Il mese scorso, il Global Times Research Center ha svolto un’indagine sui sentimenti dei giovani cinesi rispetto ai paesi occidentali, prevalentemente identificati in Usa e Ue. Il sondaggio ha raccolto 1281 risposte ed è stato diffuso in 119 città tra cui la capitale Pechino e i principali centri come Shanghai e Shenzhen.
Il Global Times è un tabloid in lingua inglese affiliato al Quotidiano del Popolo, organo mediatico del Partito comunista cinese. Nonostante questo e nonostante il campione ridotto rispetto alla popolazione giovanile, simili dati mostrano un importante mutamento nella percezione occidentale, o perlomeno, aiutano a fare luce sulle dinamiche e le narrative che si stanno delineando all’interno dell’opinione pubblica, della propaganda e della leadership.
La Cina performa meglio dei paesi occidentali?
Il documento si apre infatti specificando come la lotta al Covid portata avanti su scala globale dal governo di Pechino sia tra i principali elementi che hanno convinto i giovani cinesi a ritenere che la Cina stia performando meglio dei paesi occidentali. Viceversa, oltre il 40% degli intervistati ha dichiarato di aver perso fiducia e attrazione nell’occidente. Oltre 6 su 10 affermano che questo sia dovuto alle interferenze sulle compagnie hi-tech cinesi (v. Huawei, ne ho ricostruito la storia su Linkiesta) e sugli “affari interni” della Repubblica Popolare come Xinjiang, Tibet, Taiwan e Hong Kong.
La retorica sui diritti umani funziona ancora?
Il 60% ritiene inoltre che ad accrescere la sfiducia siano stati anche i casi di discriminazione razziale negli Usa e le rivolte del Black Lives Matter. Situazioni che, da una parte, ha mostrato gravi abusi dei diritti umani per mano della polizia americana (oggi al centro della difesa di Pechino sul tema). Dall’altra hanno fomentato una campagna d’odio che anche ai più alti livelli della politica globale ha visto forti accuse nei confronti dei cinesi, conducendo ad una crescita dei casi sinofobia in America e nel resto del mondo.
Non stupisce infatti notare come, secondo i partecipanti, la Cina abbia ancora da imparare dall’occidente per quanto riguarda temi come la produzione cinematografica, l’istruzione, il welfare, la tecnologia o l’economia di mercato. Tuttavia, gli occidentali dovrebbe imparare dai mandarini come affrontare la sicurezza pubblica, la politica estera, i valori culturali e storici, e non da meno, il rispetto dei diritti umani. Il 57% dei giovani interlocutori ritiene infatti che la Cina sia ormai più influente di Europa, Stati Uniti e Australia su questo tema.
Quanti cinesi si fidano dei media occidentali?
Circa 9 intervistati su 10 (87,8%) hanno affermato di non seguire (23,7%), di non fidarsi (28,7%) o di aver perso fiducia (35,9%) nei media occidentali nell’ultimo anno. Il 78% dei giovani cinesi che 5 anni fa guardava con ammirazione all’occidente ha cambiato idea, la gran parte sviluppando un giudizio negativo piuttosto che neutrale. Il 67% è convinto che Europa e Usa stiano applicando azioni di contenimento nei confronti della CIna.
Si può dire che le azioni di politica estera e interna perpetrate dall’era Trump abbiano segnato un punto di svolta in un simile contesto. L’arresto di Huawei, la guerra commerciale, la diffusione di bufale anti-scientifiche sul virus e su possibili complotti cinesi, così come le rivolte del Black lives matter. Sono tutte tra le principali motivazioni alla base di un simile cambio di rotta all’interno dell’opinione pubblica cinese, fornendo un assist geopolitico importante per Pechino.
Cosa porta i giovani cinesi a fidarsi del proprio governo?
Tra gli elementi che invece maggiormente spingono i partecipanti ad approvare l’azione cinese ci sono -oltre alla lotta contro il Covid- il miglioramento delle condizioni infrastrutturali di numerosi paesi asiatici grazie agli investimenti nel progetto One Belt One Road (Obor, anche detto Nuova Via della Seta), e il contrasto alla povertà domestica e globale implementato dal Partito. Un fatto, quest’utlimo, ribadito anche lo scorso dicembre dal Presidente Xi Jinping durante il discorso di fine anno, in cui ha sottolineato come nonostante il Covid la Cina fosse riuscita a raggiungere l’obiettivo di eradicazione della povertà assoluta per 100 milioni di cinesi, circa 1/9 delle persone che oggi patiscono la fame.
Non serve tirare fuori Fukuyama per ribadire come la storia non sia finita. Perché più che mostrare la vera opinione dei giovani cinesi, questo studio ci mostra quanto il dibattito tra oriente e occidente si stia polarizzando, aggravando le tensioni diplomatiche e sociali esterne e interne ai due blocchi e rivivendo dinamiche mediatiche che pensavamo appartenessero ormai al secolo scorso.
[La complessità crescente riguardo al tema è anche tra i principali motivi che come China Files ci hanno portato a sviluppare un ebook tematico sul rapporto Cina-Usa. Un lavoro con 19 autori esperti sul tema che ci aiuta a comprendere meglio come muoverci nel campo minato e nei dilemmi multipolari della Nuova Guerra Fredda, svelando i meccanismi di propaganda attuati da entrambi i paesi.]Classe 1989, Sinologo e giornalista freelance. Collabora con diverse testate nazionali. Ha lavorato per lo sviluppo digitale e internazionale di diverse aziende tra Italia e Cina. Laureato in Lingue e Culture Orientali a La Sapienza, ha perseguito gli studi a Pechino tra la BFSU, la UIBE e la Tsinghua University (Master of Law – LLM). Membro del direttivo di China Files, per cui è responsabile tecnico-amministrativo e autore.