Putin, la NATO e la Cina – La complicata situazione diplomatica di Pechino. Hu Wei: La Cina deve raggiungere il prima possibile una svolta strategica e non essere ulteriormente isolata dall’Occidente
Conosciamo la posizione ufficiale cinese, tra l’attendismo e la difficoltà di prendere una posizione chiara. Pechino ha impiegato qualche giorno a definire «guerra» quanto sta accadendo in Ucraina. Xi Jinping ha poi ribadito che la Cina è pronta a un ruolo attivo, ma permangono molti dubbi che sia davvero intenzionata a farlo. Dopo ormai 17 giorni di guerra, si cominciano a intravedere analisi provenienti dal mondo cinese.
Niente di paragonabile all’Afghanistan in mano ai talebani, quando analisti si cimentarono fin da subito a mettere in evidenza i rischi altissimi per la Cina nel pantano afgano. Sul tema ucraino si è espresso Zhao Long (Shanghai Institute of International Studies) in uno dei siti cinesi che raccoglie analisi geopolitiche. Zhao si pone nel pieno della posizione cinese circa l’accerchiamento occidentale e della Nato alla Russia e riflette sulle conseguenze anche dell’ordine mondiale: «I dubbi sul “fallimento” dei meccanismi multilaterali come le Nazioni Unite e sul “declino” del multilateralismo sono destinati ad aumentare. Un’agenda di pace diventerà la direzione prioritaria per la partecipazione dei paesi alla governance globale» e questo porterà a dare priorità alla sicurezza, ovvero al riarmo.
Più netta la posizione di Minxin Pei su Asia Nikkei Review: «Per la Cina, che avrebbe potuto beneficiare di un prolungato periodo di tensioni tra Russia e Occidente, le strade da percorrere sono diventate improvvisamente molto più insidiose. Invece di essere una beneficiaria netta di un conflitto tra Russia e Occidente, la Cina si trova ora pericolosamente vicina a essere un danno collaterale». Un percorso da seguire – spiega Minxin Pei – sarebbe smarcarsi da Putin e riavvicinarsi all’Occidente. Ma «mentre gli imprenditori privati e i funzionari pragmatici accoglierebbero favorevolmente un tale voltafaccia, la maggior parte dei leader del Pcc dubiterebbe della sua fattibilità».
Sulla stessa linea si pone Hu Wei, vicedirettore di un centro di ricerca collegato al consiglio di stato cinese (il governo). Constatato che la guerra che presumibilmente avevano in mente a Mosca non si è realizzata, il rischio per il Cremlino è ritrovarsi in una guerra lunga, con una guerriglia in Ucraina, sottoposto a sanzioni e completamente isolato. In questo scenario «Il potere dell’Occidente aumenterà in modo significativo, la Nato continuerà ad espandersi e aumenterà anche l’influenza degli Stati Uniti nel mondo non occidentale. Dopo la guerra russo-ucraina, non importa come la Russia realizzi la sua trasformazione politica, indebolirà notevolmente le forze anti-occidentali nel mondo».
Se la Cina – scrive Hu – «non prenderà misure per rispondere attivamente, incontrerà un ulteriore contenimento da parte degli Usa e dell’Occidente: l’Europa si staccherà ulteriormente dalla Cina, il Giappone diventerà l’avanguardia anti cinese, la Corea del Sud si rivolgerà solo agli Stati Uniti».
Insomma, secondo Hu la Cina si ritroverà da solo contro Usa, Nato, Quad e Aukus. Quali sono le strategie che deve attuare la Cina? Hu Wei ne identifica tre: in primo luogo «La Cina non può legarsi a Putin; deve tagliare al più presto questo cordone. Se Putin perde il potere e la Cina è sulla stessa barca con Putin, ne risentirà».
In secondo luogo «Dato che la Cina ha costantemente sostenuto il rispetto della sovranità nazionale e dell’integrità territoriale, può solo schierarsi con la maggior parte dei paesi del mondo per evitare un ulteriore isolamento. Questa posizione si rivelerà utile anche per risolvere la questione di Taiwan».
Infine «Raggiungere il prima possibile una svolta strategica e non essere ulteriormente isolata dall’Occidente. Tagliando Putin e rinunciando alla neutralità aiuterà a migliorare l’immagine internazionale della Cina e coglierà questa opportunità per facilitare le relazioni con gli Stati Uniti e l’Occidente».
Fondatore di China Files, dopo una decade passata in Cina ora lavora a Il Manifesto. Ha pubblicato “Il nuovo sogno cinese” (manifestolibri, 2013), “Cina globale” (manifestolibri 2017) e Red Mirror: Il nostro futuro si scrive in Cina (Laterza, 2020). Con Giada Messetti è co-autore di Risciò, un podcast sulla Cina contemporanea. Vive a Roma.