La Cina che censura le rivelazioni sui Panama Papers. L’inchiesta di Bankitalia su Bank of China e le voci di riciclaggio sull’istituto cinese. Il rientro dei cervelli cinesi in fuga e le politiche del governo di Pechino. Il "miraggio" del vino italiano su Alibaba. E infine il Pil cinese che cresce al 6,7 per cento nel primo trimestre 2016. I migliori articoli della settimana nella nostra consueta rassegna del sabato. Buon weekend.
Come Pechino ha oscurato i Panama Papers di Simone Pieranni
La Cina non apprezza granché gli scoop giornalistici internazionali, è risaputo, specie quando di mezzo ci sono cittadini della Repubblica Popolare particolarmente in vista o collegati alla leadership. Così, come già con il report del New York Times sulle ricchezze di Wen Jiabao e con i China Leaks, anche i Panama Papers sono stati «oscurati».
Bank of China nel mirino degli ispettori di Bankitalia di Alessandra Colarizi
Secondo un’esclusiva della Reuters, la Banca d’Italia starebbe effettuando ispezioni in loco nelle varie sedi italiane di Bank of China, l’istituto di credito statale da alcuni anni al centro di indagini per aver facilitato presunti flussi di denaro illecito tra il Belpaese e la Repubblica popolare. Si parla di 297 persone coinvolte (sopratutto cinesi) e oltre 4,5 miliardi di euro tra il 2006 e il 2010, parte dei quali incanalato attraverso l’operatore di money transfer Money2Money. Le vicissitudini italiane arricchiscono il quadro minuziosamente tratteggiato da una recente inchiesta di Ap, che individua nella Cina la capitale mondiale del riciclaggio.
La Cina vuole accelerare il «rientro dei cervelli» di Marco Zappa
Circa 400mila haigui, «tartarughe di mare», così sono soprannominati i laureati cinesi all’estero che rientrano in patria, sono tornati in Cina nel 2015. Numeri che danno il segno di un trend in crescita negli ultimi anni, con il governo che vorrebbe attrarne sempre di più nei prossimi anni per spingere sull’innovazione. Ma permangono ostacoli difficilmente superabili nel breve periodo.
Alibaba promuove il vino italiano, ma è un miraggio di Alessandra Colarizi
«Marco Polo ha impiegato 8 anni per andare e tornare dalla Cina. Con internet possiamo impiegare 8 secondi». Non avrebbe potuto trovare parole più efficaci Jack Ma, il fondatore del colosso cinese dell’e-commerce Alibaba, intervenuto al fianco del premier Matteo Renzi in occasione della 50ª edizione del Vinitaly di Verona. Una delle fiere vinicole più prestigiose al mondo. L’obiettivo è quello di portare le vendite di vino italiano dal 6 al 60 per cento del totale delle bottiglie distribuite sulla piattaforma online, la cui costola B2C (business to consumer) Tmall conta già oltre 90 brand nostrani.
Cina-Pil, primo trimestre, più 6,7 per cento di Gabriele Battaglia
La Cina cresce nel primo quarto dell’anno in linea con le aspettative, anzi qualcosina in più, anche se permangono dubbi e tanta, tantissima cautela. Non è al momento chiaro se la crescita relativamente robusta sia un segnale della transizione in corso o il prodotto dell’ennesima «spintarella».