Stando a quanto riportato dalla Cnn e successivamente da gran parte dei media internazionali, i servizi segreti americani avrebbe riscontrato un ampliamento del programma di missili balistici da parte dell’Arabia Saudita grazie all’aiuto del governo di Pechino.
IL REPORT sarebbe stato consegnato a Trump, che non ne avrebbe condiviso il contenuto con il Congresso. Ad Al Jazeera, Jeff Stacey, consulente di sicurezza nazionale statunitense , impiegato al Dipartimento di Stato con Barack Obama , ha dichiarato che il rapporto sarebbe «significativo e allarmante». L’Arabia Saudita – in teoria – non può acquistare i missili balistici dagli Stati uniti per il regime di non proliferazione nel settore missilistico del 1987, ma stando alle fonti di intelligence Usa, li avrebbe acquistati dalla Cina almeno una volta negli ultimi decenni, e potrebbero aver effettuato un altro acquisto nel 2007.
Il principe ereditario saudita Mohammed bin Salman aveva detto – come riporta Agenzia Nova – che il «regno avrebbe lavorato per ottenere un’arma nucleare» nel caso in cui il suo avversario regionale, l’Iran, ne avesse sviluppato una. «Senza dubbio, se l’Iran sviluppasse una bomba nucleare, noi seguiremo l’esempio il più presto possibile», aveva detto l’anno scorso. La notizia, naturalmente, andrà verificata: al momento non ci sono reazioni da parte di Pechino, ma è innegabile una vicinanza recente tra Cina e Arabia saudita (il maggior partner commerciale di Riad), specie a seguito dell’appoggio ufficiale che Xi Jinping diede a Mohammad bin Salman in occasione del G20 nel dicembre 2018 nel bel mezzo dello scandalo legato all’omicidio di Kashoggi.
IN QUELL’OCCASIONE Xi Jinping aveva specificato che «La Cina sostiene fermamente l’Arabia Saudita nella sua spinta alla diversificazione economica e alle riforme sociali, e fornisce sostegno reciproco su questioni che riguardano i loro interessi principali».
A febbraio poi, c’è stato l’incontro diretto a Pechino. In quell’occasione l’Arabia Saudita ha firmato 35 accordi economici per un valore di 28 miliardi di dollari e un accordo di Aramco per lo sviluppo di una raffineria nel paese . Durante l’incontro, Xi aveva pure sollecitato uno sforzo congiunto Cina-Arabia Saudita per contrastare l’estremismo e il terrore.
«La Cina è un buon amico e un partner per l’Arabia Saudita», aveva detto Xi Jinping, «La natura speciale della nostra relazione bilaterale riflette gli sforzi che hai compiuto». Tra i due paesi, al di là dei missili eventuali, ci sono molti punti in discussione che riguardano tanto la Nuova via della seta (One Belt One Road o Belt and Road Initiative – e a questo proposito Mohammad Bin Salman aveva specificato che «L’iniziativa della Via della Seta e l’orientamento strategico della Cina sono molto in linea con Vision 2030 (il piano di sviluppo economico ndr) del regno» – quanto il 5G.
Riad non avrebbe difficoltà a utilizzare Huawei nonostante il pressing americano, per implementare la nuova generazione di connessioni. Secondo il The Diplomat, magazine specializzato in politica ed economia asiatica, la Cina è il modello di crescita economica a cui guarda moltissimo l’Arabia Saudita: «liberalizzazione economica con repressione interna.
L’ARABIA SAUDITA deve aggiornare la propria autocrazia a un ventunesimo secolo in cui le autocrazie devono esibirsi; fornire posti di lavoro, sicurezza pubblica e merci; essere più attente alle aspirazioni e ai sentimenti del pubblico. Il modello cinese è molto più rilevante per lo sviluppo economico dell’Arabia Saudita rispetto ai potenziali rischi per la sicurezza nazionale derivanti dall’uso della tecnologia 5G cinese».
A marzo 2019 Mercy A. Kuo, specificava inoltre che «Le relazioni militari tra Arabia Saudita e Cina, in particolare in termini di vendite di armi, solleveranno problemi nelle relazioni Usa-Arabia Saudita e potrebbero essere un indicatore chiave della direzione delle relazioni bilaterali». E ora il sospetto di vendita di missili cinesi a Riad conferma questa tendenza.
[Pubblicato su il manifesto]Fondatore di China Files, dopo una decade passata in Cina ora lavora a Il Manifesto. Ha pubblicato “Il nuovo sogno cinese” (manifestolibri, 2013), “Cina globale” (manifestolibri 2017) e Red Mirror: Il nostro futuro si scrive in Cina (Laterza, 2020). Con Giada Messetti è co-autore di Risciò, un podcast sulla Cina contemporanea. Vive a Roma.