Oggi più che mai, vista la rapida ascesa economica del Dragone, le aziende locali, principali protagoniste di un dinamismo guidato dall’alto, si sono organizzate per essere competitive in tutto il mondo, sia nella struttura interna sia nei processi. Le multinazionali straniere, da parte loro, non hanno perso l’occasione di inserirsi nel cuore del paese, adattandosi alle circostanze locali. In un contesto simile, e quando si ha a che fare con le persone, servono bussole per orientarsi e le Human Resources – HR – rispondono a tale esigenza.
Ilaria Massa è responsabile delle risorse umane del settore asiatico di Versalis, azienda petrolchimica del gruppo Eni. Laureata in relazioni internazionali con prima lingua il cinese, è arrivata in Cina 8 anni fa. Si è avvicinata alle risorse umane, lavorando in una piccola realtà italiana per poi farsi le ossa da Consea, società di selezione di personale executive a Shanghai.
Quando si parla di risorse umane in Cina è da sempre stata necessaria una distinzione tra stranieri e personale locale cinese o, più in generale, asiatico.
Questi due ambiti hanno conosciuto evoluzioni differenti tra loro. “Per quanto riguarda il mondo cinese, i salari sono cresciuti tantissimo, soprattutto nelle città di prima fascia. Restano dei dislivelli economici importanti, perché i manager, a differenza degli operai, hanno visto i loro salari schizzare alle stelle e oggi hanno degli stipendi paragonabili agli occidentali e che continuano a crescere” racconta Ilaria.
Il mercato dei lavoratori stranieri, invece, ha subito negli ultimi tempi un’importante flessione. Ai massimi tra la fine degli anni ’90 e i primi del 2000, quando era in corso il processo di delocalizzazione e c’era bisogno di attingere a know-how e instaurare efficienti processi produttivi, oggi le proporzioni si sono invertite e le selezioni su stranieri sono solo una minoranza.
Oggi le aziende in Cina non hanno semplicemente più bisogno di personale straniero, almeno per quanto riguarda realtà aziendali di medie e piccole dimensioni. Con il boom del mercato locale cinese la crescita si affronta con le risorse locali, sempre più formate e consapevoli.
Discorso diverso per le grandi imprese dove però la parola d’ordine al momento sembra essere: formare personale locale, magari mandandolo per un periodo di training all’estero.
Importanti trasformazioni arrivano anche dai player cinesi. “Le aziende cinesi – afferma Ilaria – stanno acquisendo società ovunque. I problemi che si trovano spesso ad affrontare sono: la necessità di presentarsi all’esterno in modo credibile, e di riorganizzare i processi adattandoli al nuovo ruolo internazionale. Spesso il manager occidentale se parla il cinese ed è familiare al contesto, può ancora fare la differenza.
Quale bagaglio è necessario avere per operare con successo nel settore delle risorse umane?
L’esperto di HR, diventa in un contesto come quello cinese una sorta di ‘mediatore culturale’, fondamentale per aiutare il management e l’azienda a creare le condizioni necessarie per far lavorare insieme persone provenienti da esperienze e formazioni molto diverse tra loro .
Quindi ad un bagaglio di natura più tecnica, relativo proprio alle dinamiche organizzative e ad uno linguistico, si aggiunge anche un aspetto umanistico non da meno. Secondo Ilaria. “Fondamentale è capire le dinamiche economiche e politiche del contesto in cui ti muovi. La lingua anche qui è una chiave fondamentale: se parli cinese molte barriere si abbattono mentre se conosci solo l’inglese, l’interlocutore pensa che ti manchi un bagaglio culturale sulla Cina oltre che linguistico”. Il resto lo fanno intelligenza emotiva e sensibilità organizzativa, oltre che una buona dose di curiosità, che in Cina non guasta mai.
Per chi si appresta a iniziare una carriera delle risorse umane, un monito. “Sconsiglio di fare carriera da zero partendo dalla Cina. Meglio fare esperienza altrove per poi affrontare il mercato cinese con un plus” dice Ilaria.