXI secolo, come si può intuire dal nome, riguarda la costruzione di infrastrutture via mare. Il suo obbiettivo principale è quello di raggiungere il mar Mediterraneo passando dall’Asia sudorientale e dall’Oceano Indiano. La Cina è infatti responsabile del 10% del commercio di beni in tutto il mondo e la maggior parte di queste merci viene trasportata per via navale. Oltretutto, la Cina è il primo Paese al mondo per costruzione di navi, inutile dire quindi, che la creazione di rotte marittime sia alquanto fondamentale per lo sviluppo della Nuova Via della Seta.15 Ma non ci si è voluti fermare alla singola progettazione di nuovi itinerari, per questo motivo tra maggio 2015 e giugno 2017, la China Ocean Shipping Company, una compagnia statale cinese, ha investito oltre 3 miliardi di dollari americani per avere dei punti di attracco in diversi porti, tra cui quello di Valencia, Bilbao, Rotterdam e soprattutto quello di Atene, che sarà oggetto di discussione del terzo capitolo.16 Anche il nostro Paese sarà coinvolto nell’iniziativa, infatti il 23 marzo 2019 è stato firmato un memorandum d’intesa tra il Governo italiano e quello cinese. Nel comma 2 del secondo paragrafo si può leggere che:
Le Parti esprimono il loro interesse a sviluppare sinergie tra l’iniziativa “Belt and Road”, il sistema italiano di trasporti ed infrastrutture -quali, ad esempio, strade, ferrovie, ponti, aviazione civile e porti- e le Reti di Trasporto Trans-europee (TEN-T). […] Le Parti collaboreranno al fine di facilitare lo sdoganamento delle merci, rafforzando la cooperazione per trovare soluzioni di trasporto sostenibile, sicuro e digitale, nonché nei relativi piani di investimento e finanziamento.
È importante ricordare che, comunque sia, un memorandum d’intesa è solamente un documento che non rappresenta un accordo internazionale e che, per la sua genericità e per la sua natura, non ha effetto vincolante tra le parti (nel testo si dice infatti che “nessuna delle disposizioni del presente memorandum deve essere interpretato ed applicato come un obbligo giuridico o finanziario o impegno per le Parti”).18 Per quanto la BRI abbia riscosso molto successo sia in Cina che nei vari Paesi coinvolti, sembra che alcuni capi di Stato, come il Primo Ministro Malese Mahathir Mohamad, non siano del tutto favorevoli a tale iniziativa, arrivando ad accusare il presidente Xi Jinping e il suo governo di una nuova forma di colonialismo, soprattutto nel continente africano per il quale il presidente della RPC ha voluto stanziare una cifra di 60 miliardi di dollari da distribuire nei prossimi tre anni. Anche il Governo Trump ha esposto le sue preoccupazioni a riguardo, vedendo minacciato il suo primato mondiale sul commercio poiché gran parte dei Paesi dell’Unione Europea sono coinvolti nel progetto. Proprio per questo motivo, gli U.S.A hanno minacciato gli Stati europei che, nel caso in cui prendano parte all’iniziativa, i servizi segreti americani non condivideranno più le attività di intelligence che, senza alcun dubbio, risultano fondamentali per la sicurezza nazionale di ogni Paese. Ad ogni modo, Xi Jinping ha voluto ribadire che la BRI si baserà pienamente su un’ampia consultazione e su benefici congiunti, tornando così a quell’idea politica “win-win” illustrata all’inizio del capitolo, nella speranza che le sue parole non siano mera retorica.
[Qui per leggere la tesi integrale]*Francesco Murgo, siciliano di Grammichele, in provincia di Catania, ha conseguito la laurea triennale in Lingue e Culture dell’Asia e dell’Africa all’Università di Torino. Attualmente studia Scienze Internazionali (laurea magistrale), profilo China and Global Studies, presso l’università di Torino.
**Questa tesi è stata discussa presso l’Università degli Studi di Torino nell’anno accedemico 2018/2019 con il titolo “La nuova via della seta e le grandi infrastrutture”. Relatore: prof.ssa Stefania Stafutti