Come succedeva nel secolo scorso, il prezzo dell’oro viene ancor oggi stabilito da uno sparuto circolo di potere che si riunisce attorno alla London Bullion Market Association (LBMA). Broker autorizzati ed esponenti dei maggiori gruppi bancari al mondo (ne fanno parte The Bank of Nova Scotia Mocatta, HSBC Bank, Deutsche Bank, Société Générale e Barclays Bank) si riuniscono due volte al giorno (alle 10,30 e alle 15 ora di Londra) per stabilire il gold fixing, il punto di riferimento internazionale per il prezzo dell’oro fisico che costituisce la quotazione ufficiale.
Il prezzo dell’oro è il risultato di un’alchimia tra tassi di interesse nazionali, l’equilibrio tra domanda e offerta e la situazione a livello geopolitico. In caso di forti tensioni o conflitti, i grandi investitori sono spinti a investire maggiormente in oro in cerca di maggiori sicurezze e di una fonte per diversificare il loro portafoglio, alzandone di conseguenza il prezzo.
Che quello che viene deciso nella City possa influenzare la vita e le scelte di milioni di Indiani, appare sorprendete ma ha un solo responsabile: la dote. Benché vietata da una legge del 1960, la pratica della dote è più viva che mai in India e si è anzi diffusa anche nei paesi vicini (Sri Lanka, Bangladesh), arrivando in America, UK e Canada al seguito della diaspora indiana nel mondo.
Tradizionalmente la dote, che in media corrisponde a 4 /8 volte il reddito annuo della famiglia della sposa, è una somma di denaro elargita allo sposo e al suo lignaggio sotto forma di gioielli o proprietà terriere. Nata come forma di anticipo sull’eredità, simbolicamente sta ad ammantare di buoni auspici l’ingresso della sposa nel clan del suo sposo. La pratica si è evoluta negli ultimi decenni prendendo a volte la forma di finanziamento per sostenere la formazione dello sposo all’estero o periodi di lavoro nella Silicon Valley, garanzia di un futuro professionale migliore in India.
Una costante è però rimasta ed è quella relativa alla centralità dell’oro, bene rifugio per eccellenza per la classe media Indiana, è elemento centrale di ogni dote che si rispetti,non solo tra le famiglie Hindu ma anche tra le comunità musulmane e cristiane. Solo seconda alla Cina per importazioni di oro, nel solo 2017 l’India da sola ha importato 855 tonnellate d’oro, sulle 3150 estratte nel mondo. Sebbene una correlazione tra la preferenza di figli maschi, fenomeno tipicamente asiatico e non solo Indiano, e causa del fenomeno delle donne mancanti più volte portato all’attenzione del grande pubblico dall’economista indiano e premio Nobel Amartya Sen, sia già nota, il legame con la fluttuazione dei prezzi dell’oro apre nuovi scenari.
Non potendo disporre di dati sulle transazioni legate alla dote, gli studiosi hanno incrociato i numeri relativi alle fluttuazioni mensili del prezzo dell’oro dal 1972 al 2005 con quelli sui decessi infantili. Ne è uscito un quadro sorprendente, giacché ad ogni sensibile aumento nel prezzo dell’oro, corrisponde un incremento altrettanto sensibile dei decessi di neonati femmine nel primo mese di vita. Il 1980 è un anno esemplare per dimostrare la validità dell’assunto. Nel mese di marzo si registrò infatti un picco nel prezzo dell’oro che raggiunse un tetto storico vicino agli 850$ l’oncia, e a cui corrispose un aumento netto nella mortalità di neonate femmine. Gli studiosi, tutti di origine indiana, non si sono dovuti sforzare granché per capire che la mortalità infantile fosse da attribuirsi alla tendenza a riservare cure inferiori alle neonate femmine che si traduce in minore copertura vaccinale, meno allattamento, che espongono le bambine a maggiori pericoli rispetto ai coetanei maschi. Altro fatto significativo è che i dati esistenti a partire dal 1986, anno di diffusione su larga scala dell’uso delle ecografie in India, vedono i decessi di femmine calare così come le percentuali di nascita di femmine, segno che qualche sorta di pianificazione prenatale è stata operata su larga scala.
Lo studio aggiunge nuovi ed importanti elementi di corrispondenza tra l’andamento dei prezzi delle commodity e le ripercussioni sulla più grande democrazia del mondo. Conseguenze che vanno a toccare sempre la componente più debole della società, le spose vittime della dote e le bambine.
[Pubblicato su Il Fatto quotidiano online]
Esperta di sostenibilità sociale e ambientale. Si è formata nel mondo della ricerca accademica (prima alla Fondazione Eni e in seguito all’Università Bocconi) ed é arrivata in Cina nel 2007. Negli anni cinesi ha lavorato come consulente e collaborato con diverse testate italiane online quali AgiChina e China Files per le quali ha tenuto il blog La linea rossa e la rubrica Sustanalytics oltre a curare il volume “Cina e sviluppo sostenibile, le sfide sociali e ambientali del XXI secolo, L’Asino d’oro (2015). Dopo una parentesi nel settore privato come Communications & Corporate Affairs Manager in Svizzera, é rientrata in Italia e ora vive a Milano.