La tesi Il sogno di uno «stato vicino all’Artico». La Repubblica popolare cinese nella nuova questione del Polo Nord esamina l’attenzione che la Cina popolare mostra nei confronti della regione artica e cerca di fare luce sulle reali motivazioni che l’hanno spronata a spingersi verso un’area che apparentemente non le compete con uno spirito strategico. L’obiettivo è stato quello di dimostrare che, a dispetto del silenzio ufficiale, la Repubblica popolare cinese (Rpc) sta componendo una propria politica per l’Artico, finalizzata al soddisfacimento di interessi collegati alla cristallizzazione del sogno cinese.
Nel corso del lavoro, infine, sono stati ricercati e riordinati i pezzi di quello che può essere definito come un puzzle cinese dei ghiacci, ovvero una silente e non ufficiale strategia attraverso cui l’ex Impero di mezzo è riuscito ad inserirsi di diritto nella gestione di quella che ormai si sta affermando come una nuova questione della geopolitica mondiale.[Qui la prima parte]
Il terzo capitolo del lavoro ospita un focus sulla questione artica, al fine di identificarne cause, caratteristiche e conseguenze. In seguito alla trasformazione climatico-ambientale subita e generata dall’amara realtà del surriscaldamento globale, l’Artide sta conoscendo una nuova era, trasformandosi da «periferia dell’insediamento umano» a polo cruciale della geopolitica mondiale.
Ciò si deve in particolare al graduale cambiamento dell’Oceano Artico che non si presenta più come una vasta distesa ghiacciata. Nell’estate del 2007, prima, e in quella del 2012, poi, tale bacino oceanico era completamente libero dai ghiacci, un processo che sembra irreversibile tanto che alcuni scienziati parlano di un oceano finalmente accessibile entro questo secolo. La trasformazione dell’Artico è foriera di un vasto insieme di problematiche climatiche, economiche, politiche e sociali che minano la stabilità degli attori regionali, ma anche quella di soggetti esterni all’area, Pechino inclusa. Il surriscaldamento globale e il fenomeno della scomparsa della banchisa polare artica si affermano come una sfida aperta che minaccia in egual misura tutte le nazioni del mondo.
Oltre a questa sfida, la regione riserva, però, anche delle straordinarie opportunità: il «forziere dell’Artico» è stato finalmente aperto. I fondali oceanici polari sono custodi generosi di petrolio e gas naturale e si riscoprono come un «Medio Oriente nordico», contenitore di circa il 22 per cento delle risorse energetiche mondiali.
Accanto a tali tesori energetici, si ritrovano anche quelli marittimi: le acque artiche possono essere sfruttate, almeno nei mesi estivi, per il trasporto marittimo internazionale. Le tre rotte percorribili, rispettivamente il Passaggio a Nord-Ovest, il Passaggio a Nord-Est e la Rotta Transpolare, permetterebbero di ridurre le distanze tra i principali porti europei, americani e asiatici.
La scoperta di tali ricchezze ha stuzzicato gli appetiti di molti soggetti della comunità internazionale e ha innescato una vera e propria corsa ai tesori artici, alla cui testa si collocano gli stati costieri dell’area. Stati Uniti, Norvegia, Danimarca, Canada e Federazione Russa si ritrovano coinvolti in vecchie dispute territoriali marittime e competono per estendere la rispettiva sovranità sulle acque oceaniche nordiche.
In definitiva, la trasformazione climatica dell’area, l’apertura del forziere nordico e la conseguente prontezza di alcuni attori locali nel volersi appropriare di quei tesori sono l’essenza della questione artica, una commistione di problemi ambientali, economici, politici e giuridici che richiedono il coinvolgimento dell’intera comunità internazionale.
Il quarto e ultimo capitolo del lavoro prende in esame i reali motivi e gli interessi che legano la Cina al Polo Nord. Si tratta di interessi scientifici, energetici, marittimi ed economici, direttamente collegati alle massime ambizioni del gigante asiatico. La Cina non nasconde le proprie preoccupazioni per la drastica fusione dei ghiacci nordici e, tantomeno, il proprio entusiasmo per quelle ricchezze finalmente svelate.
Il motivo più energico per guardare a Nord in chiave strategica può essere ricercato nella necessità di alimentare e proteggere il «sogno cinese». Se per un verso, la sfida climatica lanciata dell’Artico è capace di minare i progetti per il futuro della Rpc, creando, per esempio, anomalie nel clima che si ripercuotono sul benessere sociale ed economico nazionali, per l’altro, la disponibilità di idrocarburi e di rotte marittime offre un importante supporto nel fronteggiare quelle problematiche croniche, energetica e marittima, che possono ledere il terzo interesse fondamentale, minare la legittimità del Pcc e ostacolare, di conseguenza, il «grande rinnovo della nazione».
In effetti, il «Medio Oriente nordico» sarebbe una fonte di approvvigionamento complementare indispensabile per la sicurezza marittima cinese, mentre le rotte artiche, specie il già testato Passaggio a Nord- Est, potrebbero potenziare la politica della sicurezza marittima.
Pur riconoscendo il valore strategico del Polo Nord e avendo mostrato un’attenzione concreta al riguardo, la Rpc non ha ancora provveduto a elaborare ufficialmente una propria politica artica. In questo contesto si è optato per il basso profilo, scelta volta ad evitare di assumere una posizione troppo aperta, capace di spaventare le nazioni circumpolari. Nonostante il silenzio formale, Pechino ha compiuto, però, dei passi importanti, dei veri e propri pezzi di un puzzle cinese dei ghiacci che attestano l’esistenza di una concreta strategia artica. L’obiettivo ultimo della tesi consisteva, appunto, nel ritrovare e riordinare tali elementi.
Il primo è dato dalla scelta ufficiale di elevarsi a stato vicino all’Artico, al fine di dimostrare un legame con la regione e di legittimare il proprio coinvolgimento nella governance circumpolare. La Cina non appartiene alla geografia dell’Estremo Nord e ciò rende difficile far valere i suoi interessi. Una difficoltà che si complica soprattutto perché alcuni stati regionali, Russia in primis, vogliono primeggiare nella gestione degli affari dell’area. Elevandosi a stato vicino all’Artico la Rpc ha inteso dimostrare che essere esterni alla frontiera nordica non significa essere estranei: essa è minacciata dalle stesse sfide che minano gli stati regionali e condizionata dalle stesse opportunità offerte dai tesori dell’area.
La Cina è vicina al Polo Nord sotto il profilo climatico, economico, politico e sociale, ma anche sotto quello giuridico in quanto essa è parte contraente del Trattato delle isole Svalbard e ha ratificato la Convenzione di Montego Bay. In virtù di tale vicinanza, perciò, Pechino non solo è pienamente coinvolta nella questione artica, ma è anche pronta a collaborare con le nazioni nordiche per fronteggiare le sfide dell’area e per godere al meglio dei suoi tesori.
Tra gli altri elementi si ritrova, poi, il dibattito interno sul valore strategico dell’Artico che ha coinvolto, in primis, l’intellighenzia cinese, ma anche esponenti dell’Esercito popolare di liberazione. Un coro di voci che richiama il governo centrale, auspicando all’adozione di una politica artica ufficiale per rafforzare la posizione cinese nella regione e per poter soddisfare al meglio gli interessi nazionali.
È possibile identificare, inoltre, la diplomazia scientifica: gli scienziati cinesi collaborano con i colleghi dell’Estremo Nord per approfondire le conoscenze sul clima e sugli ambienti artici; una collaborazione proficua che nasce negli anni ’90 e che ha aiutato la Cina a costruire un bagaglio scientifico rilevante, nonché una solida presenza sull’area.
Un ulteriore elemento si ritrova nella diplomazia energetica e delle risorse, grazie a cui la Rpc si assicura il godimento degli idrocarburi artici e che ha applicato con successo in Islanda, in Danimarca/Groenlandia e in Russia.
Il puzzle si completa con il corteggiamento rivolto alle nazioni dell’area, giocato sul fronte del bilateralismo con l’intento di approfondire i legami economici con questi paesi. Grazie a ciò, la Cina ha stretto buoni rapporti con tutte, o quasi, le nazioni dell’area, ottenendo il sostegno necessario al suo ingresso presso il Consiglio Artico. Tra tutte, l’Islanda è la nazione che ha manifestato l’entusiasmo maggiore per il coinvolgimento cinese negli affari artici, specie in seguito all’accordo di libero scambio concluso nel 2013 che ha elevato il livello delle relazioni economiche tra i due paesi.
In questo corteggiamento Pechino non ha di certo dimenticato la Russia, il più grande «padrone» dell’area sotto il profilo territoriale, demografico, energetico e marittimo. La conquista di Mosca non è stata semplice, giacché essa è sensibile riguardo all’emergente status globale della Rpc, conscia che la loro partnership è piuttosto asimmetrica e pende per il compagno cinese. Ciò nonostante, i due paesi stanno collaborando per sfruttare i tesori energetici e quelli marittimi artici che si trovano sotto la giurisdizione russa.
Gli elementi delineati sono dunque l’essenza del piano cinese per l’Estremo Nord, i quali, uniti al mantenimento del basso profilo, hanno permesso a Pechino di conquistare la fiducia della comunità nordica e di farsi accettare come un nuovo attore della governance circumpolare. In questo contesto, l’acquisizione del titolo di «osservatore permanente» presso il Consiglio Artico svolge il ruolo di collante del puzzle. Pur senza diritto di voto, tale strumento è fondamentale perché, assicurando la propria presenza nella gestione della questione artica, la Cina può proteggere e soddisfare quegli interessi che, insieme al suo «sogno», l’hanno spinta ad elevarsi a stato vicino all’Artico.
L’ingresso della Cina popolare nel Consiglio Artico segna l’inizio ufficiale di un’era cinese nell’Estremo Nord. Un nuovo periodo che è ancora ad uno stadio iniziale e, quindi, occorrerà del tempo affinché quel puzzle silenziosamente composto sia presentato formalmente. Preme sottolineare, infatti, che il Polo Nord, seppur importante, non rappresenta ancora una priorità della politica estera di Pechino. Ciò è stato confermato anche dal professor Guo Peiqing dell’Università Oceanica di Qingdao, esperto delle questioni politiche e giuridiche dell’Artico, il quale alla mia domanda «lei crede che la Cina presenterà presto una politica ufficiale per il Polo Nord?», ha risposto di no, precisando, però, che «la Cina ha bisogno di più tempo per imparare e capire l’Artico».
* Costanza Loddo, (costanza.loddo[at]gmail.com), è nata a Cagliari nel 1985. Ha conseguito la laurea magistrale presso l’Università degli Studi di Cagliari in Governance e Sistema Globale nel marzo 2015. Profondamente innamorata della storia e della cultura della Cina, spera di unire il suo sogno a quello cinese.
** Questa tesi è stata discussa il 20/03/2015 presso l’Università degli Studi di Cagliari. Relatrice: Prof.ss Barbara Onnis.