Nella seconda giornata di incontri del convegno noir, organizzato dall’Isituto Italiano di Cultura, l’università di studi internazionali di Pechino ha ospitato lo scrittore Marcello Fois.
Il pubblico era esclusivamente composto da giovani studenti del dipartimento di italiano. Fois ha raccontato di sé, della sua terra, la Sardegna, così presente nel suo accento e nei suoi scritti. Gli isolani del resto sono uomini particolari, sembra che le partenze le vivano come definitive: così – ha specificato Fois – l’idea dello spazio, il vivere lontano, rende i trasferimenti, il ritorno e l’appartenenza alla terra qualcosa che va oltre il vissuto del comune uomo continentale.
E’ anche grazie alla sua terra, che Marcello Fois ha imparato a sentire,ascoltare e scrivere. Dopo un inizio piuttosto timido, lo scrittore è stato fatto oggetto di numerose curiosità. In primo luogo le domande di molti ragazzi e ragazze hanno riguardato l’abilità, la tecnica e la tenacia che servono, semplicemente, per portare a termine un romanzo.
“La cosa più difficile – ha risposto Fois – è scrivere veramente ciò che si ha in testa”. A sottolineare una difficoltà di passaggio tra quello che lo scrittore ha nella mente e quello che scaturisce dalla penna. Questa problematica, il suo superamento, è ciò che permette di diventare un bravo scrittore. Dopo avere definito Faulkner il suo "scrittore preferito", ha risposta all’ultima e curiosa domanda: Uno scrittore cinese – gli è stato detto – ha affermato che per diventare uno scrittore bisogna essere soli. "Non sono solo quando scrivo, ha risposto Fois, ho figli, vado a fare la spesa, ascolto i commenti delle persone mentre scrivo al bar".
Scrivere costa fatica, dice Marcello Fois, fa sudare e puzzare, ma "non dovete vederci come uomini solitari e pensierosi", ha concluso.