Di seguito la seconda parte dell’articolo della rivista in lingua cinese Nanfeng Chuang: una lunga intervista al professor Wang Jisi, preside della facoltà di Relazioni internazionali, dell’Università di Pechino, sull’immagine della Cina all’estero e all’interno del paese. Una riflessione sulla politica internazionale e sulla creazione degli immaginari nell’attuale scenario geopolitico mondiale.
La “demonizzazione” generale nei media occidentali.
NFC: qualche anno fa, non si smetteva di dare interpretazioni e formulare teorie su “il collasso cinese” e “la minaccia cinese”, molti ritenevano che queste dichiarazioni rientravano nella cospirazione dei media occidentali di “demonizzare” la Cina. Lei che ne pensa? Perché si verifica una distorsione nell’immagine internazionale della Cina ?
WJS: penso che i media occidentali non solo “demonizzano” la Cina, ma, è un dato di fatto, “demonizzano” tutti, compresi i leader politici dei loro paesi, e questo è dovuto alle caratteristiche dei media occidentali. Quello che dobbiamo verificare è se i media occidentali stanno portando avanti una “demonizzazione” particolare nei confronti della Cina o no.
In effetti, non dobbiamo preoccuparci troppo delle notizie sulla Cina nei media occidentali. Per degli articoli sulla Cina che all’estero hanno avuta poca influenza, alcuni media cinesi hanno parlato di “dibattiti accesi” in occidente e questo, in realtà, è un’esagerazione dei fatti. Ogni giorno guardo i siti del New York Times, del Newsweek e altri, e tra tutti gli articoli nella sezione internazionale, posso affermare con sicurezza, i media occidentali non hanno tanto gli occhi puntati sulla Cina come noi pensiamo; in proporzione al resto gli articoli sulla Cina sono una piccola percentuale. I media occidentali seguono di più le notizie interne mentre per quelle internazionali ci sono sempre la finanza internazionale, la Corea del Nord, l’Iran, il Pakistan, e altre questioni delicate, perciò a parte il Tibet, Taiwan ed eventi imprevisti, la Cina da molti punti di vista non rappresenta un argomento caldo. Ovviamente, data l’enorme l’influenza dell’economia cinese sul mondo, gli articoli riguardanti l’economia e il commercio con la Cina sono aumentati. Ma se si considerano solo i media occidentali senza guardare altro, e in particolare se si leggono solo gli articoli sulle notizie negative sulla Cina, allora è naturale leggere tutto ciò come una “demonizzazione” della Cina.
Per quanto riguarda la distorsione dell’immagine, il motivo per cui si crea questa circostanza risiede sicuramente nei contrasti tra l’immagine propria che la Cina ha di se stessa, e la considerazione che della Cina hanno gli altri. Però questo fenomeno in genere non è creato di proposito, bensì generato dalla diversa comprensione e interpretazione che parti diverse hanno dello stesso evento.
NFC: molti cinesi credono che se l’immagine all’estero del nostro paese non è abbastanza buona la causa sta nella poca efficacia della nostra “propaganda”, o nel fatto che la nostra nazione non è abbastanza potente. Secondo lei è così? Per un paese, quale è il punto chiave nel processo di creazione della propria immagine all’estero?
WJS: in tale processo, il punto chiave è la propria immagine, quella che il paese ha di se stesso, quella interna, che dipende da quanto quel paese è in grado o meno di rendere soddisfatti i suoi cittadini. Se il prestigio di un governo nel cuore del suo popolo è alto, allora l’immagine internazionale è sicuramente buona. Se il popolo non è soddisfatto, sostanzialmente l’immagine all’estero non può essere positiva. Allo stesso tempo è prima di tutto poco probabile, e in secondo luogo trascurabile, che della Cina siano soddisfatti i cinesi ma che non lo siano gli stranieri.
La Cina non è il governo del mondo e non ha obblighi di responsabilità particolare verso il mondo, ma deve rispondere prima di tutto al suo popolo. Ci sono troppi proverbi in Cina che riassumono questa cosa: “se si fanno le cose con coscienza, non si ha paura che i fantasmi bussano alla porta” o “un uomo retto non teme le dicerie!”
La pubblicità all’estero comparata con la soddisfazione di un popolo è secondaria, né ha molto a che fare con l’immagine internazionale del paese. Intensificare tale propaganda, rafforzarla per migliorare l’immagine, parlare a voce più alta o scrivere e tradurre di più in altre lingue per avere un’immagine migliore rientra nel modo di pensare proprio dei cinesi, che non funziona se applicato al metodo di divulgazione delle notizie nella società occidentale.
Certamente le tecniche di divulgazione delle notizie vanno migliorate; se a certi contenuti non credono gli stessi cinesi, come si possono convincere gli stranieri?
Inoltre la considerazione della Cina all’estero è, in una certa misura, direttamente plasmata anche dai cinesi stessi; il governo non può sostituirsi alle persone e alle loro azioni private, né può modellare la loro immagine personale. Una persona che arriva in un paese e attraverso un’osservazione diretta si accorge che le strade sono pulite, che l’aria è buona e le persone sono tranquille, avrà un’immagine positiva di quel paese.
Riguardo la forza, che livello deve raggiungere per essere considerata grande? In base a questa logica, paesi come la Danimarca o il Bhutan non potranno mai avere una buona considerazione a livello internazionale, mentre quella dell’America sarà certamente molto in alto. Tra questo tipo di giudizio e la realtà c’è una discrepanza. Non è importante che la forza di un paese sia grande o meno, ma è fondamentale che la vita dei suoi cittadini sia soddisfacente e che il livello di soddisfazione sia alto. [Continua]
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