Sinologie – I servizi sociali per gli orfani in Cina

In Sinologie by Redazione

L’esplorazione degli istituti a tutela di essi diventa estremamente interessante nella RPC, in quanto la così grande presenza di bambini negli istituti si può ritenere fattore indiretto della politica del figlio unico. Molti dei partenariati tra l’organo centrale che si occupa di tali istituti ed enti privati incontrano non poche difficoltà e, per il momento, il Ministero Degli Affari Civili non è disposto a lasciare carta bianca circa il grado di autonomia di essi.

Inoltre, il Ministero Degli Affari Civili ancora nel 2016 proibisce a persone non residenti nella Repubblica Popolare Cinese di entrare negli orfanotrofi, o negli Istituti di Benessere Sociale, e ottenere così dati sul loro effettivo popolamento. A meno che non si abbia il Suo consenso. Sicché, per ogni istituto ancora scarse sono le informazioni.

Questo tema evidenzia anche la forte problematica che la RPC si è inaspettatamente trovata davanti, ovvero lo grandissima discrepanza tra vita nelle aree urbane, e vita in quelle rurali che degenera sempre più con l’avanzare del tempo. Infatti un Paese come la Cina, che secondo la Banca Mondiale è la “seconda economia mondiale”, per rapporto di PIL con gli altri paesi, si trova a dover affrontare la grave situazione degli abitanti delle aree rurali, il cui tenore di vita è paragonato a quello dei paesi in via di sviluppo.

La fondazione Cinese per il supporto al bambino insieme con il Centro Cinese di Ricerche sull’Infanzia afferma che sul suolo urbano cinese nel 2013 erano presenti ben più di 700.000 bambini senza genitori, mentre dati pubblicati dal Ministero degli Affari Civili, portano il numero a 548.845. Ma dati e misurazione di essi diventano confusi nel momento in cui si provano ad operare censimenti al di fuori delle aree urbane.

La tesi è stata suddivisa in tre capitoli:

1. Analisi del sistema di regolamentazione e gestione dei servizi di Welfare agli orfani. Presentazione piani di sviluppo in cui si impegnano gli organismi competenti afferenti al Ministero Degli Affari Civili. Analisi delle strutture statali presenti in zone urbane e zone rurali; tipi di sussidi forniti ai nascituri abbandonati, o ad orfani collocati in “case famiglia”. Sono presenti nel testo casi di studi etnografici, con particolare riferimento alle regioni più povere della Cina, ovvero Shaanxi, Yunnan, Hebei, Hunan, Sichuan, riguardo casi di centri istutuiti dalla comunità rurale. Individuazione di strutture e finanziamenti indirizzati a tali bambini in caso di calamità naturali( si veda il terremoto nel Sichuan del 2008). Esplorazione di fondi e strutture indirizzati all’ingente numero di figli di cittadini morti per aver contratto AIDS.

2. Studio delle forme di cooperazione nazionale in cui soggetti esteri quali Ngos e Gongos si impegnano a provvedere al benessere di questi bambini.

3. Focalizzazione sull’argomento delle cooperzioni internazionali. Breve analisi delle strutture disponibili nelle aree rurali per questi bambini, così come le organizzazioni SOS Villages. Si analizzerà il caso pratico di alcune ONG, come quella italiana CIAI ONLUS, e verrà presentato il loro partner cinese, il China Centre for Children Welfare and Adoption.

Xiaoyuan Shang, autrice di Caring for Orphaned Children in China e di numerosi report per conto dell’organizzazione mondiale UNICEF, individua tre gruppi di bambini vulnerabili che richiedono servizi assistenziali:

1. Orfani e bambini abbandonati, che nella maggior parte dei casi sono anche disabili e in gran parte vivono nelle campagne. Secondo le leggi vigenti solo i minori che hanno perso entrambi i genitori sono considerati orfani, e quindi possono beneficiare della tutela e dei sussidi statali. Nel 2005, quando per la prima volta venne realizzato un censimento dal Ministero Degli Affari Esteri, vi erano in tutta la Cina 50.073 di essi sotto la copertura statale, più del 95 per cento abbandonati. Questo dato però teneva in considerazione soltanto i bambini residenti nelle aree urbane, mentre quelli che abitavano nelle aree rurali erano addirittura 240.183. Tutti gli orfani e bambini abbandonati nelle aree urbane venivano posti sotto la tutela degli “Statal Welfare Institutes”. Invece i minori residenti nelle campagne ,venivano accuditi da parenti, o beneficiavano del programma assistenziale rurale chiamato Nongcun Wubao Gongyang (农村五保供养), ovvero il Sistema delle cinque garanzie: carbone, sepoltura, istruzione, abitazione, cibo. Tali servizi vengono resi gratuitamente ad orfani, disabili ed anziani.

2. Figli di carcerati. La loro situazione è abbastanza critica perché gli introiti economici in genere provenivano unicamente dal padre, che se quindi veniva arrestato condannava la famiglia ad uno stato di povertà. 3-bambini “di strada”. Molti di loro talvolta si sovrapponevano agli altri due gruppi precedenti, o erano vittime di crimini come rapimento, e traffico illegale di bambini.

Invece analizzando i dati del China Welfare Demonstration Project, progetto di ricerca ad opera del Ministero Degli Affari Civili, si vede come nel 2010 su 120 villaggi in dodici contee di Shanxi, Xinjiang, Henan,Yunnan, il 13 per cento dei ragazzini aventi 7 -15 anni d’età ed il 69 per cento di bambini aventi disabilità non andava a scuola; il 5 per cento non aveva neanche un certificato di nascita, mentre solo il 2 per cento era senza famiglia perché i genitori erano in prigione o morti. Questo la dice lunga su come utilizzare il solo parametro della morte di entrambi i genitori, per stabilire la vulnerabilità o meno dei bambini, sia abbastanza riduttivo. Molti dei bambini sopra descritti rientrano nella categoria dei Left Behind Children, ovvero quei bambini che avendo i genitori che si sono spostati per lavorare nelle città, vivono per la maggior parte dell’anno in uno stato di abbandono. Categoria molto a rischio che merita di essere trattata in un testo a sé stante.

Lasciare bambine in campi, o al ciglio della strada, o all’entrata di ospedali, è da sempre stata pratica fortemente usata in tutta la Cina e maggiormente nelle province dello Hunan e Hubei, dove oltre alla consuetudine del sistema Confuciano (secondo cui nella famiglia patriarcale era preferibile un figlio a una figlia), veniva molto tenuto in considerazione anche l’antico sistema di distribuzione della terra, praticato fino a un decennio fa , che ebbe inizio sotto la dinastia Xia (2070-1600 a.c.), il sistema dei campi a pozzo della Dinastia Zhou (1027-256 a.c.) e campi uguali della Dinastia Wei del Nord.

Secondo questi sistemi si assegnavano i campi in base al numero dei membri della famiglia , in caso di figlie le quantità erano dimezzate, rispetto a quelle che si avrebbero avuto con figli maschi. Mentre durante la dinastia Tang (618-907 d.c.) fu stabilito che le donne non avrebbero ricevuto nessun appezzamento di terra. Ne conviene che, se nei villaggi più poveri la primogenita era una femmina doveva essere abbandonata.

Più recentemente il problema andò aggravandosi quando la Cina attraversò il periodo transitorio verso l’economia di mercato(1978-1990) e Deng Xiaoping introdusse la politica del figlio unico. Chi andava contro il regolamento veniva punito con forti sanzioni pecuniarie, e in alcuni casi anche con la detenzione. Altro non si poté fare che abbandonare i propri figli, lasciarli a carico di nonni e nonne, mandarli nelle campagne, o lasciarli alle cure di orfanotrofi. Molte volte infatti venivano depositati i bambini nei pressi di un orfanotrofio, o sul ciglio di una strada trafficata, o comunque dove si sapeva che il bambino sarebbe facilmente stato trovato.

Nonostante ciò, svariati statuti cinesi classificano l’abbandono come crimine, anche se il perseguimento penale per questo reato ,è in generale raro per la scarsità di meccanismi a sostegno della legge. Inoltre quando le sanzioni vengono imposte sono in genere indulgenti, il che la rende abbastanza inefficiente. Quindi la criminalità non è deterrente abbastanza forte da prevenire il problema. Le ristrettezze economiche in cui si ritrovò la popolazione cinese contestualmente al boom economico, furono la micciache causò il sovraffollamento degli orfanotrofi negli ultimi anni. Nel 2002, sia nelle aree urbane che in quelle rurali ancora meno della metà delle persone beneficiava dei sistemi di sicurezza sociali.

3. Bambini in “special need”, che costituivano più del 70% fino a 10 anni fa, il 95% ai giorni nostri, della popolazione risiedente negli orfanotrofi. Con tale termine ci si riferisce a quanti bambini soffrano di malattie nervose, sia a quanti presentino delle disabilità fisiche, e si ritiene per l’appunto che abbiano dei bisogni speciali.Nel 2001, eccetto in alcune grandi città , il supporto governativo dedito alle famiglie che intendessero tenere il figlio a casa, o affidarlo alle cure di centri specializzati era veramente minimo. Viste le alte spese mediche di cui avrebbe bisogno il bambino, tuttora l’abbandono è l’unica soluzione affinché egli sia accetto in una qualche istituzione che provveda alla sua sussitenza. Le disabilità maggiormente riscontrate sono: Spina Bifida o nella sua forma più rara meningocele. Piedi piatti, deformità delle mani, problemi alla vista, nei congeniti visibili, labbro leporino e palatoschisi ed infine paralisi cerebrale. Molte di queste disabilità però, sono risolvibili chirurgicamente, ma con costi spropositatamente elevati ed insostenibili per le singole famiglie.

*Cesaria Colazzo (csr.colazzo[at]gmail.com) è nata il 03/11/1990, ha conseguito laurea triennale in mediazione Linguistica e culturale a Treviso, e Laurea Magistrale in Lingue e Civiltà dell’Asia e Africa Mediterranea presso l’Università Ca’Foscari di Venezia. Ha effettuato un periodo di stage presso l’ONG italiana con sede a Pechino CIAI ONLUS, ed un altro presso l’azienda italiana Dottor Group nella città di Hangzhou, come interprete per la realizzazione di un progetto edile a cura dell’architetto e senatore Renzo Piano.

** Questa tesi è stata discussa presso l’Università Ca’ Foscari di Venezia, facoltà di Lingue e Civiltà dell’Asia e Africa Mediterranea. Relatore: prof. Daniele Brombai; correlatrice: prof. Laura De Giorgi