“Il giorno dopo, Xi Jinping doveva visitare il museo della grande guerra patriottica a Minsk. Alle due di notte, ci chiese di ispezionare di nuovo l’edificio per verificare tutti i dettagli del protocollo. Mi colpì come i suoi funzionari fossero spaventati di lui”. A parlare è Pavel Slunkin, che su Twitter ha raccontato un inedito e rivelatore dettaglio di una visita del 2015 in Bielorussia del presidente cinese. Il soggetto al centro di quel racconto è Qin Gang. All’epoca coordinava i viaggi internazionali di Xi. Da ieri, invece, è il primo ministro degli Esteri cinese rimosso dal suo incarico dopo decenni. Una decisione comunicata al termine di una riunione d’emergenza del Comitato permanente dell’Assemblea nazionale del popolo. Al suo posto ritorna Wang Yi, attuale capo della diplomazia del Partito comunista e predecessore di Qin. Sarà chiamato a dirigere i tentativi di dialogo con gli Stati uniti, compreso il probabile viaggio di Xi a San Francisco per il summit Apec di novembre. Di 13 anni più anziano rispetto all’erede, Wang aveva di fatto già preso il controllo delle operazioni da qualche settimana, sostituendo Qin sia a Giacarta alla ministeriale Asean, sia nei vari incontri con Janet Yellen, John Kerry ed Henry Kissinger. Già, perché Qin non si vede dal 25 giugno. Ultime apparizioni in pubblico: gli incontri con diplomatici di Sri Lanka, Vietnam e Russia. Poi più nulla. Dopo aver chiesto il rinvio della visita di Josep Borrell a Pechino, il governo cinese ha scelto di motivare la prolungata assenza con ragioni non meglio specificate di salute lo scorso 11 luglio.
Non è bastato a spegnere i dubbi, che anzi da allora si sono moltiplicati. Stavolta non solo su testate e account legati all’India o ai Falun Gong, spesso origine di disinformazione come nell’assurda fake del golpe dello scorso autunno. No, le ipotesi su Qin sono circolate in grande quantità anche sui social cinesi. La teoria più quotata è quella della relazione extraconiugale con una giornalista cinese di Phoenix Tv, Fu Xiaotian. Non parrebbe abbastanza per giustificare un provvedimento disciplinare grave come la rimozione. Qin non sarebbe certo il primo alto funzionario cinese ad avere un’amante. C’è un però: la relazione sarebbe nata e cresciuta negli Stati uniti, mentre Qin era ambasciatore a Washington. Un ruolo, come evidente, ben più delicato di altri. Non solo. Alcuni post della stessa giornalista su Weibo sembrano rafforzare la convinzione di chi sostiene che i due abbiano avuto anche un figlio. A supporto della tesi ci sarebbe la foto di un neonato pubblicata al fianco della parola “vittoria” proprio nel giorno in cui Qin è stato nominato consigliere di Stato, suggellando una inusualmente rapida ascesa alla diplomazia cinese. Una scalata che sarebbe stata favorita dalla fiducia riposta in lui proprio da Xi, tanto da farlo passare senza fermate intermedie dall’ambasciata negli Usa al ministero degli esteri.
Addirittura c’è chi immagina un legame della reporter coi servizi segreti britannici. Nulla di dimostrato. Resta del tutto possibile che il problema sia davvero di salute. A rafforzare l’ipotesi ci sarebbe la mancata rimozione dal ruolo di consigliere di Stato, il che farebbe pensare a una sostituzione ad interim e allontanerebbe gli scenari politici più estremi. Anche se c’è chi non esclude possa anche essere un tentativo di guadagnare tempo continuando a sostenere la versione medica mentre si porta avanti un’eventuale indagine disciplinare.
Di certo la scarsa trasparenza sulle condizioni di Qin ha alimentato i sospetti. Un problema segnalato qualche giorno fa da Hu Xijin, super influencer ed ex direttore del nazionalista Global Times. “Alcune questioni sono sensibili o riservate ed entro un certo periodo di tempo è comprensibile che non possano essere discusse, ma questo periodo dovrebbe essere breve”, ha scritto Hu su Weibo. “È necessario trovare un equilibrio tra la necessità di tenere le cose sotto controllo e il diritto del pubblico di sapere”.
Di Lorenzo Lamperti
[Pubblicato su il Manifesto]
Classe 1984, giornalista. Direttore editoriale di China Files, cura la produzione dei mini e-book mensili tematici e la rassegna periodica “Go East” sulle relazioni Italia-Cina-Asia orientale. Responsabile del coordinamento editoriale di Associazione Italia-ASEAN. Scrive di Cina e Asia per diverse testate, tra cui La Stampa, Il Manifesto, Affaritaliani, Eastwest. Collabora anche con ISPI. Cura la rassegna “Pillole asiatiche” sulla geopolitica asiatica.