UPDATE Processo Bo Xilai – Le reazioni alla sentenza

In by Simone

La condanna del disgraziato ex principino di Chongqing sarebbe uno spot sia per lo Stato di diritto del Dragone, sia per la risolutezza della nuova leadership. Non è sicuro che sia dello stesso parere quell’ampia fetta di cinesi qualunque presso i quali Bo continua ad avere un forte ascendente. L’ex segretario del Pcc di Chongqing avrebbe già fatto appello contro la sentenza. (Updated)
23 settembre, 15:30 – Update 

Bo Xilai avrebbe già fatto appello contro la sentenza di domenica. Lo rivela oggi Reuters, citando una fonte anonima che ha seguito il caso. Il processo di appello, prosegue Reuters potrebbe impiegare fino a 2 mesi.

Secondo il codice di procedura penale cinese, l’imputato in appello può presentare nuove prove.Tuttavia, le probabilità che il ricorso di Bo sia accettato sono minime, dato il controllo esercitato dal Partito sui tribunali del paese.

Le reazioni

Lui ha ascoltato la sentenza con un sorriso ironico stampato in faccia. Poi, dopo la lettura della condanna all’ergastolo, è esploso gridando “Ingiusto! Sleale! Il verdetto non si basa sui fatti reali. La corte non ha ascoltato le prove a mio discarico!”, chiudendo così il cerchio di una condotta processuale sempre combattiva, mai doma; ed è stato proprio questo atteggiamento di sfida, secondo molti osservatori, a far propendere la corte di Jinan per una pena molto più pesante dei 15-20 anni pronosticati.

La notizia della condanna al carcere perenne di Bo Xilai – l’ex leader di Chongqing caduto in disgrazia – rimbalzava gracchiante ieri pomeriggio nelle autoradio dei taxisti pechinesi, mentre la metropoli continuava il suo tran tran quotidiano. Oggi è tempo di ricostruzioni e commenti.

I media ufficiali cinesi sono unanimemente orientati a vedere nel “processo del secolo” il trionfo dello Stato di diritto cinese. Anzi, il fatto che all’ex leader di Chongqing, figlio di un “immortale” della nobiltà rossa (uno della “casta”, si direbbe in Italia), sia stata comminata una pena così dura, dimostrerebbe che la legge cinese non guarda in faccia a nessuno: è giusta sia con i forti sia con i deboli.

Si snocciolano così con chirurgica precisione le accuse di cui Bo è stato riconosciuto colpevole, lasciando trasparire il filo logico della sentenza.
Il verdetto ha sancito che Bo ha preso tangenti per 20,44 milioni di yuan (3,34 milioni dollari) personalmente o tramite la moglie Bogu Kailai e il figlio Bo Guagua nel periodo 1999-2012 – scrive ad esempio China Dailyquando era sindaco e capo del partito di Dalian, governatore della provincia del Liaoning e ministro del Commercio”.

E così via: è stato corrotto dall’uomo d’affari Tang Xiaolin per 1,1 milioni di yuan; ha concesso favori a Xu Ming , presidente del Dalian Shide Group, in cambio di 9,33 milioni di yuan; ha sottratto 5 milioni di yuan a un progetto governativo nel 2002; ha commesso abuso di potere mentre la polizia indagava sull’omicidio del cittadino britannico Neil Heywood, commesso da sua moglie e avvenuto nel novembre 2011; ha poi abusato di potere di nuovo, rimuovendo Wang Lijun dal suo incarico di capo della polizia di Chongqing, rimozione che ha indotto Wang a cercare la fuga verso il consolato americano di Chengdu.

A riprova che il verdetto sia stato giusto, i giornali riportano anche che Bo è stato scagionato da un’altra accusa per mancanza di prove: quella secondo cui avrebbe chiesto al già citato Xu Ming di rimborsare alla propria famiglia biglietti aerei e altre spese per un totale di 1,34 milioni di yuan.

Si riporta anche che, al di là delle prove emerse dal dibattimento, il disgraziato ex leader si sarebbe riconosciuto colpevole di alcuni dei reati negli interrogatori pre-processuali. Tuttavia – si riconosce – l’imputato ha poi dichiarato che alcune di queste confessioni gli sarebbero state estorte “sotto grande pressione mentale”. Ma il giudice ha però respinto la richiesta di stralcio della confessione fatta dai legali di Bo, poiché “sulla base del codice penale, le pressioni denunciate da Bo non sono state forzate”. Insomma, si trattava di stress psicologico autoinflitto.

Sul social network Weibo, solitamente espressione della coscienza critica cinese, pare che il controllo abbia per ora funzionato piuttosto bene: fioccano infatti i commenti che plaudono alla sentenza in quanto esempio di equità e giustizia e quelli, più di costume, di coloro che si compiacciono o, viceversa, imprecano per avere azzeccato o perso una scommessa sul verdetto (i cinesi amano il gioco, si sa). Tuttavia, uno dei molti supporter di Bo è riuscito a postare: “Meglio morire in piedi che vivere in ginocchio. La storia proverà la tua innocenza”. Qualcun altro, più cinico, ha commentato: “È tutto uno show”, lasciando intendere che nulla cambia sotto l’ampio cielo della corruzione cinese.

Ed è proprio questo, invece, l’altro aspetto che gli organi d’informazione ufficiali insistono a sottolineare: il fatto che la condanna di uno come Bo, cioè di un pezzo grosso di tale portata, sia la dimostrazione di quanto la nuova leadership cinese sia intenzionata a fare sul serio nella sua lotta contro la corruzione. “Il processo a Bo è un campanello d’allarme per i funzionari corrotti e mostra la determinazione e la fiducia del governo centrale nel portare avanti la campagna anti-corruzione”, scrive il Global Times. “Tale campagna – si aggiunge – non si tradurrà in una serie di discorsi vuoti”.

In definitiva, la condanna del disgraziato ex principino di Chongqing sarebbe la classica fava che acchiappa due piccioni, almeno nelle intenzioni della vulgata ufficiale: uno spot sia per lo Stato di diritto del Dragone, sia per la risolutezza della nuova leadership. Non è sicuro che sia dello stesso parere quell’ampia fetta di cinesi qualunque presso i quali Bo continua ad avere un forte ascendente.

Un’amica ci ha confidato: “Da donna, dico che la presenza di Bo avrebbe fatto scomparire Xi Jinping e Li Keqiang”. Dietro questa affermazione apparentemente così semplice, c’è in realtà una valutazione a tutto tondo: carisma, physique du rôle, politica non allineata con il modello liberista dominante, un dirigismo condito da estetica maoista e capace però di far crescere Chongqing di un buon 14 per cento annuo, morsa anticorruzione che ha conquistato i molti esasperati dalle pratiche di illegalità diffusa. Bo era una presenza decisamente ingombrante.

Non a caso, il South China Morning Post fa osservare che l’ergastolo comminatogli potrebbe ridursi a vent’anni in caso di buona condotta. A quel punto – stiamo parlando di un’eventuale scarcerazione nel 2033 – l’ex leader di Chongqing avrà già 84 anni e, soprattutto, il mandato dell’accoppiata Xi-Li sarà già finito da un abbondante decennio; oltre a non reggere più le sorti della Cina, i due attuali leader saranno fuori dalla scena politica in senso lato anche per sopraggiunti limiti di età. Non dovranno spiegare più nulla a nessuno. È forte il sospetto che abbiano voluto toglierselo dai piedi.

[Scritto per Lettera43]