Non si placa lo scontro tra Pechino e Trump, quanto meno quello dialettico, dopo che i cinesi hanno sequestrato un drone americano che secondo Washington era in acque internazionali.Con un tweet divenuto virale, come tanti altri, Donald Trump, il presidente eletto americano, ha sostenuto che «dovremmo dire alla Cina che non vogliamo ci restituiscano il drone che hanno rubato. Se lo tengano!». Nel frattempo Pechino ha provveduto a restituire quanto precedentemente sequestrato, sostenendo che “Dopo consultazioni amichevoli tra Cina e Stati Uniti" la consegna del drone sottomarino statunitense “è stata completata senza problemi nelle acque del Mare Cinese Meridionale".
Ancora prima dell’evoluzione dei fatti, il tycoon aveva commentato l’episodio definendolo «un’azione senza precedenti», in un messaggio dove al posto di «unprecedented» (senza precedenti) aveva scritto «unpresidented» (senza presidente). Un errore immediatamente corretto ma ormai il meme era diventato virale.
La risposta cinese alle esternazioni del neo presidente americano non si è fatta attendere e come al solito ad affilare le penne sono stati i giornalisti del Global Times, quotidiano in inglese e spin off dell’ufficiale Quotidiano del popolo.
Il Global Times ospita spesso commenti aggressiva, verbalmente violenti, rappresentando i falchi del partito: molto spesso però, quando pubblicato dal giornale costituisce un sentire comune all’interno dell’opinione pubblica cinese, nazionalista e fortemente anti americana.
«Donald Trump non si comporta come il presidente che diventerà il padrone della Casa Bianca in un mese, non ha nessuna idea di come si guidi una super potenza» si legge nell’editoriale all’interno del quale c’è anche un monito molto duro al presidente eletto: «se minaccerà la Cina dopo essersi insediato come fa nei suoi tweet , la Cina non mostrerà moderazione, il governo cinese deve essere completamente preparato al falco Trump».
Trump dunque è riuscito a complicare i rapporti con Pechino, già ai ferri corti dopo la sua telefonata di 10 minuti con la presidente di Taiwan, Tsai Ing-wen, ancora prima di insediarsi alla Casa bianca.
Tanto che anche la versione internazionale del Quotidiano del Popolo, organo ufficiale del Partito, suggerisce che Pechino non dovrà lasciarsi intimidire dalle provocazioni di Trump. «È difficile comprendere la sua vera psicologia – si legge nell’articolo – ma la Cina non dovrebbe investire molti sforzi nel cercare di indovinare il suo pensiero. Noi dobbiamo soltanto rimanere saldi, mantenere il controllo della situazione e gestirla con calma».
Il duello sembra destinato a non placarsi, viste le tante partite aperte tra i due paesi: la Cina detiene gran parte del debito pubblico americano, i rapporti commerciali tra i due paesi sono tanti, così come i fronti aperti, dalla Siria al mar cinese meridionale.
Chi si aspettava un comportamento guardingo di Trump, fidandosi del suo fiuto da businessman, forse si sbagliava: Donald pare intenzionato a provocare la Cina, probabilmente nell’attesa di capire le reazioni di Pechino.
La leadership del partito comunista per ora lascia ai suoi quotidiani la disputa, non esprimendosi in alcun modo sulle intemperanze verbali, o di etichetta come nel caso della telefonata alla presidente taiwanese, sperando forse che una volta al potere la situazione possa cambiare.
Di sicuro a Pechino non manca un certo sospetto: l’avvicinamento di Trump alla Russia, ad esempio, non fa dormire sonni tranquilli.
Nel frattempo la Cina ha diramato i nuovi dati sulla crescita: nel 2017 l’economia cinese è destinata a crescere del 6,5 per cento l’anno prossimo. La stima è dell’Accademia cinese di Scienze Sociali. L’economia è cresciuta del 6,7 per cento nel corso dei primi tre trimestri del 2016. Il governo stima un crescita tra 6,5-7 per cento per il 2016. Nel 2015, l’economia cinese è cresciuta al ritmo più lento in 25 anni. I ricercatori stimano che i prezzi al consumo saliranno del 2,2 per cento nel 2017 mentre i prezzi alla produzione saliranno dell’1,6 per cento.
[Scritto per Eastonline]