A marzo di quest’anno la tailandese Best Express ha tagliato le tariffe di consegna a 1,3 yuan per i pacchi sotto i 0,3 kg, seguita a ruota dalla concorrente J&T Express, scesa a 1,1 yuan. I corrieri impiegati nella filiale della città di Yiwu, nella provincia dello Zhejiang, hanno riferito che in nove mesi la tariffa è passata da 1,44 a 0,95 yuan
Corrieri che consegnano al ritmo di quattrocento ordini al giorno per una paga inferiore a 1 yuan a consegna. È quanto accade ogni anno a ridosso della festa dei single cinese – o «Double 11», poiché si festeggia l’11 di novembre – che da oltre dieci anni si configura come il più grande festival dello shopping online e offline.
Malgrado quest’anno Alibaba e altre grandi società si siano mosse in maniera più cauta e abbiano dichiarato di aver investito molto sulla sostenibilità, complici il giro di vite sulle grandi multinazionali del paese e la spinta alla «prosperità comune», il valore lordo della merce per la multinazionale fondata da Jack Ma ha comunque registrato un solido aumento rispetto al 2020, superando gli 84 miliardi di dollari.
La festa dei single è da anni «un barometro affidabile della capacità di spesa dei consumatori cinesi», ha scritto qualche giorno fa il Global Times, costola del Quotidiano del Popolo. Ma è anche un evento che esaspera le condizioni di lavoro di milioni di kuaidi – abbreviazione di kuaidi yuan, letteralmente «addetti alla consegna espressa». Lo dimostra il fatto che quest’anno sono stati 136 gli scioperi nel settore, a fronte dei 31 del 2020, un record che si differenza molto da quelli sfarzosi delle vendite di e-commerce proiettati a tutto schermo.
Alle dinamiche del settore della logistica la Cctv, televisione nazionale cinese, aveva dedicato un servizio lo scorso novembre, da cui era emerso che le aziende che offrivano servizi di consegna avevano assunto circa 500 mila lavoratori temporanei, pari a più del 10% del totale di 4 milioni. Questa e altre indagini, tra cui un articolo del giornale Ran Caijing, avevano tracciato lo scenario di un settore incapace di gestire l’enorme quantità di ordini, con pacchi che non vengono più consegnati a domicilio ma finiscono ammassati nelle stazioni di consegna e a volte per strada. E con corrieri costretti a turni di venti ore e a paghe misere.
Di pari passo con il consistente aumento del volume d’affari, infatti, le società di consegna si sono impegnate in una guerra dei prezzi a ribasso che ha inevitabilmente pesato sui lavoratori a basso reddito. A marzo di quest’anno la tailandese Best Express ha tagliato le tariffe di consegna a 1,3 yuan per i pacchi sotto i 0,3 kg, seguita a ruota dalla concorrente J&T Express, scesa a 1,1 yuan. I corrieri impiegati nella filiale della città di Yiwu, nella provincia dello Zhejiang, hanno riferito che in nove mesi la tariffa è passata da 1,44 a 0,95 yuan.
Il magro salario dei kuaidi viene eroso anche da multe frequenti imposte da società che pagano meno i corrieri pur aspettandosi una maggiore produttività. La ong China Labour Bulletin riporta che un’azienda dello Henan aveva previsto per il mese di ottobre un aumento del volume delle consegne del 15%, multando le stazioni di consegna di 3 yuan per ogni ordine non completato.
Il settore, che registra il maggior tasso di turnover tra tutte le occupazioni – pari al 33,1%, è stato investito dall’intento di Pechino volto a regolamentare le «nuove forme di occupazione»: a seguito delle recenti linee guida emesse da otto agenzie governative, China Express e altre sei grandi società hanno annunciato, a settembre, un timido aumento delle tariffe di spedizione di 0,1 yuan a consegna.
Ma l’opinione condivisa da clienti e lavoratori è che manca manodopera, e la qualità del servizio viene meno. «Perché nel 2021 la consegna espressa è sempre più lenta?», lamenta un utente sul web.
Di Vittoria Mazzieri
[Pubblicato su il manifesto]Marchigiana, si è laureata con lode a “l’Orientale” di Napoli con una tesi di storia contemporanea sul caso Jasic. Ha collaborato con Il Manifesto, Valigia Blu e altre testate occupandosi di gig economy, mobilitazione dal basso e attivismo politico. Per China Files cura la rubrica “Gig-ology”, che racconta della precarizzazione del lavoro nel contesto asiatico.