Shanghai ha riaperto. Ma la depressione e il disagio causati da due mesi di lockdown e la paura di subirlo di nuovo fanno sì che un certo numero di persone si trovi attualmente in un sottile stato di libertà fisica, ma ancora intrappolato psicologicamente in una sorta di isolamento mentale. Ecco i ritratti e le storie di 8 persone di Shanghai che condividono questi sentimenti. Reportage di Johnny Man
Sono passate alcune settimane da quando, il 1° giugno scorso, Shanghai ha riaperto i battenti dopo il più duro lockdown dall’inizio della pandemia di Covid-19. Tutti gli aspetti della vita stanno lentamente tornando alla normalità, ma alcune persone soffrono ancora di ansia e stress per quanto accaduto nei due mesi precedenti e hanno difficoltà a superarli. Per non parlare del fatto che con la rigida politica di zero Covid applicata in Cina, questa e le altre megalopoli del paese temono a un certo punto di dover tornare a chiudersi. La depressione e il disagio causati da due mesi di isolamento e la paura di subirlo di nuovo fanno sì che un certo numero di persone a Shanghai si trovi attualmente in un sottile stato di libertà fisica, ma ancora intrappolato psicologicamente in una sorta di isolamento mentale. Ecco i ritratti e le storie di 8 persone di Shanghai che condividono questi sentimenti.
1. “Sigillato in questo luogo”
RenXiong ha una casa abbastanza spaziosa con un ampio soggiorno, ben illuminato dal sole, con una brezza che passa di tanto in tanto: si tratta di un’abitazione decisamente accogliente. È stata acquistata alla fine dell’anno scorso. “Non avrei mai fatto questo affare se avessi saputo di questo lockdown”. RenXiong è un fotografo freelance e durante i due mesi di chiusura ha avuto a malapena un reddito. Un’ansia tremenda lo ha sopraffatto, soprattutto quando ha pensato al costo del mutuo. La madre e la nipote di RenXiong si sono recate a Shanghai all’inizio di marzo, seguite dalla rapida comparsa di Omicron, che le ha costrette a rimanere bloccate con RenXiong. Inoltre, con l’imminente parto della moglie incinta ad agosto, RenXiong non poteva cogliere l’occasione, come altri suoi amici, di fuggire in altre città per lavoro. “Come mi ha detto un amico, sono stato sigillato in questo posto”.
Tre settimane dopo la chiusura della città, RenXiong ha sofferto di febbre alta per diversi giorni, temendo di essere stato in qualche modo infettato da Omicron, quindi non ha avuto altra scelta che isolarsi in un angolo del soggiorno dal resto della famiglia e ha fatto indossare a tutti delle mascherine in casa. RenXiong ha cercato di non entrare in contatto con nessuno in casa, soprattutto con la moglie incinta. Fortunatamente, i risultati di una serie di tamponi sono risultati negativi. RenXiong è ancora molto ansioso dopo la riapertura del 1° giugno, a causa della preoccupazione che ogni strada o quartiere possa essere nuovamente chiuso qualora vengano trovati nuovi positivi. L’incertezza rimane, così come i problemi di mancato guadagno. “Il prossimo passo è aspettare, aspettare di poter lavorare”.
2. “Ho bisogno di tornare a casa”
Quando arrivai a casa di Ginny, aveva già preparato la maggior parte dei bagagli. Rimasta confinata a casa per quasi tre mesi, aveva lasciato il lavoro, con l’intenzione di tornare nella sua città natale nell’Henan per prendersi una pausa. Casi Omicron sono stati trovati nel palazzo di Ginny già all’inizio di marzo e da allora è stata costretta a rimanere a casa. Anche se diceva di non sentirsi troppo ansiosa dal punto di vista psicologico, le risposte che davano il suo corpo davano un’idea diversa. Ha continuato a perdere una grande quantità di capelli e non riusciva a non svegliarsi più tardi delle 4 del mattino, anche se era andata a dormire solo poche ore prima.
Durante l’isolamento le hanno fatto compagnia due gatti, Huzi e Taobao. A Shanghai il problema principale era la scarsità di cibo e anche Huzi e Taobao hanno sofferto di carenza di cibo per gatti. Ginny ha condiviso con loro il suo cibo. Ma lei stessa non è stata così fortunata, le scorte di cibo che ha ricevuto dal governo comprendevano verdure marce e cibo in scatola spesso ammuffito. Non appena la città ha riaperto il 1° giugno, Ginny è uscita con gli amici alla ricerca di un pasto decente in un ristorante, ma non ce n’erano lungo le strade dove Ginny ha camminato per due chilometri. Delusa, è tornata a casa e ha ordinato un piatto da asporto. Ginny tornerà a Shanghai quando la pandemia sarà finita: “Dopotutto qui ci sono più opportunità”.
3. “Semplicemente ridicolo”
Il compound in cui HaiJun vive con i suoi amici si trova nel vivace centro della città, ma questo non ha garantito loro di ricevere migliori rifornimenti dal governo durante il lockdown: per le prime due settimane, ha ricevuto rifornimenti una sola volta, che contenevano un cetriolo e nulla più. La cosa peggiore è che il personale del comitato di quartiere, il cui ufficio si trova all’interno del complesso, è stato il primo a risultare positivo al test. Alcuni residenti si erano già rivolti a loro per una consulenza e le foto scattate mostravano che non indossavano le mascherine mentre parlavano con le persone, violando i protocolli di prevenzione della pandemia. All’interno del complesso è scoppiata la rabbia, seguita dal panico per la possibilità che il virus si diffondesse tra i vicini: “È semplicemente ridicolo, lo è davvero”. Nel tentativo di evitare l’infezione, HaiJun si è rifiutata di partecipare al test quotidiano anti Covid.
HaiJun è una studentessa universitaria, ha seguito corsi online per tutto questo tempo e intende andare in Irlanda per approfondire i suoi studi dopo il lockdown. Ma la situazione di isolamento continua: quando ho lasciato la casa di HaiJun, si stavano rimettendo le recinzioni nelle strade e nei complessi dove sono stati trovati nuovi casi nel quartiere.
4. “Non puoi lasciare il tuo edificio, non mi interessa se muori di fame”
Kang ha trascorso per la maggior parte del lockdown dormendo. Il giorno della riapertura, il 1° giugno, è uscito dal suo compound per la prima volta dopo due mesi, passando per le strade dove camminava ogni giorno per andare al lavoro, in qualche modo colpito da una sensazione di estraneità, “come se non conoscessi più questo posto”. A marzo, quando la chiusura della città non era ancora un’opzione esplicita, il complesso residenziale di Kang era già tra quelli interessati dalle chiusura. I residenti non potevano lasciare i propri edifici, tutti i pacchi o i cibi da asporto venivano stati consegnati da volontari. Un giorno Kang ha ordinato una consegna a domicilio, ma non gli fu consegnato nulla nemmeno dopo due ore dall’arrivo del cibo nel suo complesso.
Era talmente affamato che non ce la faceva più, così è uscito dall’edificio per andare a prendere il cibo all’ingresso, ma è stato fermato da un volontario che lo ha rimproverato, così Kang gli ha spiegato la situazione. La risposta del volontario lo ha scioccato: “Non puoi lasciare il tuo edificio, non mi interessa se muori di fame”. Kang si è bloccato per le vertigini, senza sapere dove si trovasse realmente; nella sua memoria, Shanghai non era mai stata così.
Kang lavora in uno studio fotografico, aveva tutta la prospettiva di fondare un proprio studio prima che il lockdown sconvolgesse completamente i suoi progetti. Con la politica sempre più rigida dello zero covid, la chiusura improvvisa è diventata la nuova normalità in Cina. Per Kang, il futuro è troppo imprevedibile per mantenerlo motivato: “Non riesco a vedere nulla in avanti, mi limito a far trascorrere i giorni uno dopo l’altro”.
5. “Non ho voglia di fare nulla, sono intorpidito”
Una settimana prima della riapertura, il 1° giugno, è stato riscontrato un caso di positività nel compound dove risiede Samuel. Mentre la persona infetta veniva trasferita al centro di quarantena, anche gli altri residenti sono stati inviati in un hotel designato per una quarantena di cinque giorni, nonostante tutti fossero risultati negativi. Nell’hotel di quarantena, i tamponi venivano organizzati ogni giorno al mattino presto, Samuel ha raccontato di aver spesso sofferto di attacchi di panico dopo il test, preoccupato che qualcosa potesse andare storto. Aveva difficoltà ad addormentarsi fino a quando i risultati non venivano resi noti dopo la mezzanotte.
Gli attacchi di panico hanno prosciugato Samuel. Aveva intenzione di tornare nella sua città natale, nel Guangdong, per riposarsi, ma ha scoperto che il CDC locale lo avrebbe fatto rimanere in un hotel di quarantena per giorni prima di poter tornare a casa, così ha rinunciato all’idea. Come truccatore freelance, Samuel è rimasto senza lavoro per quasi tre mesi, eppure sembra innaturalmente indifferente: “Non ho voglia di fare nulla, sono come intorpidito”.
6. “Perché hai disegnato il poster?” “Per chiedere del cibo”
Roxanne ha prestato servizio come parrucchiera volontaria nel suo compound nella fase iniziale del lockdown. Anche se non aveva esperienza nel tagliare i capelli e quindi aveva rovinato qualche taglio, i vicini continuavano ad adorare questa ragazza timida ma calorosa, così quando è circolata la notizia dell’arresto di Roxanne tutti sono rimasti sotto shock.
Tutto è iniziato con un manifesto. In quel periodo le consegne erano quasi del tutto interrotte, le forniture di cibo che dovevano essere inviate dal governo erano assenti ormai da molto tempo, con conseguente grave carenza di cibo per molte famiglie. In quel periodo alcune persone hanno iniziato a disegnare manifesti, incoraggiando gli altri a protestare per la situazione sbattendo pentole e padelle per chiedere rifornimenti. I manifesti creativi hanno iniziato a circolare nelle chat di gruppo di diversi compound su WeChat. Roxanne si è lasciata ispirare e ha disegnato un poster, poi lo ha inviato nella chat di gruppo del suo compound, con molte persone che hanno risposto attivamente, il che ha portato in breve tempo la polizia a raggiungerla e a metterla sotto custodia.
Roxanne ha raccontato di essere stata interrogata da più di 10 agenti di polizia e di aver subito un controllo approfondito del suo telefono.
“Perché hai disegnato il poster? ”
“Per chiedere cibo”.
“Perché hai invitato le persone a protestare insieme?”.
“Per chiedere cibo insieme”.
Roxanne è stata trattenuta nella stazione di polizia per 24 ore prima di essere rilasciata; le sono stati dati due pasti, che consistevano in pollo fritto, gamberetti e verdure. Ha raccontato che erano molto meglio di quello che aveva a casa in quel momento. Dopo il ritorno a casa, Roxanne ha ricevuto molti regali dai vicini che l’hanno definita “eroina” nella chat di gruppo e hanno apprezzato il suo coraggio. “Forse non avrei disegnato il poster se avessi saputo che sarei stata arrestata”, racconta Roxanne con un’amara risata. Dopo la riapertura, Roxanne si è sentita sempre stanca. Ha dovuto interrompere il progetto di cambiare lavoro a causa del lockdown, non si è emozionata per la riapertura. “Non ho la voglia e la forza di esultare”.
7. “La paura e l’ansia non possono essere cancellate”
Sono passati 7 anni da quando Echo è venuta per la prima volta a Shanghai e ama la città dal profondo del cuore. Shanghai, secondo lei, è la città più civile e libera della Cina continentale. Ma è profondamente disillusa dopo aver assistito al modo in cui, durante il lockdown, il governo “ha calpestato i diritti umani” dei suoi cittadini.
È piuttosto infastidita dalle dichiarazioni autoconsolatorie che alcune persone hanno pubblicato online: “La vita tornerà comunque alla normalità prima o poi, basta sopportare in pace questo momento”. Non riesce ad accettare questo autoinganno. Pensa che la paura e l’ansia che le persone sentono dentro durante questo lockdown non possano essere più scacciate. “Se durasse solo due giorni probabilmente te ne dimenticheresti, ma la verità è che sei stato picchiato ogni giorno negli ultimi due mesi, come farai a dimenticarti di questo?”.
Echo partirà per l’Europa per studiare alla fine di quest’anno, la decisione è stata presa prima del lockdown, ma in queste settimane la sua convinzione si è rafforzata. “Per ora, visto che è il mio ultimo anno a Shanghai, la mia mentalità è quella di essere un outsider che assiste alla storia con tutti quelli che sono qui, facendo esperienze che altri potrebbero non fare mai in tutta la loro vita”.
8. “È come se quello che è successo negli ultimi due mesi non fosse mai esistito, eppure è successo”
Kay non si è sentita troppo a disagio quando è iniziato il lockdown. La casa è un luogo in cui si sente a suo agio e permette alla sua mente di fluire e di raggiungere la pace interiore, per cui rimaneva a casa per la maggior parte del tempo anche prima dell’isolamento. Tuttavia, in questi mesi Kay ha provato un forte senso di perdita della libertà, sia fisica che mentale.
Shanghai dava l’impressione di essere inclusiva e di incoraggiare le persone a esprimersi pienamente, ma la rigida censura contro le critiche online al governo contraddice questa immagine. Questa discrepanza mette Kay in grande ansia. Anche dopo la riapertura, non riesce a liberarsi di questa ansia, soprattutto quando vede che le cose stanno gradualmente tornando alla normalità, almeno così appare la facciata, si sente come se quello che è successo negli ultimi due mesi non fosse mai esistito. Eppure è successo, questa ambiguità porta Kay a un senso di disagio, se non di nichilismo.
Alla fine del 2019 Kay ha avviato un’attività in proprio, che è crollata subito dopo lo scoppio della pandemia. Quest’anno Kay si è rimessa in sesto e ha avviato una nuova azienda nel settore pubblicitario insieme ad alcuni amici. Non molto tempo dopo aver affittato un ufficio, a marzo, Shanghai ha iniziato il più duro lockdown di sempre.
Di Johnny Man*
Fotografo indipendente cinese. Residente a Shanghai