Si sta come d’autunno…

In by Gabriele Battaglia

Dopo Bo Xilai, ecco un altro nome eccellente che finisce sotto inchiesta da parte delle autorità. E’ Jiang Jiemin, a capo dell’organo che sovrintende alle grandi imprese di Stato e altro protegé di Zhou Yongkang, l’ex capo della sicurezza nazionale. L’accusa per Jiang è di "gravi violazioni della disciplina". Tigri che cadono come foglie. Dopo Bo Xilai – l’ex leader di Chongqing di cui si è appena concluso il processo – e Zhou Yongkang – già zar della sicurezza, ora sotto inchiesta – nel week-end è toccato a Jiang Jiemin, capo dell’organismo che sovrintende le grandi imprese di Stato, a finire nel maglio della campagna anticorruzione lanciata da Xi Jinping. Il cui motto è, appunto, “colpire le grandi tigri e le piccole mosche”.

Il 58enne Jiang è direttore della Commissione di Supervisione e Amministrazione delle Imprese di Stato (Sasac) ed ex presidente della più grande compagnia petrolifera del Paese, la China National Petroleum Corporation (Cnpc).

Come riporta l’agenzia Nuova Cina, è sospettato di “gravi violazioni della disciplina”, un eufemismo che di solito prelude a una decapitazione. Proprio ai tempi dei suoi incarichi nella Cnpc risalirebbero le irregolarità di cui oggi è accusato. Fonti anonime rivelano ai media che l’inchiesta dovrebbe riguardare principalmente il suo incarico come vicedirettore del giacimento petrolifero di Shengli, nella provincia dello Shandong, nel corso degli anni Novanta. Un dettaglio.

Nei giorni scorsi, quattro altri dirigenti della compagnia petrolifera sono stati messi sotto inchiesta, in quello che appare come un vero e proprio giro di vite all’interno di un settore chiave dell’economia cinese. La maggiore impresa petrolifera di Stato è considerata una roccaforte di Zhou Yongkang, già protettore di Bo Xilai, plenipotenziario della sicurezza cinese e oggi in pensione. Zhou è stato a lungo dirigente della compagnia prima di diventare responsabile della sicurezza cinese e membro del Comitato permanente del Politburo.

Lo stesso Jiang ha goduto dei suoi buoni auspici per fare carriera all’interno della Cnpc nel decennio in cui Zhou ne era a capo e ha avuto incarichi in diverse società controllate dalla casa madre prima di diventare vicepresidente del ramo quotato in borsa nel 1999.

Al di là delle responsabilità di Jiang, tutta l’operazione sembra puntare proprio al feudo personale di Zhou, finito anch’esso sotto inchiesta per corruzione nei giorni scorsi in relazione a fatti che risalgono al periodo in cui era direttore generale della stessa Cnpc e poi capo del Partito nel Sichuan: un arco di tempo che va dal 1988 al 2002. Colpisce la tempistica. Le nuove inchieste sono scattate immediatamente dopo la conclusione del processo a Bo Xilai, come se nell’esporre anche mediaticamente l’ex “piccolo Mao” di Chongqing si fosse aperto il vaso di Pandora per fare uscire tutto il marcio della cordata di cui Zhou è il “grande vecchio”.

Ma al di là del fatto politico-giudiziario, è significativo che si miri al binomio grandi imprese di Stato (Soe)-settore energetico, due santuari dell’economia cinese. Le Soe sono da tempo al centro di un serrato dibattito tra chi le considera il traino dell’economia nazionale e chi invece le accusa di essere un ricettacolo di sprechi e corruzione, da scorporare e privatizzare. Li Keqiang, il premier, cerca da tempo di introdurre una maggiore concorrenza nel settore, ma ha sempre dovuto scontrarsi con le resistenze delle nicchie di potere e degli interessi costituiti attorno alle Soe. Ed ecco dunque che il nuovo giro di vite assume anche un’importanza fondamentale sul piano delle politiche economiche di lungo periodo.

Un funzionario della Cnpc ha confessato al South China Morning Post che le indagini hanno gettato la società in uno stato di caos che potrebbe durare per mesi. Il segnale che arriva da Pechino è in effetti fortissimo: “Poiché i pezzi grossi sono stati presi di mira, anche un sacco di funzionari di medio livello potrebbero essere implicati in seguito”, ha detto il funzionario anonimo.

Se alla Cnpc tritacarta e caminetti fanno gli straordinari, va anche detto che Jiang Jiemin era stato promosso nel marzo scorso ai vertici della Sasac sebbene parecchi interrogativi circolassero sul suo ruolo nel tentativo di insabbiare lo scandalo relativo alla morte del “principino” Ling Gu. Il 23enne unico figlio di Ling Jihua, capo di gabinetto dell’ex presidente Hu Jintao, a marzo 2012 si era schiantato con la propria Ferrari e un paio di ragazze seminude come optional contro un ponte di Pechino, restandoci secco. Jiang fu in seguito interrogato sulle decine di milioni di yuan che, nell’occasione, la Cnpc versò alle famiglie delle due ragazze ferite nello schianto.

Si trattava probabilmente di favori tra membri di una stessa cordata. Una cordata che oggi appare drammaticamente in disgrazia.

[Scritto per Lettera43; foto credits: ctvnews.ca]