I tifosi del Guo’an di Pechino sono troppo volgari e così il Dipartimento di Civiltà Spirituale del Partito ha deciso di diffidarli a modo suo: "Lavatevi la bocca e portate via la spazzatura". Viaggio nel "Jing ma", il più tipico insulto della working class pechinese. Ma non c’è solo quello. Si chiama “insulto alla pechinese” ed è un coro da stadio che, nato tra i tifosi del Guo’an di Pechino, si sta diffondendo anche nel resto della Cina. La parola chiave è “shabi”, che in italiano tradurremmo come “cazzone” o “coglione”, ma che di fatto è la versione letterale cinese dell’inglese “stupid cunt”.
Allo Stadio dei Lavoratori di Pechino è tutto un fiorire di “shabi”: contro l’arbitro, contro i giocatori avversari e perfino contro i propri, quando sbagliano. Se la squadra ospite effettua una sostituzione, tutto lo stadio grida “se un shabi sostituisce un shabi, sarete sempre più shabi”. E così via.
A Shanghai, l’insulto in puthonghua (il dialetto del nord che è divenuto lingua nazionale) sta ormai sostituendo il tradizionale “maiale” scandito nella lingua locale, chiaro indizio di colonizzazione culturale. E il fenomeno inquieta così tanto le autorità, che il Dipartimento di Civiltà Spirituale (esiste) del Partito, ha deciso di presidiare la partite del Guo’an in mezzo agli ultras, sia in casa, sia in trasferta. A ogni tifoso, viene consegnato un sacchetto dell’immondizia con lo slogan: “Lavati la bocca durante la partita e poi porta via la tua spazzatura”. Il Dipartimento ha tra i suoi compiti quello di promuovere una società più civile e “armoniosa”, parola che impazzava all’epoca della leadership di Hu Jintao, precedente a quella attuale, e che sostanzialmente significa una società priva di conflitti.
I filologi della strada e delle gradinate sostengono che il Jing ma – cioè “insulto alla pechinese” – sia scandito contro squadre e tifoserie ospiti fin dagli anni Novanta. È direttamente mutuato dallo slang della classe operaia pechinese e shabi, insieme a ta ma de (“di sua madre”, lasciando in sospeso il resto, proprio come in italiano) è per esempio una delle parole preferite dei tassisti incastrati nel traffico della capitale. Allo scrivente è capitato una volta di essere abbandonato sul taxi in mezzo alla corsia di una superstrada, con tanto di portiera di guida aperta, mentre il conducente inseguiva correndo un collega gridandogli shabi e ta ma de per un cambio di carreggiata irrispettoso (a macchine praticamente ferme perché si era in un ingorgo).
Tornando ai nostri ultras pechinesi, i tifosi del club color verde hanno la fama di essere i più bellicosi della Cina. Arcinota è la rivalità contro lo Shenhua di Shanghai, che si nutre anche di campanile, un po’ come succede da noi tra le squadre milanesi e quelle romane. Ma forse, la più odiata è il Taida della vicina Tianjin e, nel 2008, gli ultras del Guo’an assediarono gli ospiti per ore prima che questi riuscissero a lasciare lo Stadio dei Lavoratori.
Ora però “le guardie imperiali” (soprannome del club) si sentono un po’ perseguitate. Intervistato dal South China Morning Post, tale Benetton Yang (sì, si chiama “Benetton”, ma ho conosciuto anche un tipo che ha dato al figlio il nome di “A Mi” da AC Milan), dice che i tifosi di più o meno tutte le squadre cinesi hanno la loro versione di shabi; solo che gli altri nessuno li capisce, perché lo gridano nel loro dialetto.
Ovviamente, l’insulto pechinese non si limita alle partite di calcio. Il club di pallacanestro dei Beijing Ya – “Anatre di Pechino”, non sappiamo se c’entri il più famoso piatto della capitale – è stato multato l’anno scorso di 40mila yuan (circa 6mila euro) dall’Associazione Nazionale del Basket, perché i suoi tifosi avevano più volte gridato “shabi” alle Tigri Volanti dello Xinjiang. Nella motivazione allegata alla multa si leggeva che “verso i giocatori ospiti, i tifosi hanno manifestato un comportamento totalmente contrario alla cultura dello sport”.
Il Guo’an è attualmente primo pari merito nel campionato cinese e partecipa alla Champions League asiatica. Qualcuno dice che sia questo il motivo – più che l’azione del Dipartimento di Civiltà Spirituale – per cui allo Stadio dei Lavoratori l’insulto si sente un po’ meno. Impazza invece un’altra parola dello slang locale: niubi, che tradurremo in italiano con “figata” e che alla lettera designa l’organo genitale femminile di un bovino. Per ora, le autorità tacciono.
[Scritto per Lettera43]