Quanto costa la ricerca: etnografia dai tacchi a spillo

In by Simone

Sono in Cina per far ricerca sulle lavoratrici migranti, giovani ragazze che lasciano le campagne e si riversano nelle città, alla ricerca di qualcosa e/o in fuga da qualcos’altro. A Pechino la maggior parte di esse trovano impiego più o meno temporaneo nei migliaia di ristoranti e hotel che offre la capitale. Altre lavorano nel settore delle pulizie. Altre in quello della prostituzione. I racconti di vita e le esperienze di queste ragazze sono oggetto della mia ricerca e soggetto della mia tesi di dottorato. Intervistarle e passare tempo con loro è il modo che ho scelto per collezionare materiale.

Finora avevo fatto interviste solo a cameriere e commesse di negozi. Oggi pomeriggio mi sono deciso ad entrare in uno di questi centri messaggio dove spesso si pratica la prostituzione. Sotto, il resoconto dei cinquanta minuti passati al suo interno.

È un minuscolo locale sotto un’insegna luminosa di una buia stradina tra l’Università di Lingue Straniere e quella di Scienze e Tecnologia. Sulla porta di vetro c’è scritto “Baojian Zuliao Beimo”, ovvero “cura del corpo, pedicure, massaggi alla schiena”. Rosa la luce che pervade al suo interno, interno che lascia intravedere tre ragazze in minigonna sedute su un divano rosso, una televisione accesa e un uomo vestito di nero. Entro e le tre ragazze scattano in piedi. “Prego!”, mi fanno, indicandomi le stanzine sul retro. “Fate baguan?” chiedo falsamente. “Baguan” è la coppettazione, una terapia della medicina cinese tradizionale, praticamente ti mettono delle ampolle sulla schiena: pare faccia bene alla salute. “No, qui non ne facciamo. Solo massaggi”. Mi informo sui prezzi: cinque euro per quarantacinque minuti. Mi sembra abbastanza onesto: la ricerca non solo non paga, ma costa.

Una delle tre ragazze mi accompagna nella stanzina sul retro. Fastidiosa luce rosa e offuscata. Lettino minuscolo, non c’è altro in quello che sembra in realtà uno sgabuzzino. Poso cappello e cellulare sul lettino, faccio per togliermi la maglietta ma la ragazza mi dice che devo tenerla. Mi stendo quindi sul lettino, mentre la ragazza mi chiede se ho dolori alla schiena. Comincia il suo massaggio, sedendosi accanto a me, sul fondo della schiena, sotto la maglietta. Iniziamo una tranquilla e piacevole chiacchierata. Mi dice subito che non aveva mai parlato con uno straniero: gli stranieri che vengono lì non parlano cinese. Di sicuro non vengono per parlare cinese, penso. Il messaggio è piacevole, ma niente di speciale. Dopo qualche minuto va via la luce e la ragazza imbarazzata si scusa e dice che normalmente non accade. Dopo un paio di minuti ritorna il poco di luce. Continuiamo la conversazione, parla molto volentieri e vengo a sapere che: si chiama S.Y., viene dal Fujian (provincia meridionale), vive fuori casa da cinque anni, è a Pechino da un mese, ha lavorato come massaggiatrice a Dongguan, Hangzhou e infine Pechino, ha quattro fratelli tutti sposati e i genitori fanno i contadini. Le parlo di me, di quello che faccio a Pechino, della mia ricerca, ma senza entrare troppo nei particolari.

Dopo una quindicina di minuti, forse perché stanca, forse perché confusa, mi chiede qualcosa che non capisco. Si spiega: voglio una sega? No grazie, il pistolino me lo massaggio da solo. Come se niente fosse continua il suo zelante massaggio alla schiena. Entro più nei particolari della mia ricerca, parlo di campagna e migrazione e lei mi dice che potrei andare a fare ricerca e interviste dalle sue parti. Sfortunatamente non torna a breve a casa. Comincia a chiedermi di amore e fidanzamenti nel mio paese. Io rimbalzo la domanda e entro nello specifico del suo lavoro: mangia, lavora e dorme in questo stanzino. Sette giorni a settimana. Dalle undici di mattina alle due di notte. I clienti sono quasi tutti cinesi. Ogni quaranta cinque minuti sono cinque euro, di cui lei ne prende due. Non capisco se ha un fisso al di là della “prestazione”.

Ogni tanto mi giro a guardarla, un po’ per curiosità un po’ perché il cuscino dev’essere una delle cose meno igieniche sulle quali abbia mai appoggiato la faccia. Indossa una camicetta scollata, minigonna e stivali. Belle gambe. Avrà la mia età, ma sembra più grande, direi quasi “segnata”. Non conosce nessuno, non ha amici, non esce mai dal negozio. Le interessano solo i soldi e resterà a Pechino se lo riterrà vantaggioso. Dice che al sud il clima è migliore, ma la paga è meglio qui nella capitale. A Dongguan prendeva sessanta euro al mese. È lì che ha imparato a fare la “massaggiatrice”.

Ascolto volentieri. Poi mi fa “vuoi un massaggio da qualche altra parte?”. No, no, è la schiena che mi fa male. Continua a massaggiarmi ma non a parlare, anche io non saprei cosa chiedere. Verso la fine mi chiede se voglio aggiungere un “XXX”, una parola che non conosco, probabilmente una metafora per qualcos’altro. Credo che nei cinque euro sia compresa la masturbazione, ma ogni altro servizio sessuale va pagato extra e non saprei se si arriva anche alla scopata.

Voglio dire, in altri posti sicuramente sì, in questo e con S.Y. non posso dirlo al 100%. Finiti i quarantacinque minuti, mi alzo dal lettino, dove S.Y. mangia, dorme, lavora e masturba i suoi clienti. La ringrazio, le lascio il mio bigliettino, spero tanto che mi chiami per uscire, vorrei registrare tutto quello che mi ha detto e usarlo per la mia ricerca ma non voglio chiederle troppo e soprattutto non posso pagarla per questo “servizio”.

Prendo le mie cose, torniamo al salottino, le altre due ragazze e il signore in nero stanno mangiando riso, carne di pollo e verdure varie sotto grassi strati di olio fritto. Labbra lucide e ossa di pollo, minigonne sbrodolate di frittura, unta la mano che prende i miei soldi. S.Y. si siede a mangiare, do uno sguardo alla televisione, poi a S.Y., la saluto ma lei non fa caso a me, gli altri sono troppo presi dalla carne di pollo e verdure varie sotto grassi strati di olio fritto.

Il massaggio è stato molto rilassante, sento le gambe più leggere. Ma non mi sento molto bene. Non mi sento bene accanto ad una ragazza che (con o senza costrizione) affitta il suo corpo per soldi. Non credo sia piacevole, per una donna. Non sono un moralista, penso solo che magari avrebbe piacere ad avere un altro tipo di rapporto con gli altri, invece che affittare il corpo a ore. Io il suo corpo non l’ho neanche affittato, ero lì per altro. Chissà che non si sia offesa, magari pensa che non  mi piaccia il suo corpo. Preferisco pensare che stia ridendo di me, uno stupido occidentale che non ha capito che quello è un posto per scopare. Speriamo sia così. 
 

[Foto da http://2008gamesbeijing.com]