Per bonificare Fukushima «non esiste un manuale»

In by Gabriele Battaglia

Per bonificare Fukushima non c’è un libretto di istruzioni. E allo stesso tempo ogni promessa ha buone possibilità di diventare niente più di aria fritta. È questo il quadro dipinto negli ultimi giorni da Naohiro Masuda, direttore dei lavori di bonifica della centrale nucleare danneggiata da un potente terremoto e tsunami l’11 marzo 2011.La situazione è complessa e chi ha un minimo contatto con la realtà sul campo lo sa bene. «È una situazione senza precedenti nella storia», ha spiegato Masuda all’Associated Press. «Non esiste un manuale per questo genere di operazioni».

Da una parte afferma che la situazione attuale della centrale nucleare sia «normale» e non più «una zona di guerra»; dall’altra, Masuda fa un passo indietro rispetto agli annunci fatti finora dalla Tepco, l’azienda elettrica di Tokyo, e dal governo giapponese. A giugno scorso, l’amministrazione Abe aveva dato il via a una revisione della roadmap per la bonifica della centrale spostando di tre anni il limite di 40 precedentemente fissato per ragioni di “sicurezza” del sito. 

«Sono dei promemoria per non battere la fiacca più che delle rigide scadenze» ha spiegato Masuda, che ha ricordato i problemi incontrati finora dagli operatori nella centrale nell’individuare ciò che rimane delle barre di combustibile all’interno dei reattori 1 e 2. Secondo analisi condotte da Tepco e Università di Nagoya, il combustibile sarebbe “quasi del tutto sciolto” a causa delle alte temperature all’interno dei due reattori.

Queste combinate all’alta concentrazione radiazioni rendono impossibile ogni movimento da parte degli operatori impegnati nella centrale. Speranze sono riposte nei “robottini” radiocomandati che dovrebbero rivelare l’esatta posizione del combustibile, o di ciò che ne rimane. Una prima spedizione ad aprile di quest’anno nel reattore numero 1 non è riuscita a rivelare la posizione a causa di problemi tecnici con i due macchinari. 

Un nuovo robot dovrebbe essere inviato nel reattore numero 2 il prossimo anno.

Ma, come sottolineato nell’intervista a Masuda, nuova scienza dovrà essere inventata per arrivare alla definitiva bonifica dell’impianto. Per questo, scrive Ap, Tokyo ha stanziato un fondo da circa 400 milioni di euro in ricerca sulle tecnologie di bonifica dell’impianto — la maggior parte delle quale da Tepco fluisce verso aziende come Hitachi e Toshiba, fornitrici dei reattori e destinatarie di proficui contratti per i lavori di bonifica della Daiichi.

Ma la rimozione del combustibile è solo uno dei tanti problemi che affliggono tuttora l’opera di bonifica. Ogni giorno vengono accumulate 300 tonnellate di acque radioattive che vengono poi stoccate in apposite cisterne. Negli ultimi anni in periodi di forti piogge queste sono state messe particolarmente sotto pressione: in alcuni casi l’acqua è stata riversata in mare dagli stessi operatori Tepco dopo speciali trattamenti di decontaminazione; in altri è fuoriuscita e si è riversata nel terreno

C’è poi il problema del ricambio della manodopera: già nel 2012, la Nhk, la tv nazionale, denunciava previsioni troppo ottimistiche da parte dell’azienda elettrica della capitale sul personale a sua disposizione per le operazioni nella centrale Daiichi. Ad aprile di quest’anno oltre 170 lavoratori hanno dovuto lasciare la centrale per raggiunto limite di esposizione alla radioattività. A questo tema si lega la decisione dell’Autorità nazionale per gli standard sul nucleare di innalzare il limite di esposizione dei lavoratori in situazioni di emergenza a 250 millisivert. 

C’è infine l’inquinamento ambientale e il timore di serie ripercussioni sulla salute di lavoratori e abitanti delle comunità poco distanti dall’impianto. A ottobre di quest’anno, un ex lavoratore della Daiichi a cui era stata diagnosticata una leucemia dopo aver lavorato nell’impianto per un anno da fine 2012 a fine 2013, ha ricevuto l’indennizzo riconosciuto dal governo a chi contrae una malattia a causa del suo impiego .  E c’è timore nella popolazione locale per un possibile aumento di casi di cancro alla tiroide nei bambini — anche se su questo punto esistono pareri discordi.

Vero è però che la popolazione locale di Fukushima dovrà convivere con una montagna di rifiuti radioattivi — 138mila tonnellate, l’80 per cento del totale del Giappone. Governo e provincia hanno infatti trovato un accordo sul sito che accoglierà i rifiuti, una discarica di 650mila metri cubici, prima privata, ora proprietà dello stato e su un pacchetto di aiuti del governo alle amministrazioni locali da circa 80 milioni di euro.

Intanto, a quasi cinque anni dall’incidente nucleare, a Tokyo, governo e associazioni imprenditoriali cercano di mettersi alle spalle i problemi e accelerare il ritorno al nucleare. Dopo due anni a nucleare zero, un terzo reattore, a Ikata, in Shikoku, potrebbe tornare online dopo i due della centrale di Sendai, Kyushu, sud del Giappone. Per governo e associazioni industriali è ora di girare pagina su Fukushima. Per Yoshimitsu Kobayashi, presidente dei dirigenti delle corporation — Keizai Doyukai — del Sol levante e uno dei sostenitori del ritorno al nucleare in tempi brevi, Fukushima è stato un incidente localizzato che non può mettere in discussione l’intero settore.

O per dirla con le sue parole: «un’epatite fulminante». Un’uscita che non dev’essere piaciuta ai 100mila evacuati dalle loro case a in seguito all’incidente nucleare del 2011, che da quattro anni cercano, a fatica, di vivere una nuova "normalità".

[Scritto per East online; foto credit: ft.com]