La tesi Il Maoismo nella sinistra e nella destra extraparlamentare italiana , 1960-1979, esamina alcuni dei principali momenti della dittatura di Mao Zedong ed i più importanti assunti della teoria maoista con l’obiettivo di dimostrare come questi abbiano influenzato il pensiero e la politica della sinistra e della destra extraparlamentare italiana, durante gli anni ’60 e ’70 del Novecento. Dopo l’introduzione al pensiero maoista della prima parte, qui sotto l’approfondimento dettagliato delle influenze maoiste in riviste e gruppi extraparlamentari di sinistra e destra, fino all’ossimoro del Nazi-Maoismo.[Qui la prima parte]
L’emergere del terrorismo corrisponde a quel particolare momento di vuoto di valori, derivante dall’intenso sviluppo economico (conseguente al boom industriale degli anni ’60) ed esasperato, poi, dall’incompleta transizione da una società rurale ad una industriale, situazione in cui la violenza eversiva avrebbe trovato terreno fertile. Alla fragilità strutturale si aggiunga anche quella politica, dovuta alla scarsa legittimazione del suo principale rappresentante nel sistema dei partiti, il Pci.
Questo “stallo” vissuto dal sistema italiano si è concretizzato in tre principali fenomeni: l’assenza di una vera alternanza governativa, l’instabilità politica determinata anche dalla fragilità delle coalizioni e il malcontento sociale in seguito all’incorporazione del Pci nell’area di governo.
In Italia gli anni Sessanta, costituirono un momento di mobilitazione di massa senza precedenti. Nel primo periodo, le forme violente furono per lo più episodiche, degenerazioni occasionali, spesso conseguenti a interventi maldestri da parte della Polizia. Solo con l’aumento degli attori sociali che prendevano parte alla protesta, si verificò un uso più sistematico della violenza, spiegata come risultato della competizione tra gruppi politici. È all’interno degli atenei che la protesta aveva preso il via; la trasformazione dell’università, da forma d’istruzione elitaria a modello di massa, aveva messo in luce l’arretratezza del sistema d’istruzione italiano. La protesta all’interno del mondo universitario si estese poi anche ad altri ambiti sociali, prima fra tutti la classe operaia, che si trovava nello stesso stato di ritardo rispetto agli altri paesi europei. Il sodalizio tra studenti e operai è un caso unico nel panorama europeo ed è tra le più importanti peculiarità del caso italiano.
Per comprendere come si arrivò alla violenza, occorre fissare cronologicamente alcuni eventi caratterizzanti, interni al periodo storico e alla fase socio-politica che attraversava l’Italia dopo la metà degli anni ’60. Almeno quattro sono gli eventi simbolo che scandiscono la prima fase:
1) 28 aprile 1966, morte di Paolo Rossi;
2) novembre del 1967, quando ebbero luogo una serie a catena di occupazioni delle sedi universitarie;
3) Roma il 1° marzo 1968, entrato nella storia come la “Battaglia di Valle Giulia”;
4) Milano, Banca Nazionale dell’Agricoltura in Piazza Fontana, il 12 dicembre 1969. Era iniziata quella che tutti conosciamo come “strategia della tensione”( una strategia politica da realizzare mediante un disegno eversivo, tesa alla destabilizzazione o al disfacimento di equilibri precostituiti).
Prima di passare all’analisi dettagliata dei singoli movimenti sia di destra sia di sinistra extraparlamentare italiana, è interessante soffermarsi su un aspetto particolare: guardare la Cina attraverso gli occhi di molti intellettuali che, come moderni Marco Polo, hanno riportato le loro esperienze di viaggio in Oriente e ne hanno realizzato opere di grande valore storico e culturale. Proprio attraverso la narrazione delle esperienze di viaggio in Cina, personaggi come Simone De Beauvoir, Moravia, Parise, Leys hanno contribuito a portare il mito di Mao Zedong e del maoismo in Italia.
Sono numerosi i movimenti nati alla sinistra del Partito Comunista e del Partito Socialista, all’epoca rappresentanti parlamentari dell’ala della sinistra italiana. Quali sono i motivi e le cause che hanno portato alla creazione di questi movimenti? Come hanno sviluppato la loro linea politica?
Si può rispondere a queste domande rifacendosi ad alcuni assunti della teoria maoista calandoli nel contesto italiano. Con intento di chiarezza, i movimenti politici presi in analisi sono stati divisi in cinque gruppi per poterne comprendere le finalità e renderle più lineari possibili.
I maoisti autentici: la caratteristica fondamentale che unisce tutte le riviste e le organizzazioni inserite in questo insieme, è quella di non prendere “sulla fiducia” il pensiero di Mao e le tematiche provenienti dalla Rivoluzione Culturale, dimostrando una propensione alla ricerca e allo studio continuo. Ne fanno parte: Quaderni Rossi, Quaderni Piacentini, Monthly Rewiew, Avanguardia Operaia e il Manifesto.
L’unione dei comunisti italiani: movimento che costituisce un gruppo isolato che prese il maoismo come un dogma religioso, dandone quindi una lettura del tutto personale e spesso falsata e amplificata.
I marxisti-leninisti classici: composto dalle Edizioni Oriente, il giornale Nuova Unità, il Partito Comunista d’Italia (marxista-leninista), la Federazione Marxista Leninista di Italia; rappresenta quel nucleo sorto agli inizi del ’60 che contestava esplicitamente la svolta promossa da Krusciov nel 1956 e soprattutto il fiancheggiamento a questa linea da parte del Pci.
Mao nelle Università: analizza il movimento studentesco italiano analizzando nello specifico Movimento Studentesco della Statale di Milano e Lotta Continua; l’avvicinamento alla Rivoluzione Culturale e a Mao significò per il movimento studentesco venire a contatto con un modello e un pensiero fino all’epoca quasi sconosciuto, interpretato come soggetto antistalinista, libertario e come alternativa al modello sovietico e statunitense. Il maoismo rappresentò la spinta per rivoluzionarsi continuamente, ininterrottamente, e provocare delle rotture con l’ordine costituito.
Gli Intermedi: costituito dalle riviste Vento dell’Est e Lavoro Politico. Possiede caratteristiche proprie di almeno due dei nuclei individuati, ed è per questo che si è deciso di nominarli "Gli Intermedi"’ in quanto più permeabili di altre alle numerose sollecitazioni e stimoli.
La conoscenza delle tesi di Mao e l’applicazione del suo pensiero in Italia dal 1960 al 1979 fu alquanto eterogenea e di intensità diversificata in base al movimento, alla rivista cui facevano riferimento e al background dei singoli militanti che ne costituivano l’organico.
Sulla sinistra italiana Mao ebbe un innegabile ascendente, basti ricordare che l’espulsione del "gruppo del Manifesto” dal Pci fu originata dal diverso giudizio sulla Cina, che spinse Rossana Rossanda, Luigi Pintor, Aldo Natoli, Lucio Magri e Luciana Castellina a intraprendere un nuovo e indipendente percorso.
Sono stati poi analizzati i presupposti reali dell’influenza della teoria maoista nella linea politica e di pensiero della destra extraparlamentare italiana e dei movimenti anarchici. Nel corso della ricerca è emerso il filone del Nazi-Maoismo: già nel nome si può evincere un ossimoro che merita più approfondite riflessioni giacché risulta quasi insolito l’abbinamento della dottrina maoista con quella nazista. Il Nazi-Maoismo fu un fenomeno politico diffuso in Italia nell’ambito universitario romano a partire dal 1968, che ebbe nel movimento politico Lotta di Popolo la sua principale espressione partitica, in quanto punto di confluenza dei movimenti di destra dell’Università La Sapienza di Roma (come La Caravella e Primula Goliardica) ed altri gruppi di destra extra-parlamentare quali Giovane Nazione, Ordine Nuovo e i Quaderni Neri. Questo movimento ha fatto proprie alcune delle idee e dei pensieri politici maoisti, primo tra tutti l’anti imperialismo e l’anti americanismo.
Grazie allo studio delle teorie di Jean Thiriart, Julius Evola e del nazi-maoista per eccellenza, Giorgio Franco Freda, si è potuto constatare e comprendere come alcune peculiarità della dottrina nazista e della destra in generale potessero fondersi con quelle maoiste e comuniste.
La teoria elaborata da Franco Freda, punto cardine del Nazi-Maoismo, consiste nel combattere e distruggere il sistema borghese e lo Stato, unendosi nella lotta contro l’imperialismo e il capitalismo. Freda, rifacendosi al comunitarismo di Thiriart inteso come «superamento in avanti del nazismo e del comunismo depurato da Marx», si scagliò contro il sistema Europa, puntando il dito verso la dittatura borghese e citando Marx come colui che «già nel 1849, tracciava magistralmente nel “Manifesto del partito comunista” le colpe della società borghese». Egli nel suo famoso discorso La disintegrazione del sistema, mette a paragone la “democrazia borghese” e “la democrazia socialista” sottolineandone i punti in comune, esaltando il mito dell’Europa imperiale, l’orrore per la democrazia e la positiva valutazione della Russia sovietica e della Cina di Mao per la lotta contro le potenze atlantiche.
Freda giungerà poi a teorizzare un comunismo aristocratico, una via di mezzo tra la repubblica di Platone, il Terzo Reich e la Cina di Mao. Ed è così che l’ossimoro racchiuso nel nome del movimento viene spiegato nella teoria e nella pratica.
*Ilaria Forlini, (ilaria.forlini[at]gmail.com), nata a Roma il 13 novembre 1990, ha conseguito la laurea in Mediazione linguistico-culturale presso l’Università Roma Tre di Roma nel 2015 e ha portato a conseguimento un intero semestre in Cina presso Xi’an International Studies University (西安外国语大学). Ha inoltre vissuto due anni a Londra per studio e lavoro.
**Questa tesi è stata discussa il 19/11/2015 presso l’Università Roma Tre di Roma. Relatore: Prof. Mauro Crocenzi.