“Neanche le montagne e i mari possono separare popoli con aspirazioni comuni”. Con queste parole Xi Jinping si è rivolto al presidente colombiano Ivan Duque, celebrando l’arrivo a Bogotà del terzo lotto di vaccini anti Covid-19 spediti dalla Cina in un messaggio video diffuso dai media e dalle tv del paese sudamericano.
Ad oggi, dopo 41 anni dall’istituzione delle relazioni diplomatiche fra i due paesi, la Cina rappresenta il secondo partner commerciale della Colombia, da cui acquista principalmente petrolio, ma anche fiori, banane, avocado, smeraldi e caffè, e sul cui territorio le imprese cinesi sono operative in numerosi settori. Una presenza e un’amicizia apparentemente insolite per il paese dell’America Latina che più di ogni altro rientra in quello che viene considerato “il giardino di casa degli Stati Uniti” e che, specialmente a partire dal “Plan Colombia” del 1998 (l’iniziativa di aiuti economici e militari Usa volta a sostenere la Colombia nella lotta ai cartelli della droga e ai gruppi ribelli di sinistra) ha trovato in Washington un interlocutore con interessi convergenti. Di fatto, sebbene gli Stati Uniti rimangano il primo partner commerciale (nonché alleato politico) colombiano, la Cina è riuscita gradualmente a inserirsi tra gli interessi e i piani di Bogotà, al punto che, come ha affermato Duque, “l’approfondimento delle relazioni bilaterali con la Cina riscuote ampi consensi da numerosi gruppi politici del paese”.
COLOMBIA GOLDEN GATE PER LE IMPRESE CINESI IN SUD AMERICA
Dopo il 2015, quando fu firmato il Technical and Economic Cooperation Agreement for investments e il primo ministro cinese Li Keqiang si recò in visita ufficiale a Bogotà, è stato il 2019 l’anno di maggiore avvicinamento tra i due paesi. Nell’agosto del 2019, nel suo primo anno di mandato Duque visitò la Cina e presentò una “roadmap” per le relazioni con il paese asiatico, includendo progetti su energia rinnovabile, investimenti in infrastrutture, ampliamento delle relazioni commerciali e persino un volo di linea diretto in cooperazione con le compagnie aree cinesi. La visita ebbe grande risonanza: il presidente colombiano porse i suoi omaggi ai martiri della rivoluzione cinese presso il Monumento degli Eroi del Popolo a Pechino e in un’intervista a Caixin affermò di voler fare della Colombia il “golden gate” per le imprese cinesi in Sud America. Di fatto, a ottobre dello stesso anno, la China Harbor Engineering Company (CHEC) e la Xian Metro Company vinsero la gara d’appalto per il progetto infrastrutturale più importante della capitale colombiana: la prima linea metropolitana di Bogotà. Qualche mese dopo, in seguito all’acquisizione dalla società canadese Continental Gold, la China’s Zijin Mining Gold inaugurò la miniera d’oro di Buriticá, capace di produrre fino a 300 mila once d’oro all’anno e situata nel dipartimento di Antioquia. Seguirono l’assegnazione del progetto Regiotram Occidentale, un treno leggero che collegherà Bogotá con le vicine città di Facatativá, Mosquera e Funza, alla China Civil Engineering Construction Corporation e l’ordine di diversi lotti di autobus elettrici dalle società cinesi Sunwin Bus e BYD da destinare alle città di Cali e Medellín.
Tuttavia, nonostante gli importanti passi in avanti bilaterali, la Colombia non partecipa alla Belt and Road Initiative, che vede invece il coinvolgimento di altri 19 paesi latino-americani. Dopotutto, Duque appartiene al partito politico “Centro Democrático“, catalogato nello spettro di estrema destra e guidato dall’ex presidente Alvaro Uribe Velez, sostenitore del riavvicinamento con gli Stati Uniti durante il primo decennio del 21° secolo e premiato nel 2009 da George W. Bush con la Presidential Medal of Freedom. Per anni Bogotà è rimasta coerentemente vicina a Washington, mentre i vicini Ecuador e Venezuela hanno attratto sempre maggiori investimenti dalla Cina.
TRUMP HA SPINTO LA COLOMBIA VERSO LA CINA
L’amministrazione Trump, però, ha incrinato l’equilibrio. La latitanza dell’ex presidente dalla regione (vi si è recato solo nel 2018 per il Summit G20 a Buenos Aires), le sue dure parole circa la non indispensabilità della Colombia, le aspre critiche a Duque per la sua gestione del narcotraffico, la linea dura sugli immigrati e il calo degli investimenti diretti esteri (IDE), hanno fatto emergere la necessità per Bogotà di diversificare le proprie alleanze e, soprattutto, di costruire una relazione meno esclusiva con Washington. E in questo contesto, la Cina non ha esitato a farsi avanti. Di fatto, mentre le relazioni con i governi di sinistra dell’area (Bolivia, Venezuela) venivano messe internamente in discussione, come dimostrano i rapporti del Libro blu del China Institute of International Studies, la Cina ha iniziato a corteggiare i leader di destra del continente, includendo oltre alla Colombia – che a differenza di altri stati vicini presenta un ambiente politico relativamente stabile – anche il Brasile di Bolsonaro e l’Argentina dell’ex Presidente Macri.
La presenza della marina statunitense nel Mar cinese meridionale, l’alleanza militare con Taiwan e quella che viene percepita da Pechino come una perenne intrusione riguardo Hong Kong e Xinjiang: a tutto questo pensa la Cina quando, attraverso la sua rete di relazioni e investimenti in America Latina, dimostra a Washington di essere in grado di giocare nel suo vicinato esattamente come gli Stati Uniti fanno in quello cinese. Una sfida a cui Joe Biden e Kamala Harris, insediatisi alla Casa Bianca lo scorso gennaio, saranno chiamati a rispondere prontamente, al fine di mantenere salda la propria influenza nell’area.
LE SCELTE DI BIDEN SULL’AMERICA LATINA
In quanto vicepresidente sotto l’amministrazione Obama, Biden aveva visitato la regione 16 volte, segnando così un nuovo record e rilanciando la politica del buon vicinato adottata dal presidente Roosevelt negli anni Quaranta del secolo scorso. Ora non solo dovrà riassestare il quadro di alleanze ereditato da Trump, ma dovrà anche gestire gli effetti della pandemia, che ha consolidato la strategia cinese.
Mentre gli Stati Uniti si sono concentrati sulla gestione interna della crisi generata dal coronavirus, lasciando le nazioni dell’America Latina sole a confrontarsi con la pandemia e bisognose di assistenza medica e umanitaria, la Cina ha incluso la regione prima nella sua “diplomazia delle mascherine”, e poi in quella dei vaccini. Mentre gli Usa annunciavano l’interruzione dei fondi verso l’Organizzazione mondiale della sanità (OMS), con impatto anche sulla funzionalità dell’Organizzazione panamericana della sanità, nel 2020 la Cina ha fornito alla Colombia una donazione del valore di 1,5 milioni di dollari in attrezzature di biosicurezza, dispositivi di protezione individuale, respiratori e test diagnostici, a cui ha fatto seguito, nel 2021, l’invio di tre lotti di vaccino Sinovac. Come sempre, alle donazioni sono seguite le esportazioni, come dimostra l’aumento dell’import colombiano dalla Cina registrato nel 2020, così come l’allargamento del deficit commerciale (ovviamente favore di Pechino) tra i due paesi
“Dalla Colombia, vi ringraziamo, perché in questa circostanza, la nostra relazione diplomatica è diventata più forte” si è rivolto così Duque alla Cina, lo scorso 21 marzo, in una conferenza stampa a Barranquilla. Un messaggio che potrebbe non essere passato inosservato alla Casa Bianca.
Laureata in Relazioni e Istituzioni dell’Asia e dell’Africa, con specializzazione sulla Cina, presso l’Università L’Orientale di Napoli. Appassionata di relazioni internazionali e diplomazia scientifica, Fabrizia lavora a progetti di internazionalizzazione per startup e PMI di ambito scientifico-tecnologico. Ama viaggiare, scrivere e sperimentare le chinoiseries più stravaganti.