Pena di morte per un inglese: lo strambo caso di Akmal Shaik

In by Simone

Un uomo inglese, con gravi disturbi mentali, viene raggirato da una banda criminale. Dalla Polonia, fino a Kirghizistan, viene trascinato da una presunta band musicale in un fantomatico giro di case discografiche. L’uomo abbocca e convinto di raggiungere il successo, come ammesso dalle sue mail presentate in tribunale, parte con una valigia, lasciatagli dagli amici, per la Cina. Atterra a Urumqi, nella regione del Xinjiang, nord ovest cinese, il 12 settembre 2007. Nella sua valigia vengono trovati 4 chili di eroina, per un valore di circa 250 mila sterline.
Akmal Shaikh, 53 anni, originario dei dintorni di Londra, due mesi dopo viene processato e condannato a morte. In questi giorni la sentenza si è avvicinata ancora di più: anche il secondo grado di giudizio lo ha condannato alla pena capitale.

Shaikh, che secondo il suo legale avrebbe forti disturbi mentali, diventerà così il primo cittadino britannico nella storia a essere vittima dalla pena di morte in Cina. Secondo funzionari del Foreign Office – al corrente della situazione – non sarebbero ancora giunte “conferme ufficiali” o notizie più dettagliate da parte delle autorità cinesi. Molte le organizzazioni e le personalità di spicco che in questo momento stanno muovendo le proprie leve per chiedere al governo di Pechino, l’annullamento della pena di morte.

La storia di Shaikh è drammatica e grottesca insieme: attraverso le mail è stato ricostruita la sua partecipazione al progetto criminale orchestrato da una banda che ha ramificazioni in Polonia, Kirghizistan e Tagikistan. Shaik – secondo i suoi legali – sarebbe stato raggirato e quindi sarebbe stato totalmente inconsapevole circa il contenuto della valigia al momento di prenderla in consegna. Proprio il raggiro in cui cade la vena egocentrica di Shaikh sarebbe la più palese dimostrazione dell’incapacità di intendere e di volere del cittadino britannico. Shaikh avrebbe fatto da mulo – termine utilizzato per connotare i corrieri della droga più semplici, spesso a loro insaputa, e quindi più sacrificabili – in modo inconsapevole.

Shaikh, al momento nella prigione di massima sicurezza di Urumqi, secondo la ricostruzione fornita dai suoi legali, solo cinque anni fa sembrava avere una vita stabile, con un’attività professionale avviata con la moglie. Tuttavia, il suo stato mentale si è fortemente deteriorato dopo aver lasciato Londra per la Polonia, dove prevedeva di creare una compagnia aerea, nonostante i pochi mezzi finanziari a disposizione. Lì dopo poco tempo, il tracollo: in Polonia incontra un gruppo di persone (tra le quali un polacco di nome Carlos): si fingono un gruppo rock, scrivono insieme all’inglese una canzone e gli promettono il successo. Dopodiché lo fanno partire, con la famosa valigetta.

Shaikh dovrebbe partire con un nigeriano, proprietario di una discoteca in Cina: sarebbe stato lui, gli viene detto, a farlo suonare dal vivo nel continente cinese. All’ultimo momento il nigeriano dice che il volo è pieno. Rassicura Shaikh: lui prenderà l’aereo successivo. All’inglese chiede però un favore: di portare lui la valigia. Per Shaikh inizia così l’inferno.

Prima di questo episodio l’inglese aveva già dato ampi segnali di disturbi psichiatrici, come testimonierebbero le migliaia di mail inviate a organismi ufficiali e governi, dove Shaikh vaneggiava di contatti divini e possibilità di evitare attacchi terroristici o in cui millantava conoscenze pesanti nel mondo del traffico di eroina. Alcuni messaggi sono stati inviati a Tony Blair, Paul McCartney, Scotland Yard, e George W. Bush, che nella mail è denominato “Bushie”.

Le autorità cinesi hanno rifiutato di condurre una valutazione psicologica del britannico e non hanno preso in considerazione le note dei legali. Neppure, aggiungono alcuni cronisti inglesi, dopo un discorso in aula di circa 50 minuti, effettuato durante una comparizione in aula di Shaik, che ha “fatto ridere l’intero tribunale”.

Il fratello ha lanciato appelli e rilasciato varie dichiarazioni alla stampa inglese: "Akmal ha lottato per molti anni con ciò che ora sappiamo essere una grave malattia mentale. Siamo tutti molto preoccupati per la sua sicurezza, sarà estremamente disorientato e in difficoltà. Stiamo pregando perché il tribunale cinese si accorga della sua malattia e gli eviti l’esecuzione”.