Come sottolineato dallo stesso Mao Zedong durante il XXVIII anniversario della nascita del Partito Comunista Cinese: “Esternamente, dobbiamo unirci alla lotta comune con i popoli di tutti i paesi e con quelle nazioni che ci trattano come pari. Ciò significa allearsi con l’Unione Sovietica, con ogni nuovo paese democratico e con le masse proletarie e di tutti gli altri paesi. Questo significa promuovere un fronte unito internazionale”. L’idea del grande timoniere era cercare il più amplio supporto esterno tra quelle nazioni che condividevano con la Cina la visione, al fine di creare un fronte unito internazionale di chiaro richiamo marxista. Secondo Mao e la leadership cinese, dovevano esserci delle regole.
Nell’Aprile 1954, a Ginevra, si tenne una conferenza fra i rappresentanti di diverse nazioni per ricercare un accordo di pace e una stabilizzazione politica della situazione in Corea e nell’Indocina francese. Durante questa conferenza, Cina ed India provarono a raggiungere un accordo per quanto riguardava la regione del Tibet; e fu durante tali discussioni che vennero stilati i cinque principi di coesistenza pacifica, le “regole” che secondo la Cina dovevano regolare le relazioni tra nazioni a livello internazionale.
Ma l’evento nel quale le nazioni del terzo mondo provarono a lanciare un segnale forte al mondo e nel quale ci fu il primo vero incontro fra l’Africa (rappresentata a Bandung dalla Repubblica D’Egitto, il Regno D’Etiopia, la Liberia, il Regno della Libia e la Repubblica del Sudan) e la Cina, fu la conferenza tenutesi in Indonesia a Bandung nel 1955. Durante il summit, due furono i leader che spiccarono per leadership e visione comune Zhou Enlai e Jawaharlal Nehru. Durante la conferenza di Bandung, l’obiettivo dell’asse Mao-Zhou era chiaro, ottenere la leadership del Terzo Blocco. La strategia che la Cina mise in atto prevedeva la cooperazione con i popoli di tutti i paesi, superando le divergenze politiche, attraverso l’identificazione di un nemico comune, l’imperialismo.
Zhou si preoccupò di rafforzare l’idea di neutralismo (terzo principio di coesistenza pacifica, Mutua non interferenza nei reciproci affari interni) ed insistette sul fatto che il dibattito della Conferenza non avrebbe dovuto essere subordinato a prospettive ideologiche. Un anno dopo la conferenza, nel 1956 i rapporti tra RPC e URSS si deteriorarono.
La svolta avvenne nel febbraio del 1956, quando Nikita Khrushchev durante il XX Congresso del PCUS fece un discorso in cui criticò Stalin per gli omicidi commessi, il comportamento tirannico, la feroce industrializzazione con stadi forzati e il culto della sua personalità. Le posizioni tra la Cina e l’Unione Sovietica cominciarono quindi a divergere gradualmente sull’interpretazione ortodossa dell’ideologia marxista.
Nel 1961, le divergenze filosofiche divennero irrisolvibili, portando il Partito Comunista Cinese denunciò formalmente il comunismo sovietico come il prodotto di “traditori revisionisti”. Sulla scia di Bandung, la spaccatura sino-sovietica diventò quindi di fondamentale importanza per quanto riguardava il tema della leadership della rivoluzione del comunismo mondiale, che nella prospettiva di Mao, doveva essere gestita dalla la Repubblica popolare cinese. Nel contesto della Guerra-Fredda, nel quale l’equilibrio tra blocco sovietico e il blocco occidentale era precario, la Cina stava cercando di emanciparsi e mirava all’ottenimento dello status di potenza indipendente.
L’Africa rappresentava un territorio nel quale la teoria maoista poteva essere ben assortita ed applicata. L’imperialismo straniero rappresentava il nemico comune da sconfiggere e creò un terreno d’intesa tra l’Africa e la Cina. Concretamente, il sostegno cinese passava attraverso due canali uno diretto e l’altro indiretto. Direttamente, la Cina entrò nel continente attraverso visite ufficiali e dirette in cui vennero firmati accordi discusse strategie ed obiettivi comuni; indirettamente, la RPC costruì una fitta rete di agenzie, operando sia sotto copertura che non. Strategicamente parlando, le principali regioni in cui la RPC entrò furono tre: Nord, Ovest e l’Africa orientale.
La Cina maoista aveva due obiettivi principali all’interno del continente africano: uno globale e a lungo termine, ed un altro locale e più breve. A livello globale, come già sottolineato, la Cina stava cercando di ottenere sostegno ovunque per raggiungere lo status di superpotenza, per quanto riguarda gli obiettivi secondari, essi era a breve termine, regionali così come subordinati agli obiettivi centrali del cinese.
Struttura del lavoro
La tesi ha come scopo ultimo quello di analizzare le similitudini e le differenze che intercorsero tra il sistema di collettivizzazione cinese applicato durante il maoismo e quello tanzaniano voluto dal giovane leader dello stato africano Julius Nyerere. Sebbene vi fossero dei tratti simili, Nyerere non si ispirò apertamente al sistema cinese e creò a tutti gli effetti un nuovo paradigma.
L’analisi è stata svolta su quattro livelli. Il primo livello parte da un’analisi del percorso politico dei due leader e della loro formazione, passando poi ad osservare le dinamiche che li portarono al potere ed infine ad un approfondimento sulle modalità con cui decisero di amministrare le rispettive nazioni. In questa fase preliminare, i periodi presi in considerazione vanno per Mao dal 1893 al 1976 e per quanto concerne Nyerere dal 1922 fino al 1971.
Nel secondo livello, si è provveduto a fornire un quadro generale dell’approccio cinese con il terzo mondo durante il maoismo. L’intento è stato quello di procedere dal generale al particolare. In questa fase, l’accento è stato quindi posto sulla politica estera cinese. Inizialmente si è deciso di trattare il tema dei “cinque principi di coesistenza pacifica” che ebbero un ruolo fondamentale e che furono applicati concretamente durante la conferenza di Bandung del 1955; nella quale la Cina, nella figura di Zhou Enlai, insieme all’india di Jawaharlal Nehru, si proposero come leader dell’universo terzomondista e nel contesto più amplio della “Guerra Fredda Globale” come capofila dei paesi non allineati. Successivamente, si svilupparono due problematiche che videro la Cina protagonista. La prima riguardava i rapporti bilaterali tra Cina e India, la seconda, in seno all’universo marxista-leninista, riguardava il rapporto tra la Cina e Unione Sovietica. Sebbene entrambe gli eventi ebbero un effetto decisivo sugli equilibri dell’unità Afro-Asiatica sulla quale si stava lavorando nel corso della metà degli anni ’50, chi scrive ha deciso di privilegiare la rottura tra la Cina e l’URSS, in quanto ebbe un ruolo più diretto sul continente africano, posto il peso geo-politico delle due potenze. Infatti, mentre per quanto riguarda i rapporti bilaterali tra Cina e India l’impatto fu soprattutto regionale, con la questione del Tibet al centro; per quanto riguardava la rottura tra i due giganti del blocco socialista le problematiche si estero in maniera più diretta a livello mondiale, con l’Africa che veniva vista come un territorio nel quale cercare alleanze dirette.
Lo sviluppo del secondo livello si conclude con un focus sui rapporti bilaterali che intercorsero tra Cina e Africa durante il maoismo; con un’analisi soprattutto delle strategie di penetrazione che la Cina adottò nel continente Africano. Dato il focus geografico dell’elaborato, nel terzo livello l’analisi si concentrerà direttamente sul rapporto tra Cina e Tanzania. In una prima fase si è proceduto ad uno studio delle politiche e delle strategie di penetrazione cinesi nella Tanzania di Julius Nyerere, in secondo luogo l’attenzione è passata su un piano più strettamente attinente alla “filosofia-politica”. Qui è stata prodotta un’analisi comparativa tra il maoismo come teoria e il socialismo africano di Julius Nyerere, ponendo particolare attenzione al tema della solidarietà terzomondista e della lotta all’Imperialismo.
Per concludere, l’ultimo livello si svolgerà attorno ad una comparazione tra il sistema di collettivizzazione cinese e quello messo in atto in Tanzania.
* Michel Komlan Seto (michelseto91@gmail.com) ha una laurea magistrale in Relazioni Internazionali Comparate presso l’università Ca’ Foscari di Venezia, preceduta da una laurea in Comunicazione Internazionali all’università Statale di Milano Bicocca e da un anno di studio in Cina presso la Guizhou Daxue di Guiyang. Originario del Togo, si interessa delle Relazioni geopolitiche tra la Cina e il continente africano da un punto di vista storico.
** Titolo originale della tesi ““The Influence of the Mao Zedong thought in Tanzania:The Relationship between Maoism and Julius Nyerere’s African Socialism”, discussa presso l’Università Ca’ Foscari di Venezia, Corso di Laurea magistrale in Relazioni Internazionali Comparate, Anno Accademico 2018-2019. Relatore Prof. Duccio BASOSI, Correlatore Prof. Rosa CAROLI