Per la terza notte consecutiva, Zengcheng, nel Guangdong, è stata teatro di scontri tra la polizia e i lavoratori migranti che protestavano per i maltrattamenti subiti da una venditrice ambulante. Altri scontri nell’Hubei, in un periodo di nervosismo sociale diffuso.Di seguito due articoli sulle recenti proteste e le loro novità all’interno del fenomeno degli incidenti di massa cinesi. Nella Nuovissima Cina, quella rampante ma che crea un solco sempre più ampio tra chi è ricco e chi non possiede niente, basta ormai poco per infiammare la scena sociale.
Basta una voce che rapida si sparge, catalizzando migliaia di persone in direzione di una rabbia nuova e inusuale per il paese: alla notizia del maltrattamento da parte della polizia locale nei confronti di Wang Lianmei, una venditrice ambulante, incinta, nei pressi di un centro commerciale di una cittadina nella provincia meridionale del Guandong, è partita una protesta di migliaia di lavoratori migranti. Gente arrivata nelle ricche città del sud dal Sichuan, proprio come la ragazza maltrattata. Il marito della giovane ha anche rassicurato tutti, in televisione, circa le buone condizioni di salute della moglie, ma ormai le contestazioni erano incontrollabili.
Le foto che arrivano dall’internet cinese vedono schierati in modo contrapposto, i manifestanti e le forze dell’ordine: da tre giorni ormai. Ci sono anche dei tank e più in generale una rabbia diffusa che per la prima volta non si rivolge solo contro le autorità, ma anche contro la popolazione dei residenti, i cittadini ricchi delle megalopoli cinesi. E’ questo l’elemento dirompente dei recenti scontri nel sud del paese: i migranti, braccia e spalle su cui si costruisce la prosperità cinese, hanno tentato di marciare verso la zona ricca della città con l’intento di distruggere tutto quanto si trovava davanti alla loro strada e alle loro intenzioni. E’ questo elemento classista, si sarebbe detto nella Cina di qualche decennio fa, la novità dei recenti incidenti di massa, che nel paese avvengono a migliaia durante l’anno. Si tratta di un cambiamento di obiettivi da parte di chi protesta, che solleva un piccolo velo su una nuova sensibilità da parte degli ultimi, i reietti del paese. Gli scontri del Guandong seguono di qualche giorno quelli di Lichuan in Hubei, Cina centrale: in quel caso le proteste erano nate dalla morte di Ran Jianxin, ex direttore dell’ufficio anti-corruzione locale.
Ran sarebbe morto per le ferite ricevute durante un pestaggio: non voleva cooperare nella campagna per le demolizioni e la requisizione forzata di terre. Anche in quel caso era toccato ai mezzi blindati disperdere l’ira della folla. Tra Hubei e Guandong sarebbero una cinquantina le persone arrestate, mentre le autorità dell’Hubei assicurano indagini puntigliose sulla morte di Ran: troppo tardi. I fatti arrivano in un periodo di tensione latente in Cina, dovuta al coagularsi di diversi elementi come l’inflazione, l’aumento costante dei prezzi delle case, le angherie da parte dei funzionari locali, la corruzione e le attività di demolizione ed evacuazione di poveracci, che continuano senza sosta.
Un paese sempre più diviso in due, da una parte i mega ricchi, dall’altra chi non ha potuto godere dei frutti del progresso economico. Una crisi di nervi della povera gente che il Partito aveva previsto, ma che ora deve controllare: non sono stati pochi i richiami negli ultimi tempi a necessarie manovre di controllo delle masse, da parte dei vertici del Partito. Ci sono stati arresti continui negli ambienti degli attivisti, cui poi però hanno fatto seguito solo questioni sociali: le proteste in Mongolia Interna, gli attentati di bombaroli solitari e ora il ruggito dei lavoratori migranti del paese. Un viatico poco rasserenante per il Partito Comunista cinese che rischia di vedere rovinato l’avvicinamento al primo luglio, quando compierà 90 anni.
[Pubblicato su Il Fatto Quotidiano del 14 giugno 2011] ————–Le immagini delle televisioni di Hong Kong hanno mostrato la folla assalire edifici governativi e rovesciare blindati dell’esercito, schierati per contenere gli oltre mille dimostranti. La rabbia dei mingong -lavoratori migranti- è esplosa venerdì alla notizia che le guardie di sicurezza di un centro commerciale avevano scaraventato a terra a ragazza incinta e avevano requisito la sua merce.
A poco è servita l’intervista al marito della ventenne sulle buone condizioni di Wang Lianmei e del feto. Domenica sera, verso le nove, un migliaio di lavoratori ha marciato verso il centro commerciale Phoenix City, ma è stato bloccato dalla polizia in assetto antisommossa. Il bilancio della protesta è stato di 25 fermati. Le proteste in Cina sono nell’ordine delle decine di migliaia l’anno. I dati ufficiali sono aggiornati al 2007. Quattro anni fa l’Accademia cinese per le scienze sociali registrò 80mila “incidenti”, 20mila in più rispetto all’anno precedente, in maggioranza scatenate dalla frustrazione per l’inquinamento, per la corruzione dei quadri di partito e dei funzionari governativi, per i salari da fame. Il 4 giugno a scatenare la rabbia dei cittadini di Lichuan, nella provincia centrale dell’Hubei, fu la morte del ex direttore dell’ufficio anticorruzione locale.
Ran Jianxin è morto in circostanze non chiarite mentre era detenuto per accuse di corruzione, probabilmente mossegli per essersi schierato a favore dei cittadini in alcuni episodi di esproprio di terreni. La “vendetta contro la società” ha spinto invece l’attentatore responsabile di un attacco dinamitardo che venerdì ha colpito una sede distaccata del municipio a Tianjin, nel nordest del Paese. Due i feriti nell’esplosione, secondo quanto riferito dall’ageniza Xinhua.
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