Si dice che lo Sputnik moment della Cina sia arrivato quando AlphaGo – un software sviluppato da Google DeepMind – ha battuto il campione mondiale, umano, di «Go», il celebre gioco di strategia.
Immaginiamo cosa possa aver voluto dire questo evento per un cinese: un prodotto occidentale che per la prima volta batte un asiatico in un gioco cinese, la cui complessità di mosse – benché le regole possano essere riassunte in poche frasi – ha sempre fatto ritenere impossibile la vittoria di un computer a scapito di un umano. In quel momento la dirigenza cinese avrebbe capito la strada: non a caso da lì a poco avrebbe lanciato gli investimenti e il piano per lo sviluppo dell’Intelligenza artificiale; primo step da concludersi il 2030, per un giro d’affari previsto di 150 miliardi di dollari.
LO SVILUPPO DELL’AI è trasversale al progetto Made in China 2025, il cui scopo principale prevede una trasformazione totale del gigante cinese, specie in dieci settori chiave, affinché diventi una potenza tecnologica. L’obiettivo è fare sì che lo sviluppo dell’Intelligenza artificiale, sulla base della grande quantità di dati cinesi, spinga il comparto tecnologico cinese a produrre app o tecnologie capaci di imporsi sul mercato e divenire il fulcro delle esportazioni cinesi. Il salto, se ci pensiamo, è impressionante: da paese che fino a qualche anno fa era noto per l’esportazione di prodotti del comparti manifatturiero a basso costo e di bassa qualità, la Cina punta a esportare tecnologia ad alta innovazione. La speranza è di imbroccare una killer application capace di segnare il passo del mercato di riferimento. La corsa all’Ai e al 5G puntano proprio in quella direzione.
Se la Cina, ad esempio, fosse in grado di esportare per prima un modello di auto senza guida, irromperebbe sul mercato con un vantaggio competitivo non da poco. Ma il futuro del mercato tecnologico, delle app o degli strumenti basati sull’Ai non si muove solo sui canali più classici e identificati come fulcri del prossimo futuro.
C’è un mondo – fatto di startup, raccolta fondi e quotazioni miliardarie sulle borse mondiali – che impatta in modo determinante sull’industria della farmaceutica e dell’universo medico.
Si tratta di applicazioni o strumenti – chirurgici ad esempio – che potrebbero rivoluzionare il mondo della medicina: per la Cina si tratterebbe di ottenere due risultati fondamentali: ridurre le importazioni di tecnologie e conoscenze dai paesi esteri, primi fra tutti gli Stati uniti, e aumentare le esportazioni di prodotti che fino a poco tempo fa erano per lo più importati.
A questo proposito va specificato che in alcuni settori questo sta già avvenendo, ad esempio nell’industria della robotica: un’azienda cinese produce un robot utilizzato nelle scuole già esportato in tutto il mondo e già oggetto di copie da parte di altri paesi stranieri Si tratta di Makeblock, una startup basata a Shenzhen che di recente ha aperto uffici in Giappone e Amsterdam e la cui richiesta di robot nelle scuole sta superando ogni più rosea aspettativa. Tornando alla medicina, inoltre, il piano Made in China 2025 consentirebbe alla popolazione cinese di accedere a servizi a costi più bassi di quelli attuali in materia di medicinali e cure mediche.
SULLO SFONDO DI QUESTA CORSA cinese c’è naturalmente un intoppo causato dal recente scontro commerciale con gli Usa, capace di minare la cooperazione tra i due paesi, portando così a un confronto sempre più diretto. Per quanto riguarda la medicina, il progetto Made in China 2025 riserva alcuni obiettivi specifici: Pechino vuole che l’industria cinese sviluppi da 10 a 20 farmaci innovativi entro il 2020 e che ne siano commercializzati da 20 a 30 entro il 2025. Un altro obiettivo, ambizioso, vorrebbe che almeno 100 aziende farmaceutiche ottenessero la certificazione dell’Organizzazione mondiale della sanità.
ECONOMICAMENTE SI TRATTA di un piano che mira a produrre dispositivi medici per raggiungere 1,2 trilioni di yuan di giro d’affari entro il 2030, puntando tutto sulla commercializzazione di prodotti innovativi e nuovi farmaci.
Ma in questo mondo a farla da padrone sono due tipologie di posizionamento: quello delle app basate su Ai e quello di aziende che forniscono prodotti innovativi in campo medico. Un primo esempio è senza dubbio 4Paradigm. Fondata dal giovane Dai Wenyuan, già a capo del team It di Baidu, incarico abbandonato a soli 28 anni, vincitore, da studente, delle «Olimpiadi» del mondo legato alla computer science, questa startup ha saputo raccogliere fin dalla sua nascita 4 milioni da Sequoia Capital China – filiale dell’impresa di venture capital californiana – diventando una sorta di guru dei Big Data in Cina. Lo slogan di Dai Wenyuan è «intelligenza artificiale per tutti». Il principale prodotto dell’azienda, infatti, è Prophet, una piattaforma basata sull’intelligenza artificiale, «per aiutare le persone e le organizzazioni ad analizzare comodamente una quantità esplosiva di dati che è di crescente importanza».
4Paradigm – il cui nome si rifà al «quarto paradigma» nella storia della scienza teorizzato per primo da Jim Gray, già informatico di Microsoft e vincitore del premio Turing – è considerata la principale competitor dell’americana Palantir (il cui nome si rifa a Tolkien), creata 15 anni fa. Lo scopo è chiaro: raffinare l’elaborazione di dati, sfruttando l’immensa mole di Big Data forniti dal «mondo» cinese, rilasciando output capaci di creare dei veri e propri «sistemi», come possono essere OS e Windows, in grado di consentire a privati e aziende di sviluppare i propri sistemi di AI e analisi dei dati.
IN PRATICA DAI RACCOGLIE su di sé il mondo dell’impresa cinese, caratterizzata da una lotta serrata verso l’innovazione, anche quando ispirata a prodotti già esistenti, e quella della app di maggior successo, WeChat, capace di raccogliere al proprio interno tutte le funzioni di cui l’utente ha bisogno, senza mai uscire dalla app. Prophet mira allo stesso scopo. Ma 4Paradigm di recente si è fatta notare anche per un altro prodotto, sperimentato insieme a uno dei più prestigiosi ospedali cinesi.
Come riportato dalla stampa cinese, «4Paradigm, la principale start-up cinese di Ai, ha annunciato una partnership strategica con l’ospedale di Shanghai Ruijin sull’applicazione dell’Ai nell’assistenza sanitaria, in particolare sulle condizioni di salute croniche. I due hanno presentato il loro primo prodotto di gestione del diabete, che predice il rischio di complicanze cardiovascolari e diabetiche e fornisce valutazioni e soluzioni personalizzate per la prevenzione e il controllo delle malattie».
La probabilità di previsione della malattia sarebbe, secondo ospedale e 4Paradigm, dell’88%. La chiave di questo successo, come riporta Asia Nikkei Review, «è l’accesso ai dati dei pazienti». Il software Ai di 4Paradigm può scansionare «le informazioni mediche – inclusi sesso, livelli di zucchero nel sangue e peso – raccolti da 170.000 pazienti da ricercatori dell’ospedale Ruijin di Shanghai. Da lì, ha utilizzato l’apprendimento automatico per prevedere quali pazienti erano maggiormente a rischio di sviluppare la malattia».
Secondo Dai – mentre la società affina la sua metodologia – «le tecniche possono essere applicate ad altre malattie, dalle malattie cardiache alle malattie renali». Pechino sta poi concentrando le proprie attenzioni anche sulla produzione di robot utili negli ospedali per le fasi chirurgiche.
NEL CAMPO DELLA ROBOTICA applicata alla chirurgia, il leader del mercato è il Da Vinci Surgical System, un apparato robotico realizzato da Intuitive Surgical di Sunnyvale, in California e già ampiamente utilizzato in interventi alla prostata, alla valvola cardiaca e in ambito ginecologico.
Il sistema è utilizzato anche in Cina: adottato nel 2006, sarebbe già stato utilizzato in più di 60mila interventi. Anche in questo ambito la Cina punta a colmare il gap con gli Usa: almeno 30 aziende cinesi sono interamente dedicate allo sviluppo di robot medici, attingendo dalle migliore università cinesi e da fondi statali o di venture capital da tutto il mondo.
LA SCOMMESSA di Made in China 2025 e il supporto totale dello stato consentono a fondi di investire con un certo ottimismo su tutto quanto si sta muovendo in Cina. Ma – secondo gli esperti – c’è ancora un abisso benché un prodotto chirurgico robotizzato cinese sia considerato uno dei fiori all’occhiello di questo settore. Parte «del programma 863, noto anche come Piano di sviluppo hi-tech statale nel 2016 ha ottenuto una licenza per attrezzature mediche dalla Cina Food and Drug Administration. Il suo produttore, Tinavi, è una società quotata a Shenzhen, ha ottenuto 400 milioni di yuan (58,2 milioni di dollari) di investimenti da Pechino». Il sistema è stato venduto in 41 ospedali e utilizzato in più di 4.000 operazioni riguardanti cranio e colonna vertebrale.
[Pubblicato su il manifesto]Fondatore di China Files, dopo una decade passata in Cina ora lavora a Il Manifesto. Ha pubblicato “Il nuovo sogno cinese” (manifestolibri, 2013), “Cina globale” (manifestolibri 2017) e Red Mirror: Il nostro futuro si scrive in Cina (Laterza, 2020). Con Giada Messetti è co-autore di Risciò, un podcast sulla Cina contemporanea. Vive a Roma.