La superstar di Bollywood è riuscita – di nuovo – ad alzare un polverone nazionale grazie all’ennesima improvvida dimostrazione di «naturale misoginia» che, nonostante tutte le campagne pubbliche per i diritti delle donne in India, rimane moneta corrente nello scambio di «opinioni» tra uomini di un certo, basso, livello.Questa volta tutto è nato da una dichiarazione rilasciata da Salman Khan, 51 anni, durante una conferenza stampa per il lancio della nuova pellicola che lo vede protagonista, Sultan (si parla di wrestling e a occhio e croce dovrebbe essere il solito polpettone bollywoodiano a cui ormai Salman Khan ci ha abituato: nazionalismo, amori telefonati, mazzate e innocenza).
La dichiarazione, riportata su tutti i media indiani, recita: «Mentre giravamo, durante quelle sei ore, ci dovevano essere un sacco di sollevamenti e cadute a terra. Era dura per me perché se dovevo sollevare qualcuno, sollevavo lo stesso tizio di 120 kg per dieci volte da dieci angolazioni diverse. Un’azione che non viene ripetuta così tante volte nemmeno nelle vere lotte sul ring. Quando alla fine uscivo dal ring, dopo aver girato, camminando mi sentivo come una donna stuprata…non riuscivo a camminare dritto».
Subito dopo, pare Khan si sia reso conto dell’indelicatezza del paragone, moromorando «forse non avrei dovuto…» mentre i giornalisti presenti esplodevano in una risata, reazione naturale a quella che viene percepita largamente come «una battuta».
Sui social media la reazione all’uscita che definire sessista è un eufemismo ha polarizzato l’opinione pubblica: da un lato chi accusava Salman Khan di insensibilità, pretendendone le scuse; dall’altro chi difendeva il proprio paladino, che almeno ha il coraggio di dire le cose che pensano tutti senza fare il politically correct, venendo poi strumentalizzato dai media locali a caccia di clic o punti di share in tv.
A completamento del Salman-pensiero, nella medesima intervista, l’attore ha chiarito davanti alla stampa di essere stato in grado di abbandonare tutti i vizi – alcol, sigarette e caffé – «tranne le donne». E giù tutti a ridere.
La National Commission for Women indiana ha intimato a Khan di provvedere a scusarsi pubblicamente entro una settimana. Al momento, dall’entourage di Khan, sono arrivate solo due dichiarazioni: una del suo portavoce, spiegando che Khan «stava scherzando», e una di suo padre Salim Khan – a sua volta noto attore e sceneggiatore – che ha provato a raddrizzare le parole del figlio 51 enne, spiegando che «non voleva offendere nessuno» e porgendo le scuse «di tutta la famiglia Khan».
Tra i molti commenti trovati online, una sagra del tiro alla Croce Rossa, Sreemoy Talukdar su Firstpost prova ad allargare il campo distogliendo l’attenzione dalla sola responsabilità individuale di Khan, preferendo analizzare il meccanismo generale che permette ancora oggi – dopo innumerevoli indignazioni di massa per le violenze sessuali nel paese – la spendibilità di parole simili come involontarie «gaffe», degli scivoloni imputabili a un innocente eccesso di leggerezza.
Con le parole di Talukdar: «Limitarsi ad accusare istintivamente chi difende Salman non porterà ad alcun risultato. Dovremmo anche occuparsi degli innumerevoli modi in cui la dominazione del maschio ci viene cacciata giù per la gola così tanto da averla ormai interiorizzata come "normale". Le donne sono una battuta, le ragazze sono una battuta, lo stupro è una battuta, la degradazione della donna è forse la battuta più spassosa di tutte.
Se lo stupro […] può diventare un’uscita scherzosa da parte dell’eroe numero uno e le sue legioni di fan giurano e spergiurano che non si tratta di nient’altro che "la normalità", allora il fatto ci indica una radice ancora più profonda della nostra psiche, che è necessario affrontare»
[Scritto per Eastonline]