Alla presentazione dell’ultimo modello di Galaxy l’A8s, tenutasi a Pechino lo scorso lunedì, Samsung ha annunciato, una partnership con il brand di street wear Supreme. La partnership prevede l’uscita di prodotti a marchio congiunto, disponibili dai primi mesi del 2019 e la possibile apertura di punti vendita.
Fin qui nulla di strano. Peccato che il brand americano di street wear fondato nel 1994 a NY, e che oggi ha un valore stimato di un miliardo di dollari, non sappia nulla dell’accordo e si sia anzi affrettato a negare ogni coinvolgimento sui suoi canali social.
La Supreme con cui Samsung ha stretto accordi sarebbe infatti Supreme Italia, omonima azienda nata a Barletta e registrata nel 2015, e che da anni sforna una propria linea copiata dall’originale, ma con differenze minime che sfuggono agli occhi dei meno esperti.
Come abbia potuto Supreme Italia esistere, moltiplicarsi creando Supreme Spain, non é un mistero. Basta muoversi abilmente e con spregiudicatezza. Si tratta di anticipare la registrazione del marchio in paesi dove probabilmente il brand non è interessato a vendere o ancora non é arrivato, e sostituirsi ad esso, avviando in maniera parassitaria un business parallelo che sfrutti brand, strategie di marketing, che inganni i consumatori senza violare la legge.
Così, Supreme Italia dopo una causa per contraffazione intentata dall’azienda originale e persa presso il Tribunale di Milano, ha superato un’altra causa presso il Tribunale di Trani che, lo scorso agosto, le ha dato sostanzialmente ragione. Da qui a come sia riuscita ad accreditarsi con il gigante coreano, rimane però un mistero.
Non è dato sapere se l’accordo sia stato gestito dall’ufficio cinese o sia passato dall’headquarter di Seul. Rimane il fatto che la vicenda non è piaciuta ai consumatori cinesi e sono iniziate a calare su Samsung le lamentele della rete cinese.
Critiche alle quali, il Marketing manager di Samsung Leo Lau, ha replicato con un post su weibo (poi cancellato), confermando la partnership con Supreme Italia, giacché la Supreme americana non avrebbe l’autorizzazione a vendere nell’Asia Pacific ad eccezione del Giappone.
Affermazione poi cambiata in un post pubblicato nel pomeriggio di ieri sull’account corporate di Weibo, in cui Samsung ha annunciato di stare rivalutando la cooperazione e si è rammaricato per l’inconveniente causato.
Da Berletta, invece, non sono giunte repliche.
Esperta di sostenibilità sociale e ambientale. Si è formata nel mondo della ricerca accademica (prima alla Fondazione Eni e in seguito all’Università Bocconi) ed é arrivata in Cina nel 2007. Negli anni cinesi ha lavorato come consulente e collaborato con diverse testate italiane online quali AgiChina e China Files per le quali ha tenuto il blog La linea rossa e la rubrica Sustanalytics oltre a curare il volume “Cina e sviluppo sostenibile, le sfide sociali e ambientali del XXI secolo, L’Asino d’oro (2015). Dopo una parentesi nel settore privato come Communications & Corporate Affairs Manager in Svizzera, é rientrata in Italia e ora vive a Milano.