Noto come Hong Kong Express in Italia, è il film che plasma il nostra immaginario collettivo sull’ex colonia britannica, che al momento delle riprese non era ancora “ex”. La Chungking Mansion, il palazzo di Kowloon che ospita 4mila abitanti e un numero indefinito di attività di tutti i generi, è il claustrofobico set di due storie d’amore non realizzato, che si svolgono in successione.
I protagonisti sono due poliziotti dal cuore spezzato.
Il primo è Lui Qiwu, noto anche come Cop 223, che è stato mollato dalla fidanzata il primo aprile e da quella data trascorre ogni singolo giorno del mese che lo separa dal primo maggio (data del suo compleanno) comprando un barattolo di ananas che scade proprio in quel giorno. Il simbolismo è chiaro: entro la fatidica data, o lei tornerà o l’amore sarà “scaduto” per sempre. In parallelo si svolge la storia di una misteriosa trafficante di droga dalla parrucca bionda. I due si sfiorano più volte tra i corridoi della oppressiva “Mansion” finché, proprio il primo maggio, quasi si “toccano”. Ma non c’è tempo né modo di fermarsi o incontrarsi. Non lì.
La seconda storia inizia dove finisce la prima, cioè nel take-away dove Qiwu va per lo spuntino quotidiano. Qui è arrivata Faye, la nuova cameriera, che ascolta compulsivamente ad alto volume “California Dreamin’” e prova una discreta attrazione un altro poliziotto, numero di matricola 663, habitué del take-away. Lui ha una fidanzata, di professione hostess, che pensa bene di lasciarlo con una lettera d’addio che consegna al padrone del take-away. Faye la apre di nascosto e scopre al suo interno anche un mazzo di chiavi della casa di 663. Se ne impossessa e, segretamente, entra più volte nell’abitazione dell’uomo per compiere piccoli ritocchi e lasciare qualche traccia di sé. Quando finalmente 663 si dà una mossa e si accorge dell’amore che la ragazza nutre per lui, lei però non c’è più. È partita: destinazione California, ovviamente.
Il vero protagonista di Chungking Express è l’ambiente in cui si svolge, gli interni oppressivi e al tempo stesso accattivanti, attraversati dai protagonisti quasi sempre di passaggio, soli, con l’effetto precarietà accentuato dalla telecamera a spalla. Un movimento continuo in mezzo a una densità dove non ci sarebbe spazio neanche per uno spillo, eppure succede. In altre parole, Hong Kong.
Chungking Express (titolo originale: "Chung Hing sam lam")
1994, regia di Wong Kar-Wai