Corea del Nord – Rodman e Kim amici per la vita

In by Simone

Il basket come forma di diplomazia per tentare il dialogo con la Corea del Nord. L’ambasciatore + Dennis Rodman, invitato a Pyongyang per un programma televisivo prodotto dal magazine Vice. Si fa leva sulla passione della dinastia Kim per la pallacanestro. In un ipotetico seguito con minaccia nucleare di Red Dawn, il B-movie in cui i nordcoreani invadono gli Stati Uniti, una chiacchierata tra Kim Jong-un e Dennis Rodman potrebbe essere risolutrice. Nella realtà l’incontro tra i due c’è stato ieri, sugli spalti del Jong Ju Gong Gymnasium di Pyongyang per assistere a una partita di basket tra squadre miste nordcoreano-statunitensi con in campo gli Harlem Globetrotters. Risate, entusiasmo come in ogni spettacolo che si rispetti e una lattina di Coca cola in bella vista, sebbene in quello che è considerato l’ultimo regime stalinista al mondo, hanno accompagnato l’appuntamento.

Dopo il disgelo tra Washington e Pechino favorito anche dagli incontri di ping pong e i tentativi tra indiani e pakistani sui campi di cricket, potrebbe essere il turno della diplomazia della pallacanestro?

Sembra strano mandare Rodman e gli Harlem Globetrotters in Corea del Nord? Sì lo è”, aveva commentato Shane Smith, fondatore di Vice, rivista ideatrice del viaggio che diventerà anche un programma per HBO, “Però trovare punti in comune su un campo da basket è una cosa meravigliosa. Questi canali di comunicazione culturale possono sembrare poco tradizionali e forse lo sono. Penso tuttavia che sia importante tenerli aperti”, ha aggiunto parlando con la AP, “Washington non manderà i propri generali, ma noi manderemo i nostri Globetrotter”.

Il fatto che il giovane dittatore nordcoreano sia un tifoso di basket, in particolare un fan dei Chicago Bulls per i quali Rodman vestì la canotta 91, ha facilitato l’iniziativa. “Spesso si è troppo seri e ci si concentra soltanto sulla geopolitica, dimenticandosi di essere umani. Il nostro obiettivo è una missione che mostri buona volontà facendo qualcosa che sia divertente”, ha spiegato ancora Smith.

Il viaggio di Rodman e dei Globetrotters, ricorda Max Fischer sul Washington Post, pone ovviamente questioni etiche. È un modo per legittimare il regime o una via necessaria per aprire canali di dialogo con la dinastia dei Kim di cui possano beneficiare anche i nordcoreani?

L’ex stella dell’Nba dal canto suo tenta di allontanare le critiche. “Non sono un politico. Kim Jong-un e i nordcoreani sono fan del basket. Fine della storia”, ha scritto su Twitter. Ma più dei 140 caratteri rimarranno la frasi attribuitegli alla partenza e quel “ti sei fatto un amico per tutta la vita” rivolto a Kim Jong-un.

Le espressioni del giovane leader nordcoreano mentre guarda la partita dicono molto sulla sua passione per la pallacanestro. Un amore ereditario. Nonostante la retorica anti-americana del regime, lo sport made in Usa era una delle fissazioni del defunto Kim Jong-il. In questi giorni si è ricordato spesso il pallone autografato da Michael Jordan offerto in dono al Caro Leader nel 2000 dall’allora segretario di Stato americano, la signora Madaleine Albright.

Sempre Max Fischer ricorda anche un altro aneddoto. Nel 2006 il San Diego Union-Tribute uscì con una storia risalente a cinque anni prima, quando funzionari nordcoreani approcciarono i manager del numero 23 dei Bulls per invitarlo a un incontro con Kim Jong-il in persona a Pyongyang. Il sei volte campione Nba declinò l’offerta.

L’interesse per la pallacanestro restò però in famiglia. Le biografie del giovane Kim e del fratello più grande, Jong-chol, offrono vari spunti al riguardo, così come sulla passione dei due ragazzi per i film di Jean Claude Van Damme. Uno dei quali, Double Team, girato proprio con Rodman assieme al quale alla fine fa esplodere il Colosseo. Nessuno dei due, dicono i racconti dei compagni di scuola nell’istituto svizzero dove furono educati sotto falso nome, pareva tuttavia troppo bravo sul campo.

L’agiografia vuole che il nuovo leader nordcoreano sopperisse alle carenze tecniche con l’agonismo e, come racconta il cuoco giapponese Kenji Fujimoto, alla cui biografia si devono le prime informazioni sul suo conto, con il senso tattico che appena 13enne lo portava ad analizzare le partite e gli errori dei compagni di squadra.

La pallacanestro è inoltre legata alle prime speranze in un nuovo corso riformista per il regime dopo la sua ascesa al potere ormai un anno e mezzo fa. Prima delle provocazioni nucleari e quando ancora circolavano indiscrezioni su cambiamenti nella struttura economica, Kim criticava i tabelloni sui canestri e il fatto che fossero neri a strisce bianche e non viceversa, come nel resto del mondo, segno dello scarso riguardo di Pyongyang per le regole internazionali.

Passata l’onda Rodman, come già a gennaio quella di Eric Schmidt, patron di Google al cui viaggio a Pyongyang seguirono apertura per l’accesso degli stranieri a internet e alla telefonia mobile, si tornerà ora a parlare di nucleare, missili e sanzioni. Cercando di capire magari se la diplomazia del basket possa avere qualche sbocco, sebbene  le prime reazioni del dipartimento di Stato Usa, all’oscuro dell’iniziativa, siano state di imbarazzo con il portavoce trincerato dietro la frase "si è trattato di un’iniziativa privata".

Per la cronaca la partita è finita 110 a 110.

[Foto credit: vice.com]