Quali sono i canali preferiti per la commercializzazione del vino italiano in Cina? La tesi The entry modes of the Italian Wine in the Chinese market: pros & cons vuole ha studiato come migliorare l’entrata e il consolidamento del prodotto vino nel mercato cinese. Nelle negoziazioni con la controparte, tre cose sono necessarie: pazienza, pazienza e, se non bastasse, pazienza.
La ricerca è stata condotta analizzando la letteratura esistente sull’argomento, come ricerche sulle tendenze del consumatore cinese verso il vino occidentale e la crescita della produzione e della qualità delle produzioni autoctone, come quelle Yunnan nella Cina meridionale.
Per quanto riguarda il mercato italiano, negli ultimi anni, molti produttori si sono interessati al mercato cinese stimolando una risposta reciproca dall’altro lato. Tuttavia, sebbene l’informazione si sia prodigata nella promozione del fenomeno (da giornali specializzati a stampa generalista) i risultati dei rapporti commerciali sono deludenti.
E’ vero che il volume di vendite di vino italiano in Cina è aumentato ma la quota di mercato si è dimezzata, come riportato da Nomisma citando i dati relativi al decennio 2001-2011. Perciò, se il mercato cinese, come previsto, diventerà uno dei maggiori mercati di consumo negli anni venturi è necessario che tali quote risalgano a livelli precedenti se non addirittura superino gli stessi. Con questa premessa, la ricerca si è svolta cercando di individuare le migliori modalità di commercializzazione del prodotto sul mercato orientale.
La ricerca
Il processo di ricerca ha visto impegnato l’autore e dieci soggetti che rimarranno anonimi all’interno della ricerca e di questo riassunto. Nove di loro sono produttori di vino provenienti da differenti regioni italiane e uno è un promotore del prodotto. A questi soggetti è stata sottoposta una lista di nove domande che esploravano: i motivi dei rapporti commerciali con la Cina; come sono stati contattati i clienti e le modalità di vendita del prodotto sul mercato cinese. Queste macro-aree sono state utili nella classificazione degli argomenti e nella loro analisi.
Le domande sono state sottoposte via mail o via telefonica, trovando un supporto positivo da parte di tutti i partecipanti. La diversità geografica dei partecipanti (Puglia, Veneto, Toscana, Abbruzzo, Piemonte) ha permesso di dare una visione di insieme al tempo stesso uniforme e variegata, dando spazio sia alle pratiche commerciali simili che a quelle differenti. Anche le aziende contattate sono abbastanza differenti tra di loro.
Hanno partecipato aziende che commerciano da più di un decennio con la Cina, altri che hanno meno di cinque anni di esperienza. Tutte, ad ogni modo, hanno evidenziato degli aspetti comuni nel processo di esportazione. Questi elementi sono la parte centrale della prossima sezione.
I risultati
Tutte le aziende contattate hanno dimostrato interesse per il mercato cinese, sono consapevoli delle potenzialità del mercato sia sul breve che sul lungo termine, evidenziandone la crescita della classe media e delle sue capacità di acquisto. Allo stesso tempo, sono d’accordo sul fatto che il cliente cinese è scarsamente preparato sull’argomento, in un paese dove il 91% del mercato dell’alcool è dominato dalla birra è lecito pensare che la cultura del vino sia ancora distante dallo stabilirsi.
Tale “ignoranza” non è riscontrata solo al livello del consumo ma anche alla fornitura, laddove il contatto cinese si occupa di acquistare il prodotto ma poi non ha le idee molto chiare in termini di commercializzazione efficace interna. Le cause sono molteplici: si va, appunto, da una scarsa conoscenza del prodotto a la mancanza di canali “forti” di distribuzione.
Il vino italiano non riesce a imporsi come quello francese data la mancanza di grandi catene commerciali o alberghiere o di ristorazione, anche in molti casi alla mancanza di accordi con questi ultimi. A questo si aggiunga anche una scarsa interazione con le entità polito-commerciali nazionali presenti in Cina. Infatti, i rapporti con le ambasciate, consolati e camere di commercio non vanno oltre la burocrazia iniziale senza molto supporto prima, durante e dopo i rapporti commerciali con le controparti cinesi. In tal senso è auspicabile che questi rapporti crescano, rivolgendosi anche alle istituzioni politiche cinesi presenti in Italia.
Per quanto riguarda la penetrazione commerciale, anche qui la maggioranza degli interpellati è scettica riguardo all’investimento nell’ambito produttivo, trovando invece un buon riscontro nell’investimento nel settore distributivo. Per quanto riguarda il settore produttivo è accettabile che la peculiarità del prodotto italiano è legata indissolubilmente alla ricchezza ampelografica.
Ad ogni modo è necessario ricordare qui che il concorrente maggiore, ovvero i francesi, hanno da tempo investito notevolmente nella produzione locale. Baron De Rotschild e Don Perignon hanno investito importanti capitali nelle vigne dello Yunnan, nella regione meridionale della Cina. Il prodotto è franco-cinese ed è rivenduto tramite una partnership (che è l’unico modo possibile per investire in tale settore).
Al momento è ancora presto per trarre un risultato dato che entrambi gli investimenti sono molto recenti (2012), ma è sicuramente interessante vedere che il mercato sta già evolvendosi, dando spazio a nuovi esperimenti con produzioni ibride. Inoltre va sottolineato che queste due case francesi hanno alle loro spalle fondi di investimento notevoli e sarebbe difficile per un produttore italiano, al momento, trovare sia il giusto partner che investimenti.
L’investimento nel settore distributivo potrebbe vedere impegnati vari produttori potrebbe essere quello più adatto al prodotto, se fatto con accortezza: presentare i vini da soli potrebbe non dare gli stessi risultati che non farlo insieme ad altri prodotti italiani. Presentare l’Italia in maniera collettiva, come stile di vita, è una strategia più efficace in un mercato in cui ancora il prodotto è poco conosciuto. Allo stesso modo, l’adattamento ai costumi locali è una strategia adatta ad entrare in un mercato che è in rapido mutamento ma che rimane comunque fortemente legato alla propria identità storica.
Quindi, promuovere il vino non solo con cibo italiano ma anche adattarlo alla ricca cucina locale potrebbe rivelarsi efficace. È da tenere in conto la cultura locale in ogni fase dell’entrata, nelle negoziazioni con la controparte cinese, tre cose sono necessarie: pazienza, pazienza e, se non bastasse, pazienza.
La vostra controparte raramente dimostrerà apertamente quello che pensa durante la negoziazione, di solito non prenderà mai la decisione al momento stesso, anzi a volte vi troverete a negoziare con delegati che non hanno alcun potere decisionale, limitandosi a riferire i termini ai loro superiori. Inoltre se cercate di entrare individualmente, non sperate di concludere subito, oltre a una percezione temporale molto più dilatata della nostra, il cliente cinese preferisce trattare in maniera collettiva, apprezzando poco un approccio individualistico alla negoziazione.
Conclusione
Il mercato cinese è pieno di occasioni, si stima che nei prossimi dieci anni 250 milioni di persone si sposteranno dalla campagna in città, andando a far parte di quella classe media urbana che già densamente popola le zone orientali del paese. La nuova classe dirigente del paese, guidata la Xi Jinping ha deciso di combattere contro lo stile di vita dispendioso dei dirigenti del partito, un fenomeno che molto ha aiutato nel passato la diffusione di prodotti come il vino europeo in Cina.
Ad ogni modo, tale campagna sarà poco efficace visto che ormai il consumatore cinese è già cosciente del mercato in cui si muove. Per quanto riguarda il vino, tale prodotto si prepara a diventare un prodotto di largo consumo all’interno della grande distribuzione. In questo contesto, il vino italiano ha sia le qualità che le quantità per fare bene.
Purtroppo mancano alcuni fattori determinanti: per esempio, manca l’appoggio politico (anzi, volte sono più gli ostacoli posti che le agevolazioni); manca una conoscenza reciproca del mercato e del prodotto, sia da parte del produttore del mercato, sia dell’importatore del prodotto; manca la consapevolezza culturale della controparte, negoziare con il cliente cinese richiede tempo, ricchezza di informazioni e pazienza, oltre naturalmente a una elementare, ma sempre ben accolta, conoscenza linguistica e culturale.
Ultimo commento sulla nuova generazione di clienti: saranno sempre più informati, conosceranno molto meglio l’inglese e saranno molto più presenti su internet, per poter intercettare anche questo tipo di domanda sarà necessario agire di conseguenza. L’augurio è quello che il vino italiano nello spazio di pochi anni arrivi a competere efficacemente con tutti i vini presenti in Cina, da quelli europei fino a quelli locali.
*Fabio Zacà, fabiozaca86[@]gmail.com, nato a Gallipoli nel 1986, compie studi e ricerche a Trento, Nimega (Paesi Bassi), Penang (Malesia), Sheffield (Regno Unito) e Pechino per Lingue, Relazioni Internazionali ed Economia Asiatica. Musicista, Radiofonico, amante della prog Italiana e del tofu. Al momento asistente marketing presso Dezan Shira & Associates a Pechino.
**Questa tesi è stata discussa presso l’University of Sheffield – School of East Asian Studies. Relatore prof.ssa Yu Chen.
[La foto di copertina è di Federica Festagallo]