In Canada, su richiesta delle autorità americane, il 1° settembre 2018 è stata arrestata Meng Wanzhou 孟晚舟, figlia del fondatore di Huawei e direttrice finanziaria del colosso delle telecomunicazioni; i capi di imputazioni sono pesanti: frode bancaria, frode elettronica, complotto con l’Iran cui avrebbe venduto tecnologia telecom usando due società schermo. Da settembre 2019, l’ambasciatore cinese in Canada è Cong Peiwu丛培武; prima di questo incarico, Cong era stato consigliere presso l’ambasciata cinese in Gran Bretagna, e successivamente al Ministero degli Affari Esteri cinese come capo del Dipartimento per gli affari in Nord America e Oceania. Vediamo quali piroette dovrà inventare per evitare che la signora Meng venga estradata negli Stati Uniti e, nello stesso tempo, senza esacerbare i problemi legati agli aumenti americani dei dazi.
In effetti, da tempo la diplomazia cinese fa salti mortali doppi e tripli per mantenere rapporti formalmente corretti con gli USA. Per esempio, in pieno contenzioso sui dazi commerciali e mentre nell’aria volteggiavano le accuse di spionaggio alla Huawei, l’8 marzo 2019, durante l’incontro annuale con la stampa, il ministro degli Esteri cinese, Wang Yi 王毅 si è felicitato per il «dialogo costruttivo» con gli USA (mah!), e ha anche affermato che gli interessi di Pechino e di Washington sono «inseparabili». Mah! Mah!
Con l’Africa va senz’altro meglio. In una decina d’anni, fino a oggi, la diplomazia cinese ha effettuato 79 visite in 43 paesi riuscendo a intessere quella rete di rapporti interpersonali che in Cina ha un nome preciso: guanxi 关系. Il guanxi, o meglio i guanxi, procedono a cerchi concentrici: si parte dalla famiglia, poi gli amici prossimi, gli amici degli amici, i colleghi di studio, quelli di lavoro, i consoci di un club, e così via. Senza i guanxi non si dinamizzano gli affari. Applicati in diplomazia, si sollecitano i guanxi con la presenza continua e massiccia sul territorio da approcciare, e creando rapporti personali duraturi basati su interessi comuni, cosa che permette di tenere fuori eventuali concorrenti. In poche parole, i guangxi favoriscono lo scambio di favori e servizi.
E così, ritornando al continente africano, dove la rete di guanxi con i capi di stato ha permesso alla Cina di instaurare rapporti diplomatici e partenariati, il paese più coinvolto è il Sud Africa, ma possiamo dire che quasi tutti gli altri stati sono stati investiti dalla diplomazia cinese e da conseguenti legami politici e commerciali, tranne quelli in cui ci sono problemi di sicurezza (Libia, Sudan del Sud e Somalia), oppure che hanno preferito una relazione privilegiata con Taiwan (Swaziland, Burkina Faso). È interessante notare che i Cinesi in un primo tempo hanno preferito instaurare rapporti bilaterali con gli stati africani (tipici dei guangxi), laddove gli Occidentali hanno privilegiato le conferenze multilaterali. Il successo della Cina in Africa si misura anche rispetto alla probabile nascita dell’ECO (Economic Community of West African States), la nuova moneta che dovrebbe rimpiazzare il franco CFA (Communauté Financière Africaine) rendendo i paesi liberi dall’influenza finanziaria francese. Grazie ai guanxi, si ventila l’idea di legare l’ECO allo yuan cinese.
Nella diplomazia cinese, dunque, i guanxi sono fondamentali, e lo sono sin dall’antichità come dimostra la vicenda di Feng Liao 冯 缭, la prima donna a effettuare una missione diplomatica per il governo del Celeste Impero, e la prima ambasciatrice tout court che la Storia ricordi. Ve la racconto perché sembra una novella popolare dedicata proprio ai guanxi.
Siamo nel I secolo a.C., in Cina regna la dinastia Han 汉; ai confini occidentali vive il popolo dei Wusun 烏孫 (letteralmente: Nipoti Neri), un’etnia seminomade delle steppe, di origine indo-europea, che tra i suoi miti popolari ne annovera uno identico a quello di re Mida, tocco aureo e orecchie d’asino comprese. I Wusun dovevano apparire ben strani agli Han perché in un testo cinese sulla divinazione – lo “Jiaoshi yilin” 焦氏易林 (Foresta delle trasformazioni del clan Jiao, II secolo a.C.) – vengono descritti come alti, dagli occhi verdi, capelli rossi e con il corpo ricoperto di peli «come i macachi». Per evitare aggressioni da questo popolo considerato barbaro, e per rendere sicura la regione alle carovane dei mercanti cinesi, gli Han ricorsero a una delle pratiche dei guanxi più rodata: il matrimonio; infatti, due principesse imperiali furono inviate come spose a due re dei Wusun.
Nel 64 a.C., il re dei Wusun era Wujiutu 烏 就 屠, sposato con una di esse, la principessa cinese Liu Jieyou 刘解忧; la serva preferita della principessa si chiamava Feng Liao 冯 缭, una donna talmente fedele e ben voluta, che per premiarla dei suoi servigi le avevano fatto sposare un generale Wusun, innalzandola dunque nella scala sociale.
In quel periodo, gli eserciti degli Han erano impegnati in una logorante guerra con i Xiongnu匈奴, l’etnia turco-mongola i cui eserciti erano ben conosciuti in Europa con il nome di Unni (nel V secolo, sotto la guida di Attila, attaccarono perfino l’impero romano d’Occidente). Siccome la madre del re dei Wusun era una Xiongnu, gli Han temevano che egli avrebbe potuto fornire aiuto ai loro nemici. Il governatore cinese che controllava le regioni occidentali, ricordando che Feng Liao era sposata con un militare Wusun, la incaricò di persuadere il re Wujiutu a non allearsi con i Xiongnu. La missione riuscì e Feng Liao fu chiamata a corte dall’imperatore cinese che, riconoscendo la sua abilità diplomatica, la nominò ufficialmente ambasciatrice cinese presso il regno Wusun.
Forse ci vorrebbe qualcuno come Feng Liao esperta di guanxi per aiutare la signora Meng Wanzhou alla quale auguriamo che riesca a chiarire presto e favorevolmente per lei la propria posizione nel contenzioso USA-Huawei. Più in generale, ci auguriamo soprattutto che la diplomazia, guanxi o non guanxi, serva realmente a risolvere tutti i contenziosi, non soltanto quelli commerciali ma anche quelli in cui si confrontano esseri umani contro altri esseri umani “l’un contro l’altro armati”. Perché la diplomazia riesca in questo intento, bisogna però che i ministri degli esteri di ogni Paese non siano ostaggio dei bulletti di turno che attualmente dirigono o influenzano molti governi, ma siano persone responsabili, amanti del dialogo, equilibrati, di grande cultura e di grande esperienza, e non bambini ignoranti e presuntuosi, abbigliati sempre col vestitino della prima comunione per sembrare adulti, e che disertano importanti riunioni internazionali per restare nel proprio Paese a fare danni o a giocare a chi ha l’ultimatum più grosso con altri bambini altrettanto ignoranti e presuntuosi. Che la Storia li fulmini!
Di Isaia Iannaccone**
*Isaia Iannaccone, nato a Napoli, chimico e sinologo, vive a Bruxelles. Membro dell’International Academy of History of Science, è specialista di storia della scienza e della tecnica in Cina, e dei rapporti Europa-Cina tra i secoli XVI e XIX. È autore di numerosi articoli scientifici, di trattati accademici (“Misurare il cielo: l’antica astronomia cinese”, 1991; “Johann Schreck Terrentius: la scienza rinascimentale e lo spirito dell’Accademia dei Lincei nella Cina dei Ming”, 1998; “Storia e Civiltà della Cina: cinque lezioni”,1999), di due guide della Cina per il Touring Club Italiano e di lavori per il teatro e l’opera. Ha esordito nella narrativa con il romanzo storico “L’amico di Galileo” (2006), best seller internazionale assieme al successivo “Il sipario di giada” (2007, 2018), seguiti da “Lo studente e l’ambasciatore” (2015), “Il dio dell’I-Ching” (2017) e “Il quaderno di Verbiest” (2019)