Da fabbrica del mondo a paese che cerca lo sviluppo del mercato interno. Un passaggio che porta la Cina a trasformarsi, a modificare la propria struttura produttiva, con conseguenze sociali ancora una volta epocali. Anche nei polmoni economici del paese e nelle grandi città sempre più spinte verso i servizi, affiora ormai la lotta – che in Europa conosciamo bene – tra chi chiede flessibilità e chi chiede garanzie.
In Cina il mondo del lavoro sta cambiando rapidamente: sono aumentati i salari in alcune zone del paese, anche del 17 percento negli ultimi anni, i milioni di nuovi laureati faticano a trovare impiego e ultimamente anche Pechino ha scoperto il lavoro precario, e con esso le agenzie interinali.
Dal primo luglio è entrata in vigore la revisione della legge sul lavoro del 2008, che dovrebbe regolamentare milioni di lavoratori, quelli che vengono presi in «outsourcing» per sostituzioni o tempi brevi, con l’intento di limitare le irregolarità e lo sfruttamento dei «precari». Almeno in teoria, la legge dovrebbe provvedere a modificare quella del 2008, aumentando le garanzie di chi viene assunto come «interinale».
Ma la realtà non appare così chiara e conseguente agli auspici: sempre teorica pare infatti che rimanga anche quella parte di legge che richiede lo stesso trattamento di salario ai precari, rispetto ai garantiti che finiscono per sostituire o affiancare. Ancora teorica, anche perché da stabilire, la «quota» di lavoratori atipici che ogni azienda potrebbe assumere.
Ad ora, dato che non è ancora stato stabilito il limite, un po’ tutti se ne stanno approfittando (specialmente le aziende di stato, il che pone la questione anche da un punto di vista politico, visto che sono i colossi cinesi che molti dei liberals vorrebbero smembrare in nome della crescita del capitalismo privato).
Secondo un sondaggio del sito people.com.cn – il website del Quotidiano del Popolo, l’organo ufficiale del Partito comunista cinese – i lavoratori occasionali della Guangdong Mobile a Canton guadagnerebbero solo un terzo della retribuzione dei dipendenti della società. La Federazione cinese dei sindacati, impegnata da tempo nel sensibilizzare circa la nuova legge, ha suggerito che «la percentuale di lavoratori esternalizzati rispetto a quelli impiegati direttamente non era più del 5 per cento».
Il South China Morning Post di Hong Kong ha riportato l’opinione di «un manager di un’agenzia di lavoro interinale di Shanghai, secondo il quale la cifra reale sarebbe superiore» tanto che si dice felice di quanto il provveddimento del 2008 abbia migliorato il business della sua azienda.
«In media, racconta, più della metà dei lavoratori presso le aziende con cui lavoriamo sono mandate da noi – in alcuni casi la percentuale è del 90 per cento». Se avesse seguito la regola non scritta, secondo la quale le assunzioni precarie non dovrebbero superare il 10 per cento del numero dei lavoratori impiegati, «la mia azienda avrebbe chiuso entro uno o due anni».
Cos’è successo dunque? Nel 2008 viene approvata la nuova legge sul lavoro in Cina con un’attenzione particolare alle assunzione delle agenzie interinale. La discussione da cui nacque il provvedimento legislativo avvenne tra il clamore generale, perché secondo le aziende avrebbe portato a peggiorare la competitività cinese sui mercato mondiali, tutelando troppo i lavoratori. Da parte loro, i soggetti della legge non si dissero particolarmente entusiasti.
Secondo il China Labour Bullettin (CLB), ong di Hong Kong che si occupa del mondo del lavoro in Cina, «forse la ragione per cui nessuno sembra fare grande affidamento sulla nuova legge è perché nessuno pensa davvero che farà quello che dovrebbe fare, ovvero arginare gli abusi del sistema delle agenzia di lavoro in Cina e garantire che tutti i dipendenti che lavorano nel stesso business ottengano parità di retribuzione a parità di lavoro».
Quando la legge entrò in vigore cinque anni fa le aziende fecero di tutto per arginarla: furono soprattutto le grandi aziende di proprietà statale ad utilizzare contratti atipici attraverso le agenzie di lavoro interinale. «In alcuni casi, dicono al CLB, più di due terzi dei dipendenti a tempo pieno che lavorano presso le aziende di Stato sono in realtà i lavoratori temporanei».
La Federazione dei sindacati cinesi (ACFTU) ha stimato che nel 2011 sarebbero stati circa 60 milioni i lavoratori assunti tramite agenzie in Cina, «ma il numero reale potrebbe essere molto più alto».
Secondo la revisione della legge, in vigore dal primo luglio, le posizioni di lavoro «temporanee» non possono essere estesi oltre i sei mesi, le posizioni «ausiliari» devono essere estranee al core business della società, e le posizioni «sostitutivi» possono essere riempite solo quando un dipendente è lontano dal lavoro per un certo periodo di tempo a causa di formazione, ferie e altre possibilità.
La nuova legge inoltre richiederebbe che le agenzie interinale fossero provviste di un capitale minimo – da 500 mila a 2 milioni di yuan (da 60 a 250 mila euro) – con un aumento delle multe nel caso di violazioni.
«Anche se questi cambiamenti sono certamente benvenuti, dicono da Hong Kong gli attivisti del CLB – molti osservatori dubitano della nuova legge sarà efficace. Un avvocato di Shenzhen ha dichiarato che è difficile affermare ora se la nuova legge contribuirà a frenare gli abusi delle agenzie del lavoro o se i datori di lavoro troveranno nuovi modi per arginare la legge».
[Scritto per il manifesto; foto credits: www.everyoneschance.ca]